Niente di nuovo sul fronte occidentale non è niente di nuovo per gli Oscar

Niente di nuovo sul fronte occidentale è un candidato agli Oscar 2023 furbetto che coinvolge con buona tecnica ma non dice nulla di nuovo

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Più il cinema d'azione riesce a sviluppare tecnologie che permettano di riprodurre con realismo le battaglie più queste sono difficili per i registi da tradurre in emozioni. Emozioni vere, si intenda, non quelle gridate, melodrammatiche, richieste allo spettatore attraverso lo shock o l’indignazione. Perchè il limite, la sottrazione, la difficoltà comporta spesso profondità di pensiero e soluzioni visive più comunicanti della realtà. Accade con le brutali battaglie di Niente di nuovo sul fronte occidentale che stupiscono per la tecnica, molto meno per quello che danno alla storia.

Proprio come dice il titolo, il film di Edward Berger non è niente di nuovo... rispetto al genere bellico. È derivativo (in primis dal più equilibrato 1917 di Sam Mendes, ma anche Revenant e ovviamente Orizzonti di Gloria per citarne giusto qualcuno) e molto determinato ad essere rispettoso del dramma della guerra. Eppure in ogni sequenza si percepisce la voglia di servirsi di queste emozioni solo per impressionare lo spettatore e i giurati dell’Academy.

Come il romanzo di Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale mette al centro il trauma. Il luogo e il tempo sono le trincee della prima guerra mondiale. In prima linea, a morire, sono ragazzi ignari, arruolati con entusiasmo patriota e ridotti a zombie dagli orrori a cui hanno assistito. Nel film questa trasformazione non ci viene risparmiata, anzi, tutti piangono, vomitano dalla tensione e tremano prima degli attacchi. Poi non lo fanno più, e quando accade sono ricoperti di sangue e fango, come dei golem o dei morti viventi, appunto. Berger gestisce molto bene le scene di massa e la componente spettacolare. Peccato che tutto concorra all’effetto opposto rispetto a quello inteso. Da spettatori viene voglia di restare nelle battaglie invece che ritrarsi.

La cinepresa di Niente di nuovo sul fronte occidentale si muove sul set agile come in un videogioco, indugia troppo sul macabro (senza che impressioni mai veramente) nella maniera più furba e ricattatoria possibile. È lungo, molto più del necessario, e intriso di una costante mestizia anche nei momenti di sollievo. La colonna sonora commenta le immagini, anche quelle di gioia in senso dissonante, ottenendo un sapore solenne che riempie di retorica anche il più semplice degli sguardi.

Quante possibilità ha Niente di nuovo sul fronte occidentale di vincere Oscar 2023? 

Niente di nuovo sul fronte occidentale dovrebbe essere uno dei candidati più deboli. In passato sono arrivate riflessioni sulla guerra molto più efficaci e più dosate di lui. Eppure, forte delle sue nove candidature, Niente di nuovo sul fronte occidentale si presenta come qualcosa di più della “quota Netflix” nella competizione.

Pensarlo come miglior film sarebbe un’esagerazione; anche se con una guerra reale in corso molto sentita dall’opinione pubblica e le star, un film che sottolinea l’alienante brutalità dei conflitti potrebbe conquistare qualche giurato. È innegabile invece che, sotto un profilo tecnico, il film sia ben fatto. Il comparto sonoro è presentissimo, immerge, forse facendosi sentire troppo, e descrive l’inferno molto meglio di quanto lo facciano le immagini. Se gli effetti visivi più sono riusciti più sono quelli più invisibili, non c’è dubbio che Niente di nuovo sul fronte occidentale meriti una considerazione per come li fa scomparire nella scena. La categoria miglior trucco e acconciatura è popolata da eccellenze quest’anno. Fango, sangue, sudore, lacrime, si fondono però con grande potenza in questo film.

Il cinema fatica a raccontare la guerra?

La guerra al cinema, in quanto riproduzione, non può esimersi dall’essere anche spettacolo. C’è una sottile "linea rossa", tra explotation e necessaria messa in scena della morte su cui è difficile tenersi in equilibrio. Sull'esigenza di cruda realtà bisogna considerare anche che la tecnologia oggi permette di riprendere e mandare in diretta i veri conflitti che sono documentati, analizzati, e fruibili anche senza censure. Cosa può fare di più un film? Cambiare il suo proposito di realismo, traslare l’intenzione da una fedeltà nell’azione a una emotiva. Eppure, paradossalmente, quando la sua funzione informativa è venuta meno il cinema di guerra ha calcato ancora di più la mano sull’immersività, meno sul simbolismo.

Sull’altare delle grandi emozioni magniloquenti, si sacrificano i sentimenti sfumati e complessi che erano propri dei capolavori dei maestri del genere. Niente di nuovo sul fronte occidentale appare così come uno studente diligente che ha imparato bene tutte le lezioni e le ha sommate, un po’ alla rinfusa. C’è la trasformazione da soldati ad automi cara a Kubrick, mentre le inquadrature iniziali e finali incorniciano il film di un particolare rapporto con la natura alla Malick. Discese agli inferi, perdita della ragione, rinascita degli istinti di sopravvivenza e contemporaneamente un disperato bisogno di affetto, presi da Coppola, Spielberg, Mendes e persino Nolan. L'anima del film si perde in riflessioni già poste da altri.

Berger finisce così per fare un lavoro preciso e sicuro, ma in fondo poco appassionante e accattivante in quello che dice.

Che cosa resterà di Niente di nuovo sul fronte occidentale dopo gli Oscar 2023?

Per questi motivi il film riesce ad avere un grande impatto subito dopo la visione, svanendo però sul lungo periodo e perdendosi un una memoria di immagini già viste e un po’ generiche. Rimarrà sicuramente il suo pacifismo, portato avanti attraverso i traumi dei protagonisti. Lo porta nel film in un modo molto sentimentale e poco razionale. Fa rifiutare la guerra senza far leva sui sentimenti positivi di pacifismo, bensì spingendo sui sentimenti negativi che suscita guerra. In altre parole: vorrebbe farci desiderare che la guerra in scena finisca perché non ne possiamo più di vedere i personaggi torturati in tal modo, con gli occhi spenti o pieni di lacrime. Non perché sia la cosa giusta da fare.

Un modo lecito di condurre il proprio messaggio al destinatario, ma molto più retorico di quello che il film creda. "Pensate a questi poveri ragazzi!".

Se dovesse vincere tanto o qualcosa di importante diventerebbe un caso molto interessante, soprattutto a livello politico di rapporti tra esercizio, Academy e piattaforme, alla luce della paternità di Netflix. In caso contrario rischierà di perdersi nel vasto catalogo e di diventare un titolo qualsiasi da selezionare sotto la categoria “film di guerra”. 

Dove sarà molto più a suo agio.

Puoi leggere gli altri approfondimenti con i pro e i contro dei candidati come miglior film agli Oscar 2023 cliccando qui.

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