Nell'anno senza i cinema i David 2021 si aggrappano al classico e sputano sul nuovo

Difficile non chiedersi quanti dei votanti avessero visto i film in gara per i David di Donatello del 2021

Critico e giornalista cinematografico


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Se i premi di categoria forniscono indicazioni importanti per l’esito degli Oscar, i premi ai festival stranieri (quando ci sono) condizionano le vittorie ai David di Donatello. La differenza è che nel primo caso i premi di categoria hanno in comune con gli Oscar una parte dei votanti, e quindi svelano l’orientamento di molti voti, invece i David non hanno niente in comune con i grandi festival stranieri ma ne sentono l’influsso. È normale quando i votanti sono così tanti che una buona percentuale di loro non abbia visto tutti i film in gara e voti a intuito, voti i nomi che conosce (com’è possibile che ci siano professionisti con anche 6 o 7 vittorie all’attivo? Esiste una forbice così ampia tra loro e gli altri?) o un film solo in tutte le categorie. Non si capisce, ad esempio, il motivo per cui nella categoria miglior acconciatore non abbia vinto Miss Marx, l’unico film tra quelli nominati in cui le acconciature della protagonista raccontano un pezzo di storia, sono parte del film e contribuiscono al senso generale del film, ma invece quelle di Volevo nascondermi, buone ma prive di importanza nel film?

Problemi da premi di categoria in un’industria in cui non tutti hanno voglia di vedere i film italiani. O forse problemi di un’industria in cui in gara ci sono film che non a tutti va di vedere. Anche in un’annata come questa in cui non è uscito molto e quel poco che è uscito è arrivato subito on demand sui televisori (ma i giurati dei David non ne avrebbero nemmeno bisogno perché esiste una piattaforma apposita a loro riservata dove vedere tutti i film in gara), l’impressione è che i film non siano stati visti e i premi assegnati sulla base dei trailer, delle etichette e dei nomi, ogni tanto centrando (indubbio che i migliori effetti visivi dovessero andare a L’incredibile storia dell’isola delle rose) in altri casi sparando nel vuoto come la miglior sceneggiatura adattata andata al fallimentare film di Gianni di Gregorio, Lontano Lontano, quando in gara c’erano l’eccezionale Assandira e il buon Lacci. Quanti dei votanti hanno visto il film di Mereu?

elio germano

Più di tutto quel che capiamo è che a fronte di un cambiamento che sta sempre “arrivando”, l’industria del cinema quando si parla di cinema d’autore è disposta a premiare il nuovo solo se non in gara con il vecchio. Un conto sembra essere Lo chiamavano Jeeg Robot, cioè il cambiamento che viene da fuori, come anche Il primo re o L’incredibile storia dell’isola delle rose (vincitore con merito con i non protagonisti, anche se il sospetto che abbia vinto perché Volevo nascondermi non aveva nomination è forte), e un altro sembra essere Favolacce o Miss Marx.

I D’Innocenzo, rimasti a bocca asciutta già con il loro primo film (nominato a 4 David) portano a casa una sola statuetta (miglior montaggio) a fronte di 13 nomination. Fanno un cinema non propriamente tradizionale in un ambito, quello degli “autori”, che invece da noi è ancorato al tradizionale. E dire che al pari di Volevo nascondermi potevano vantare anche loro una vittoria a Berlino (per la sceneggiatura) ma con un film molto meno semplice da inquadrare del classico biografico con grande attore mascherato e scene suggestive. Esattamente quel che non ha fatto Susanna Nicchiarelli cercando altro e venendo premiata per le musiche, i costumi e la produzione (che invece sembrava più logico assegnare al ben più audace e ambizioso Rovere di L’isola delle rose).

sophia loren

L’immagine di questo movimento è il premio a Sophia Loren per un film non eccezionale (ma tutto su di sé), girato dal figlio, e a discapito di alcune delle attrici migliori (come Alba Rohrwacher) o di una delle più popolari in una commedia con risvolti seri (Paola Cortellesi). l fatto che la Loren abbia vinto sette David nella sua carriera a fronte di sette nomination, cioè una percentuale realizzativa del 100%, non è un vanto ma un problema. Non è sano che ogni volta che sia stata nominata la nostra maggiore star internazionale vinca, anche a 88 anni! Che ogni volta che si presenti la giuria senta il dovere di votarla non potendo concepire che qualcuno che non ha il suo allure possa vincere.

Per questo anche la notizia migliore della serata (in questo senso) poteva essere la vittoria di Checco Zalone con la sua canzone Immigrato davanti a Laura Pausini, perché dimostra poca sudditanza per i premi stranieri. Solo che a ben vedere Checco Zalone non è propriamente un nessuno, nonostante faccia di tutto per assumere l’atteggiamento di qualcuno ai margini.

Di nuovo, il cambiamento sembra funzionare solo quando non è in gara con il vecchio mondo.

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