Nicole Kidman compie 50 anni e tocca il picco della sua carriera (per la terza volta!)

Concentrata sul suo volto, capace di lavorare molto sulla pelle, i capelli e i cambiamenti per sembrare altra, Nicole Kidman ha avuto almeno tre fasi diverse

Critico e giornalista cinematografico


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Ha uno stranissimo rapporto con la celebrità Nicole Kidman, ogni volta che un film la mette sotto i riflettori, anche più di quanto non ci starebbe naturalmente, lei sembra rifuggirla scegliendo progetti minori e mettendosi da una parte, invece di cavalcare l’onda come farebbero i suoi colleghi. È così fin dai primi successi e continua ad essere così tutt’oggi a 50 anni compiuti, arrivata almeno al terzo picco in una carriera altalenante, originale, fatta di scelte sbagliatissime e prestazioni che rimettono tutto in pari, fatta di picchiate inspiegabili e ritorni clamorosi. Un’attrice che ha avuto bisogno di dimostrare quel che vale un numero impressionante di volte e ogni volta c’è riuscita. Un vero pezzo di granito del cinema dei nostri anni per la cui assurda carriera non si può che provare un rispetto infinito.

Se si dovesse identificare un particolare solo per descrivere Nicole Kidman sarebbe il suo volto, la parte che l’ha sempre caratterizzato e continua a caratterizzarla. È la capacità di controllare lo sguardo e le espressioni convogliandole in uno sforzo unico nei momenti che servono ciò che l’ha sempre distinta, un’efficacia di rara potenza.

Se infatti per alcuni attori il corpo è ciò che di più prezioso posseggono, l’arma principale della loro recitazione, il veicolo di emozioni dinamismo, nervosismo o calma, per altri, come Nicole Kidman, tutto sta nel volto. Non a caso non c’è una sola Nicole Kidman ma diverse. Anche più in là del solo concetto di look, è un’attrice che muta tratti, dimensione, acconciatura, colore e volume dei capelli, muta colore della pelle e fa un lavoro incredibile sul volto perché è quello il terreno in cui gioca tutto. Non è una trasformista come Jim Carrey ma un’attrice che lavora più che altro dal collo in sù. Se Jack Nicholson va inquadrato dalla testa ai piedi per ottenere il massimo, come fosse un ballerino, Nicole Kidman regna nel primo piano e i suoi momenti migliori li ha regalati con attimi di grandi silenzi, controcampi che non hanno bisogno di parole.

Già parlava poco in Un’Australiana a Roma, film di Sergio Martino girato a 20 anni con Massimo Ciavarro, da cui non può prescindere qualsiasi articolo italiano su di lei. Quella era la Nicole Kidman del primo periodo, l’australiana dai grandi capelli ricci, voluminosissimi e ingombranti, quella che si fa strada nel cinema ma soprattutto nella tv australiana (in realtà già aveva cominciato anni prima con film e serie per ragazzi come La Banda delle BMX) fino al successo internazionale di Ore 10: Calma Piatta e poi al fidanzamento con Tom Cruise che le apre le porte di Hollywood a partire da Giorni di Tuono.

Senza voler mancare di rispetto alla statura dell’attrice, è proprio Tom Cruise lo snodo fondamentale di quel momento della sua carriera, quello dei grandi ricci, in cui la sua recitazione migliora visibilmente di film in film. Già due anni dopo in Cuori Ribelli è nettamente migliore, già capace di mettere in ombra la star della pellicola con meno parole, meno pose, meno scene, meno personalità. Già lì è Nicole Kidman, il volto per eccellenza degli anni 2000. È questo il periodo in cui, lentamente si lascia alle spalle il personaggio dell’attrice australiana, mutando per diventare americana, anzi hollywoodiana.

I ricci si vanno via via allisciando, a volte tornano ispidi e secchi come per Jane Campion in Ritratto di Signora, poi si fanno di colpo lisci e vaporosi per Batman Forever ma soprattutto per Da Morire, uno dei due unici film che ne sfruttano davvero il corpo. Inguainata in completi d’assalto è una reporter assetata di carriera oppure forse è se stessa, in ascesa rapidissima ad Hollywood in quello che è il suo primo vero one woman show di livello. Come se volesse dimenticare le sue origini e apparire americana, come se volesse essere un’altra rispetto alla prima parte della sua carriera, più adatta al nuovo ambiente. Ora è un’attrice arrembante che sembra non rifiutare niente.

Si divide tra commedie come Amori & Incantesimi e film d’azione come The Peacemaker con George Clooney (due star del momento che solo il tempo avrebbe determinato quanto non siano adatte al cinema d’azione), non sempre nel posto giusto, recupera i ricci solo per Kubrick e il secondo ruolo di corpo della sua carriera (ma, incredibile a dirsi, le scene più memorabili coinvolgono di nuovo più il volto, anche quando è svestita).

Inizia lì il secondo picco della sua carriera, con Eyes Wide Shut, in cui ormai è evidente come abbia salutato il marito. Nuovamente presi nelle stesse inquadrature il divario è anche più ampio che in Cuori Ribelli. Nicole Kidman di nuovo domina un film in cui Cruise ha più battute. Due anni dopo arriva Moulin Rouge! ed è la consacrazione: perfetta e all’apice della forma, ha 33 anni ed è l’attrice giusta nel posto giusto, con il regista giusto nella parte giusta. Qualsiasi cosa le possa capitare a seguire, Nicole Kidman avrà sempre Moulin Rouge! e sembra saperlo. Subito dopo gira un horror che si rivela una sorpresa (oltre a contenerne una delle più note in assoluto): The Others. Tre successi incredibili uno di fila all’altro, tre di quelli che rimarranno per sempre i suoi look (riccia, liscia e bionda con i capelli corti) più noti. Da lì comincia a schivare qualsiasi ruolo di peso e comincia a fare film piccoli, meno noti, marginali, difficili. Non si comporta da star.

Inizia proprio con The Others la fase dei capelli corti. Non è più l’australiana riccia e nemmeno la Hollywood lady che deve pettinarsi come tutte le altre. Ora ha un taglio corto che gestisce come crede. Sono gli anni di Dogville, Vita da Strega e Birth, in cui i capelli lunghi cerca di portarli il meno possibile e solo quando è indispensabile per il ruolo (come in La Moglie Perfetta o La Macchia Umana), in cui sembra non voler cavalcare il proprio mito ma anzi ucciderlo, cambiando di continuo, spiazzando il pubblico e non volendolo rassicurare. Lavora qui con Lars Von Trier, Sidney Pollack e quanti più registi non commerciali le sia possibile ma non centra il grande film.

Quello in La Moglie Perfetta è allora forse il ruolo più emblematico del periodo, quello in cui fa una creatura finta, perfetta come la vorrebbe qualcun altro e non come vuole lei, il ruolo che meglio rappresenta il modo in cui la società imponga alla donna anche come deve apparire.

Arrivano gli anni peggiori per Nicole Kidman, pieni di delusioni. A un certo punto imboccherà anche una specie di percorso alla ricerca di un blockbuster che la rimetta sulla mappa, ma si rivela un’impresa difficile e piena di passi sfortunati.

Invasion, La Bussola D’Oro, Nine, tutte grandi produzioni o mediamente ambiziose dai minuscoli esiti. Il più fortunato (ed è tutto dire) è il kolossal australiano Australia, che la vede quasi obbligatoriamente nelle vesti della protagonista, di nuovo con Baz Luhrmann. Ma ormai l’Australia, quella delle sue origini, è lontanissima e il suo colore sembra essere quasi sempre il biondo, il rosso è solo un’eccezione. Arriverà anche un’incredibile chirurgia plastica (poi corretta) che la sfigurerà per alcuni anni.

Tra scelte infauste come il remake di Il Segreto dei Suoi Occhi, Le Due Vie Del Destino, The Paperboy o Trespass, questi anni meritano di essere menzionati solo per La Regina del Deserto, in cui misura la propria altezza con quella di un titano come Herzog ed entrambi ne escono vittoriosi. Sembra di rivedere la Nicole Kidman di Eyes Wide Shut.

Addirittura tra il 2002 e il 2016 tra cinema e tv riuscirà ad infilare 5 film biografici, una media impressionante di uno ogni 3 anni circa (Virginia Woolf, Diane Airbus, Martha Gellhorn, Grace di Monaco e Aine Bernstein) nessuno dei quali di successo. Sono film in cui la sua mutazione è continua, per aderire alle controparti reali cambia connotati, mette nasi finti, cerca di nascondere se stessa.

Arriviamo così al suo incredibile 2017, l’anno del 50esimo compleanno in cui rinasce completamente. Terzo picco della sua carriera, 5 produzioni, 3 delle quali presentate al Festival di Cannes. Una migliore della altre.
Entra finalmente dalla porta principale nel mondo della nuova serialità, con il successo di Big Little Lies (meritatissimo, perché è la migliore del gruppo e di gran lunga) e il ruolo marginale ma fantastico nella seconda stagione di Top of The Lake (con capelli bianchi e tratti del volto ancora più spigolosi). Gira un divertimento come How to Talk To Girl At Parties in cui ha proprio il cammeo da star e, non solo lo trasforma nella parte migliore, ma finalmente sembra divertirsi senza bisogno di essere ingessata.

Le parti pesanti dell’annata sono però il ruolo da protagonista in The Killing of a Sacred Deer, cinema d’autore nuovamente al suo livello troppo tempo dopo Dogville, e poi in L’Inganno, in cui gestisce un gruppo di ragazze sia nella finzione che nel set. Non teme nessuna nuova leva, accetta un ruolo meno fisico di quello delle altre e meno sentimentale della vera protagonista (Kirsten Dunst) ma riprende i suoi capelli ricci ed ispidi di una volta (tuttavia ancora biondi) e proprio nella mischia, in mezzo ad altre attrici, destreggiandosi tra interazioni, botte e risposte e scene di tensione sessuale, regge ogni scena anche quando lo dovrebbe fare qualcun altro, mostrando a tutti perché Nicole Kidman è e sarà sempre Nicole Kidman, nonostante quanto scelte pessime possa fare.

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