Morti a Venezia: cosa ci ha colpito dell'esordio della Mostra del cinema

Primissimo commento a caldo sull'esordio di questa Mostra del Cinema di Venezia, tra morti e grandi personaggi femminili

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Morti a Venezia. Dai non scherziamo: già un tormentone dopo nemmeno tre giorni di Mostra?

Ebbene sì, perché tra la sorprendente apertura Fuori Concorso di Tim Burton Beetlejuice Beetlejuice, il primo film del Concorso Orizzonti di Valerio Mastandrea Nonostante e Maria di Pablo Larraín sulla Callas, i defunti e i trapassati la stanno facendo da padroni qui al Lido. È stato un inizio con tanti film di e con fantasmi ma con una certa vivacità e poca mestizia (tranne Mastandrea). Burton tornato ai livelli di Sweeney Todd (2007) per come abbia dimostrato di recuperare la storia di Lydia Deetz e lo spiritello porcello Beetlejuice senza malinconia alcuna ma anzi con una certa furia distruttiva e vivacità espressiva.

Due morti ci hanno entusiasmato per character design nel suo ritorno nella cittadina di Winter River:

  1. Un marito sempre positivo mangiato da uno squalo e quindi con una grande forma di bocca di pescecane al posto di collo e testa (con leggeri ma costanti schizzi di sangue verso chi gli si avvicina che oggi sono veramente inusuali in un PG-13)

  2. Un papà anche lui allegrissimo nonostante dei piccoli piraña banchettino con il suo corpo ciucciandogli la carne ovunque egli si muova.

E poi che meraviglia le sue tre muse dark tra passato e presente, vita privata e ossessioni professionali: Winona Ryder (quella un po' tremebonda di Stranger Things lontana anni luce dalla ragazzina dark sicura di sé del primo Beetlejuice del 1988), Monica Bellucci (la “psicopatica graffettata”) e Jenna Ortega (ormai la regina dark della Gen Z). Non vediamo l'ora che Beetlejuice Beetlejuice arrivi il 5 settembre nelle nostre sale per vedere cosa farà con il pubblico italiano dopo questo buon passaggio veneziano.

Di spiriti ha parlato anche Mastandrea con il suo secondo film da regista Nonostante anche se i suoi personaggi sospesi nel tempo e nello spazio di ospedali e gitarelle fuori porta sono stati immensamente più mesti rispetto a quelli di Burton. Ci siamo comportati benissimo a Orizzonti negli ultimi anni vincendo due volte Miglior Film (Nico 1988 e Liberami, rispettivamente nel 2017 e 2016) e portando a casa Miglior Sceneggiatura con I Predatori (2020) di Pietro Castellitto. Difficile che Mastandrea possa bissare per l'Italia mentre invece siamo molto curiosi sia di Familia di Francesco Costabile che di 19 di Giovanni Tortorici.

Chiudiamo con le ultime tre “cose” di questo inizio di Venezia edizione numero 81: Maria di Pablo Larraín con Angelina Jolie (distribuito su Netflix in Usa e da 01 nelle nostre sale), El Jockey di Luis Ortega con uno strepitoso Nahuel Pérez Biscayart e l'esordio nella serialità tv per un certo Alfonso Cuarón dal romanzo del 2015 di Renée Knight.

Maria ha aperto il Concorso e ci ha già detto che Angelina Jolie avrà al 99,9% la candidatura Oscar 2025 per Miglior Attrice Protagonista per la sua Maria Callas persa tra fantasmi del passato (ancora i morti a Venezia!) e acciacchi fisici nella Parigi del 1977. Coppa Volpi? Può essere. Il film è “protetto” da potenti, più che potente. Nomination garantita, ma solo perché Natalie Portman con Jackie e soprattutto Kirsten Stewart con Spencer hanno ottenuto lo stesso risultato con prove anche meno convincenti della Jolie dentro progetti di Larraín praticamente identici (prendo un'attrice importante e la porto verso la statuetta di Miglior Attrice). Per cui la nomination arriverà, anche perché la distribuzione americana con Netflix implica una campagna assicurata.

El Jockey è la prima schicchera mattoide (fantino tossicodipendente in transizione sessuale) del Concorso e occhio al meraviglioso Biscayart già adorato in Francia per 120 battiti al minuto (2017) di Robin Campillo.

Ci inchiniamo infine alla maestria di Alfonso Cuarón perché Disclaimer - la vita perfetta, la sua serie da 7 episodi AppleTv+ in uscita dall'11 ottobre, dimostra per l'ennesima volta che abbiamo a che fare con un fuoriclasse assoluto del linguaggio audiovisivo. Questo è il suo terzo progetto tv seguito fin dalle prime fasi. Sembra che non abbia fatto altro per tutta la vita e l'unione di Tár (2022) di Todd Field con il suo Leone d'Oro Roma (2018) ci sembra sublime. Le responsabilità di donne sempre più di potere e al potere dentro le nostre società + le onde del mare che possono affogare i bambini lasciati soli come nel finale del suo capolavoro autobiografico Roma.

Buon inizio di Venezia 81, dunque. Ci ritroveremo a metà Festival per vedere come sta andando.

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