Nell'anno senza i cinema i David 2021 si aggrappano al classico e sputano sul nuovo
Difficile non chiedersi quanti dei votanti avessero visto i film in gara per i David di Donatello del 2021
Problemi da premi di categoria in un’industria in cui non tutti hanno voglia di vedere i film italiani. O forse problemi di un’industria in cui in gara ci sono film che non a tutti va di vedere. Anche in un’annata come questa in cui non è uscito molto e quel poco che è uscito è arrivato subito on demand sui televisori (ma i giurati dei David non ne avrebbero nemmeno bisogno perché esiste una piattaforma apposita a loro riservata dove vedere tutti i film in gara), l’impressione è che i film non siano stati visti e i premi assegnati sulla base dei trailer, delle etichette e dei nomi, ogni tanto centrando (indubbio che i migliori effetti visivi dovessero andare a L’incredibile storia dell’isola delle rose) in altri casi sparando nel vuoto come la miglior sceneggiatura adattata andata al fallimentare film di Gianni di Gregorio, Lontano Lontano, quando in gara c’erano l’eccezionale Assandira e il buon Lacci. Quanti dei votanti hanno visto il film di Mereu?
Più di tutto quel che capiamo è che a fronte di un cambiamento che sta sempre “arrivando”, l’industria del cinema quando si parla di cinema d’autore è disposta a premiare il nuovo solo se non in gara con il vecchio. Un conto sembra essere Lo chiamavano Jeeg Robot, cioè il cambiamento che viene da fuori, come anche Il primo re o L’incredibile storia dell’isola delle rose (vincitore con merito con i non protagonisti, anche se il sospetto che abbia vinto perché Volevo nascondermi non aveva nomination è forte), e un altro sembra essere Favolacce o Miss Marx.
L’immagine di questo movimento è il premio a Sophia Loren per un film non eccezionale (ma tutto su di sé), girato dal figlio, e a discapito di alcune delle attrici migliori (come Alba Rohrwacher) o di una delle più popolari in una commedia con risvolti seri (Paola Cortellesi). l fatto che la Loren abbia vinto sette David nella sua carriera a fronte di sette nomination, cioè una percentuale realizzativa del 100%, non è un vanto ma un problema. Non è sano che ogni volta che sia stata nominata la nostra maggiore star internazionale vinca, anche a 88 anni! Che ogni volta che si presenti la giuria senta il dovere di votarla non potendo concepire che qualcuno che non ha il suo allure possa vincere.
Per questo anche la notizia migliore della serata (in questo senso) poteva essere la vittoria di Checco Zalone con la sua canzone Immigrato davanti a Laura Pausini, perché dimostra poca sudditanza per i premi stranieri. Solo che a ben vedere Checco Zalone non è propriamente un nessuno, nonostante faccia di tutto per assumere l’atteggiamento di qualcuno ai margini.
Di nuovo, il cambiamento sembra funzionare solo quando non è in gara con il vecchio mondo.