Morte a 33 giri è Carrie in versione metal

Morte a 33 giri è un piccolo classico dimenticato dell’horror anni Ottanta che parla di bullismo, dischi riprodotti al contrario e tanto, tantissimo metallo

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Morte a 33 giri va in onda su Italia 2 Mediaset questa sera alle 21:15 e in replica domani sera alle 23:00

Vi è mai capitato di sentirvi dire che la musica che ascoltate fa schifo? Molto probabilmente sì, c’è sempre la persona che non apprezza i vostri gusti per quanto universali e mainstream possano essere. Vi è mai capitato, però, di sentirvi dire che la musica che ascoltate è malvagia, cattiva, diseducativa, immorale, sbagliata, da censurare, satanica e pornografica? Al protagonista di Morte a 33 giri, piccolo cult horror degli anni Ottanta che è stato un po’ dimenticato nonostante possa vantare nel cast nientemeno che Gene Simmons e Ozzy Osbourne, succede tutti i giorni: glielo dicono i compagni di scuola, glielo dice la mamma, lo dicono gli adulti alla televisione. È uno dei motivi per cui il povero Eddie è un emarginato, una vittima dei bulli, un perdente che, come nelle migliori storie di redenzione, proprio nella tanto amata musica trova il suo riscatto – anche se forse non come ve lo state immaginando.

Costato appena 3,5 milioni di dollari, buona parte dei quali, immaginiamo, andati in cachet per Ozzy e Gene Simmons, e distribuito (uno dei primi della sua storia) dalla De Laurentiis Entertainment Group di Dino De Laurentiis, Morte a 33 giri è un inno produttivo al filmmaking indipendente, quello fatto di pochi mezzi e grandi idee per aggirare le limitazioni. È scritto da una squadra di gente che ha passato la carriera a lavorare negli horror a basso budget – nei credit compaiono tre nomi, a cui ne vanno aggiunti due non accreditati, uno dei quali è il regista del primo Final Destination James Wong – ed è diretto da un caratterista con i fiocchi alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa (Charles Martin Smith, che potreste ricordarvi in American Graffiti e Gli intoccabili); anche il cast è pensato al risparmio, senza nomi di richiamo ma con un paio di volti provenienti dalla TV e scelti perché hanno la faccia perfetta per il ruolo: il protagonista Marc Price, che era Skippy in Casa Keaton, Doug Savant (Melrose Place, e più di recente Desperate Housewives) e il ballerino Tony Fields.

E anche la storia che racconta è una piccola vicenda domestica dal vago sapore kinghiano (ci torniamo): Morte a 33 giri è ambientato dentro e intorno a un liceo americano, un luogo orrendo dove i bulli della scuola dimostrano 35 anni e possono fare sostanzialmente quello che vogliono alla luce del sole e sotto gli sguardi disinteressati dell’intero corpo docente. E siccome le storie di adolescenti bullizzati in cerca di riscatto sono un grande classico degli anni Ottanta (La storia infinita è di due anni prima, per dire), il protagonista di Morte a 33 giri è il povero Eddie, uno dei pochissimi metallari della scuola e l’unico che ha il coraggio di sfidare le prese in giro dei succitati bulli presentandosi a lezione vestito di pelle e borchie e ascoltando quella musica rumorosa che non piace a nessuno tranne che a lui. Eddie subisce e si sfoga con il rock and roll, come fa qualsiasi adolescente vittima di bullismo per i suoi gusti musicali più o meno dai tempi di Elvis, e riversa tutte le sue speranze per un futuro migliore su Sammi Curr, ex studente del suo liceo diventato rocker provocatorio, satanico e ipersessualizzato – esattamente il genere di figura che qualche anno dopo sarebbe stata incarnata e monopolizzata da Marilyn Manson, almeno nella percezione collettiva, ma che negli anni Ottanta era onnipresente e monopolizzava le copertine e i poster appesi in milioni di camerette.

Sammi

Fin qui, la storia sembra più che altro quella di un teen drama – perché ovviamente Eddie è innamorato di Leslie (Lisa Orgolini, che non recita più dal 1998), bella e irraggiungibile poiché orbitante intorno al gruppo dei bulli, ovviamente ha un amico altrettanto metallaro ma meno vistoso, Roger (Glen Morgan, che ora fa il produttore: i suoi ultimi lavori sono il reboot di X-Files e quello di The Twilight Zone), la perfetta spalla comica tipica delle rom-com, e ovviamente ha una madre preoccupata ma contemporaneamente ignara di tutto quello che sta succedendo al figlio in termini di traumi scolastici.  Ma a inizio pezzo abbiamo parlato di horror, e Morte a 33 giri ci mette poco a prendere quella strada: lo fa appoggiandosi a uno dei miti senza tempo della musica rock, quello che prevede che certi dischi, se ascoltati al contrario, contengano messaggi satanici e altre diavolerie (scusate il gioco di parole).

Nello specifico parliamo di un disco di Sammi Curr, l’ultimo inciso prima della sua morte prematura, che viene consegnato a Eddie da Gene Simmons in persona (non è vero: gli viene consegnato da DJ Nuke, interpretato da Gene Simmons nella sua miglior imitazione di Wolfman Jack), e che, quando viene riprodotto, libera lo spirito di Sammi Curr, che è ovviamente infuriato e con una gran voglia di vendicarsi e più in generale di fare casino ammazzando quanta più gente possibile. Immaginate se al posto di Falkor Sebastian fosse stato salvato dai bulli da una specie di Alice Cooper con mezza faccia bruciata e il potere di fulminare la gente a colpi di riff; oppure immaginate se Carrie non fosse stata dotata di poteri telecinetici, ma avesse dovuto fare un patto con il diavolo per vendicarsi delle compagne di scuola. Morte a 33 giri sembra essere la storia di un tizio che a forza di venire abusato perde ogni freno sociale e decide che la vendetta a tutti i costi è la sua ragione di vita, e del rocker fantasma che lo aiuta a mettere in atto i suoi piani. Almeno finché non arriva un ulteriore piano del discorso a complicare le cose.

Morte a 33 giri Eddie

C’è infatti un certo ottimismo di fondo nel film di Charles Martin Smith, e soprattutto un messaggio molto chiaro: l’abito non fa il monaco, o il metallaro. Ci vuole poco (e non vi roviniamo nessuna sorpresa) perché Eddie si renda conto che Sammi Curr esagera e va fermato, non incoraggiato: stiamo comunque parlando di un horror, e il mostro serve – e la formula “evoco un demone poi mi pento e cerco di de-evocarlo” è un grande classico che non invecchia mai, come ha dimostrato nel 2015 Deathgasm, una sorta di remake sotto falso nome proprio di Morte a 33 giri. E così scopriamo che Eddie è fondamentalmente un bravo ragazzo, non un freak o un sociopatico come pensano i suoi compagni per via della musica che ascolta. Il vero motore del conflitto quindi non lo scontro tra i bulli e il bullizzato, ma tra il bullizzato e il suo eroe: Kill Yr Idols, come cantavano i Sonic Youth, soprattutto se i tuoi idoli sono spiriti malvagi che vogliono sterminare la tua scuola.

Speriamo sia chiaro che Morte a 33 giri vi piacerà proporzionalmente a quanto amate la sua sottocultura di riferimento, la sua estetica, anche la sua storia (il film è strapieno di chicche e dettagli tutti da notare), e ovviamente la sua musica: la colonna sonora è firmata dai Fastway, la band formata da Fast Eddie Clark dei Motorhead e Pete Way degli UFO, e diverse sequenze sono girate (con grande entusiasmo e un’evidente passione per fiamme, face paint e cose che esplodono) come fossero un video musicale – alla Stallone, per intenderci. Per cui se per qualche motivo avete paura che l’heavy metal corrompa le menti e possa davvero evocare Satana, state alla larga da Morte a 33 giri; in alternativa indossate tutte le borchie che avete e fate un po’ di stretching per il collo, perché novanta minuti di headbanging sono una faticaccia.

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