Sono morte le sceneggiature originali ad Hollywood? lo dice il Los Angeles Times, ma sbaglia e lo sa bene

Nel grandi dibattito sulla creatività nel cinema americano le voci più ricorrenti parlano di morte. Eppure i film ci dicono il contrario

Critico e giornalista cinematografico


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Un articolo del Los Angeles Times riporta al centro del discorso industriale la questione delle sceneggiature originali, contro quelle che qui per praticità chiameremo “derivative” (cioè adattamenti di altre opere, sequel, prequel, reboot e simili). Lo fa dichiarando la morte dello spec script, ovvero la sceneggiatura scritta senza nessuna commissione e venduta ai singoli produttori, i quali poi cercano come realizzarla, la propongono a registi e agli studios fino a riuscire a metterla in piedi. È sempre stato un modo per aggirare gentilmente il sistema degli studios. In questo dettaglio stava la sua preziosa utilità, offrire un complemento importante e soprattutto creativo, imprevedibile e sorprendente alla produzione più istituzionale e “sicura” fomentata dalle imprese.

Stando a Chris Erskine e agli sceneggiatori che ha interpellato per l’articolo, questo meccanismo non esiste quasi più, e non è difficile immaginare che abbia ragione anche solo guardando i film che arrivano al cinema. Le pellicole non “derivative” sono spesso film indipendenti in cui il regista stesso è lo sceneggiatore (all’europea) e solo raramente i due sono soggetti completamente diversi (cosa che da sola non significa necessariamente che la sceneggiatura sia uno spec script). A questo si aggiunga che molte delle persone che una volta avrebbero scritto una spec script sono passati alla televisione. Ed è facile vedere lo scenario che l’articolo del Los Angeles Times dipinge.

Quindi è davvero morto questo modo di fare che, dice Chris Erskine, è stato la colonna vertebrale di Hollywood specialmente lungo gli anni ‘80 e ‘90 portando a film come Thelma & Louise, Butch Cassidy, Will Hunting e, aggiungiamo noi, Predator? È davvero morta la principale fonte di film originali?

I film “derivativi” di oggi

Probabilmente no, non è davvero morta, lo conclude lo stesso articolo. Ma anche senza la conclusione che tradisce la poca buona fede, è evidente che fasi diverse di un business vivono di picchi e meccanismi differenti. Ad oggi i film prodotti ad Hollywood sono molti meno di ieri e spesso vengono da qualcos’altro, hanno un nome noto, seguono, replicano, rimettono in scena o ampliano una mitologia nota. Non sono quindi invenzioni originali, creazioni artigianali di uno sceneggiatore che agisce al di fuori del sistema e poi vende al sistema la sua creatura da mantenersi intatta o quasi. Eppure non è difficile notare come questi film “derivativi”, quando sono buoni, non abbiano niente di “derivativo” se non i nomi dei personaggi e dei luoghi.

Recentemente Jumanji è stato l’ultimo esempio, ma Phil Lord e Chris Miller con 21 Jump Street e Lego The Movie, in maniere diverse hanno dimostrato che replicare qualcosa o adattare un brand non è sinonimo di poca creatività, anzi! Può consentire ampi margini di manovra a patto di seguire alcune linee guida (ma non è che i film prodotti in altre maniere ad Hollywood siano invece più liberi). Addirittura J. J. Abrams con il suo primo Star Trek ha creato una maniera intrigante di dialogare con i modelli originali.

A questo va aggiunto che lo sceneggiatore che ieri creava spec scripts non è morto, ma come molti colleghi è passato alla televisione, il mezzo che in questo momento più lascia mano libera a chi scrive, più lo mette al centro del meccanismo produttivo e più ne valorizza l’arte. Quindi non parliamo di un calo di creatività ma di uno spostamento da un mezzo audiovisivo ad un altro.

Cosa sono gli spec script

Del resto gli spec script sono uno strumento che nasce all’interno dell’industria americana come risposta ad un assetto che non ha più la forza di una volta. Il primo mai esistito, lo spiega il Los Angeles Times, è la sceneggiatura del 1933 di Potere e Gloria (quanta involontaria preveggenza in questo titolo!), scritta da Preston Sturges e venduta alla Fox autonomamente. Ma l’insuccesso di quel film e altri prodotti nella stessa maniera non aiutò il diffondersi della pratica. Lo stesso Sturges si mise al servizio degli studios.

È stato William Goldman negli anni ‘60 a riportare la pratica in auge con lo spec script di Butch Cassidy, che gli fruttò un Oscar. Da questo successo gli spec script non hanno fatto che aumentare fino a quando, con lo sciopero degli sceneggiatori del 1988 questi ebbero molto tempo libero per creare le proprie storie, e quando lo sciopero finì gli studios di contro avevano di colpo bisogno come non mai di materiale da produrre. Da lì i prezzi degli spec script schizzarono, alimentati anche da successi come Basic Instinct. Addirittura uno dei migliori sceneggiatori dell’epoca, Shane Black, vendette lo script di L’Ultimo Boyscout per 1,7 milioni di dollari.

Non è un caso che a porre un freno a quest’era sia stato l’inizio della golden age della tv. Dagli anni 2000 infatti, con il declino dei budget delle produzioni e l’aumento del valore delle serie tv, gli sceneggiatori più forti hanno cominciato a cambiare residenza.

I film originali di oggi

Lo stesso ad oggi il cinema americano è pieno di film originali. Non solo intere società di produzione sono dedicate a realizzare solo questi e intere società di distribuzione come modello di business non fanno che sostenerli (abbiamo scritto da poco della A24, e una società come la Blumhouse ne produce con grandissimo successo), ma intere istituzioni come il Sundance Film Festival o il South By Southwest esistono perché promuovono e valorizzano il cinema originale, indipendente per natura e non derivato da nulla. Il punto degli spec script, cioè aggirare le costrizioni degli studios almeno nella fase di ideazione di una storia, è comunque rispettato.

Questi film, in certi piccoli casi, vincono gli Oscar e sono buoni successi al botteghino. I loro autori, spesso passano al cinema dai budget più importanti e solo in un numero limitato di casi si danno ai blockbuster derivativi. Non è forse questo un buon modello? Non è forse buono che un cineasta o uno sceneggiatore si facciano notare con un’opera indipendente e originale, se incassano passino poi a film più strutturati per le major, comunque originali, e poi realizzino anche i classici film su commissione? Non è la cosa migliore che il cinema più elaborato e vincolato, più commerciale e industriale, lo facciano i filmmaker con maggiore creatività? È il percorso, ad esempio, che sta compiendo Damien Chazelle, da Whiplash a La La Land fino al prossimo biopic su Neil Armstrong.

Eppure, se ancora avete il timore che lo spec script come simbolo di libertà e creatività autonoma sia morto, vi ricordiamo come del resto ammette anche l’articolo del Los Angeles Times che è uno spec script che ha dato il via a The Post di Steven Spielberg.

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