Nightmare (2010) è un incubo corporate

Nightmare, il remake datato 2010 e prodotto da Michael Bay, è tutto quello che Nightmare non dovrebbe essere

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E pensare che le intenzioni sembravano delle migliori. “Non faremo gli stessi errori degli ultimi capitoli” dicevano. “Freddy Krueger non farà più battutine, non sarà più un personaggio quasi comico. Vogliamo fare un film che faccia davvero paura”. Così diceva Brad Fuller, che insieme a Michael Bay aveva fondato una decina d’anni prima la Platinum Dunes e che aveva già dimostrato il loro approccio ai remake horror con i vari Non aprite quella porta e Amityville Horror. E diciamolo: noi siamo i primi che, nel corso di questa maratona dedicata a Nightmare, abbiamo invocato più volte un ritorno alle origini, e criticato gli ultimi capitoli per averla buttata un po’ troppo sul ridere. Sembrava tutto apparecchiato, insomma, per il remake di Nightmare. Ma era il 2010 ed eravamo ancora molto meno cinici di oggi, e non possiamo escludere che la colpa sia anche di questo film diretto, con scarsissima voglia, da Samuel Bayer, noto tra le altre cose per il video di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana e che da allora si è tenuto ben alla larga dal mondo del cinema.

Nightmare, Wes Craven, Robert Englund

Cioè i tre ingredienti fondamentali del successo del franchise, che come abbiamo visto nel corso delle settimane è uno dei più clamorosi casi di qualità più o meno costante (al netto di alti e bassi) all’interno di una saga horror con così tanti capitoli. Nightmare, nel senso dell’idea stessa del mondo dei sogni che diventa un territorio pericoloso e popolato da incubi bruciati che ti possono togliere la vita anche nel mondo reale. Wes Craven, l’inventore, il padre della saga e dei suoi indimenticabili personaggi. E Robert Englund, punto fisso dei precedenti otto capitoli, che con la sua mimica e la sua voce inquietante aveva dato vita a uno dei mostri horror più efficaci di sempre.

Il Nightmare di Bayer (ma potremmo anche chiamarlo il Nightmare di Bay, che in carriera ha diretto e prodotto tante cose ma che con l’horror ha avuto sempre un pessimo rapporto) mantiene solo il primo di questi tre elementi. Craven venne escluso dalla lavorazione, e ci rimase male. Englund venne sostituito da Jackie Earl Haley, grande caratterista e faccia giusta per il ruolo ma condannato dalla sua stessa carriera a trasformare inevitabilmente il suo Freddy Krueger in una nuova versione di Rorschach (provate a chiudere gli occhi quando parla e ve ne accorgerete). In definitiva: sembrava tutto apparecchiato nelle intenzioni, ma già la realizzazione puzzava di errore da un chilometro di distanza.

Tutti gli errori di Nightmare

E infatti il film di Bayer è strapieno di errori. Non grammaticali, anzi: il film è diretto con mano salda e con una qualità superiore a quella di alcuni capitoli precedenti. Certo, era il 2010, e tutto l’immaginario anche visivo degli anni Ottanta/Novanta venne sostituito dalla cupezza e dalla palette quasi monocromatica degli horror di quegli anni. Ma di fatto non è quello il vero problema: quando uscì, Nightmare era perfettamente in linea con quello che ci si aspettava da un film del genere, a partire dal look.

I veri problemi, dicevamo, sono altri. È vero, Freddy fa meno battutine e più omicidi: ma sono tutti piuttosto banali, e quelli più creativi sono citazioni dirette dei capitoli precedenti, non idee nuove. È vero, la scrittura è solida e lineare e il film ha un buon ritmo, con le giuste pause piazzate nei momenti adatti e le altrettanto prevedibili accelerazioni che arrivano quando devono; ma appunto, sembra di assistere a uno spettacolo scritto da un team che alla creatività preferisce l’aderenza pedissequa a tutte le regole di uno slasher classico. È vero, Nightmare non è tecnicamente disastroso, mal diretto o mal recitato: è solo banale fino all’ultima goccia di sangue.

L’incubo corporate di Freddy

Lo scrisse bene il critico Owen Gleiberman nella sua recensione per Entertainment Weekly, e noi rubiamo le sue parole: Nightmare sembra una “corporately ordered rerun”, una nuova versione di un vecchio classico voluta dall’alto e messa in scena da gente interessata prima di tutto a incassare. Pensate al secondo capitolo della saga, il più controverso forse: arrivò sull’onda del successo del primo, e si prese dei rischi clamorosi. Se c’è una cosa che il Nightmare di Bayer non fa è proprio prendersi dei rischi.

Lo si vede già dalla caratterizzazione dei personaggi: la final girl di Rooney Mara, pigramente battezzata pure lei “Nancy”, sembra uscita da un focus group nel quale un gruppo di sessantenni azzimati ha lavorato per immaginare la versione più banale possibile dello stereotipo della ragazza strana e solitaria. E gli altri non sono da meno, o da più: quello che lascia più il segno è paradossalmente il povero Kellan Lutz, che muore male già nel primo atto. C‘è persino un tentativo di farci empatizzare con Freddy, suggerendo che possa essere anche lui in qualche modo una vittima: un’idea inutile e contraria allo spirito del personaggio, che infatti il film si rimangia pochi minuti dopo. Potremmo andare avanti ma questo pezzo diventerebbe un incubo – esattamente quello che Nightmare voleva essere e non riuscì.

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