Mulholland Drive: dieci film da guardare dopo che vi avrà rovinato la vita
Se avete appena visto Mulholland Drive per la prima volta e ora non sapete cosa fare della vostra vita, ecco dieci consigli cinematografici
Mulholland Drive è da poco arrivato su Amazon Prime Video, e questo pezzo è per te. Sì, proprio per te che fai finta di nulla, che non avevi mai visto nulla di David Lynch e che hai deciso di cominciare proprio ora, con questo film del quale il mondo dice meraviglie da 21 anni, da quando cioè venne presentato tra gli applausi al Festival di Cannes. Non sapevi niente di Lynch e ora ti fa male la testa, ti bruciano gli occhi e probabilmente questa notte farai fatica ad addormentarti ripensando ai microvecchietti del finale. E quindi ti alzerai e andrai al computer o alla TV, in cerca di qualcos’altro da guardare per ammazzare il tempo in attesa del sonno.
Buona visione.
8½
Partiamo nel modo più facile e scontato (non è vero, è l’ordine alfabetico). Definire David Lynch “un fan di Federico Fellini” è limitante: il regista italiano è uno dei suoi idoli e delle sue massime fonti di ispirazione, e 8½ in particolare è il titolo che viene sempre citato quando si tira fuori l’argomento – il film preferito di Lynch in assoluto, quello che l’ha convinto a fare cinema (e a creare litografie in suo onore), et cetera. Il fatto che sia anche, forse, probabilmente, il miglior film di Fellini rende il consiglio praticamente scontato.
Allucinazione perversa
Nonostante il titolo italiano da horror del cestone, Jacob’s Ladder è un horror psicologico nel quale gli orrori esistono tutti nella mente del protagonista – e nel suo passato, visto che il film di Adrian Lyne è prima di tutto una storia di PTSD e in particolare dei traumi causati a un soldato dal suo servizio in Vietnam. È anche un film di fantasmi che… ma non vorremmo rovinarvi la sorpresa.
El Topo
Quando si parla di cinema, psichedelia, visioni e pure droghe è impossibile non consigliare anche l’esperienza-Jodorowski, del quale Lynch è grandissimo fan. Più difficile è riempire queste righe provando a spiegare in poche parole che cosa sia El Topo e perché valga la pena di guardarlo: voi fatelo, poi capirete.
Enemy
José Saramago è stato uno degli scrittori più segretamente lynchani del secolo. Il suo L’uomo duplicato è più kafkiano che lynchano, ma l’adattamento che ne ha fatto Denis Villeneuve gioca, ancora più del romanzo, con il subconscio e il tema del doppio come. E come Lynch, anche Villeneuve usa ogni dettaglio a sua disposizione, compreso il colore della luce che usa per illuminare certe scene, per lanciare messaggi.
Essere John Malkovich
Charlie Kaufman è una sorta di David Lynch ancora più introiettato e chiuso in sé stesso in compagnia dei suoi personali fantasmi. Rispetto a Lynch, però, è meno comico e surreale e più sarcastico e autodistruttivo: nelle mani di Spike Jonze, la sua storia con protagonista John Malkovich nei panni di sé stesso diventa una commedia fantasy che prende alcune tematiche lynchane e le rielabora da un altro punto di vista, più postmoderno e autoconsapevole e meno psicanalitico.
Perfect Blue
Forse il film più famoso del grandissimo e compianto Satoshi Kon, è la storia di una ex cantante che decide di fare l’attrice, diventa vittima di uno stalker e si ritrova coinvolta in una serie di omicidi che la portano a perdere la testa e il contatto con la realtà. Tra le altre cose, Perfect Blue è una delle massime ispirazioni di un altro autore lynchano, del quale parliamo proprio qui sotto.
Pi – Il teorema del delirio
E cioè Darren Aronofsky, che a Satoshi Kon e a Perfect Blue ha rubacchiato parecchie inquadrature per il suo Requiem for a Dream. Pi, il suo esordio alla regia, non ricorda tanto Mulholland Drive quanto un altro film di Lynch, Eraserhead, in una versione però più cerebrale e meno (passateci il termine) body horror. Forse la miglior recensione mai uscita di Pi è quella di James Berardinelli, che la chiude dicendo che il film “si meriterebbe 3.1416 stellette”.
Sto pensando di finirla qui
Ritorna Charlie Kaufman, questa volta anche come regista, in un film che è un adattamento letterario (dell’omonimo romanzo di Iain Reid) ma è anche una delle cose più lynchane uscite negli ultimi vent’anni – una storia d’amore, o di fine di un amore, nella quale nulla è quello che sembra e realtà e fantasia, passato e presente, desiderio e incubo si fondono, senza mai però impastrocchiarsi al punto da diventare illeggibili. Un piccolo capolavoro che si sarebbe meritato un’uscita in sala.
Strade perdute
L’alfabeto ci costringe ad arrivare quasi in fondo prima di dare il consiglio più banale e scontato: se ti è piaciuto Mulholland Drive, la cosa migliore da fare è recuperare il resto della filmografia di David Lynch. Strade perdute è un ottimo punto di partenza, perché è, in pochissime parole, “Mulholland Drive ma peggio”: più intricato, più impenetrabile, ma anche più horror, più inquietante e più assurdo. Dove Mulholland Drive ha la perfezione dell’opera in cui anche gli eccessi sono centellinati, Strade perdute ha la foga e la violenza del film a briglie sciolte, dell’indovinello spaccacervello che non ha alcun interesse a essere risolto. Non è un’esperienza facile, ma Dick Laurent è morto.
Vanilla Sky
Da vedere rigorosamente in coppia con l’originale di Alejandro Amenábar, Abre los ojos, per ripulirsi un po’ il cervello dagli enigmi di Lynch. Perché se è vero che il film di Cameron Crowe gioca con molti temi lynchani, è anche vero che lo fa in un formato infinitamente più digeribile, eliminando il più possibile ogni sorta di frizione tra film e spettatore, risultando quasi più Spielberg che Lynch. Ma tra Jodorowski, Aronofsky e il cadavere di Dick Laurent ti abbiamo già consigliato parecchia roba tosta, e Vanilla Sky è il digestivo.