Incentivi, bonus & felicità: cosa ha detto Nanni Moretti, cosa vuole fare il nuovo ministro della cultura

Nel giorno in cui il ministro Sangiuliano annuncia una prima forma di bonus per le sale, Nanni Moretti ha parlato da esercente

Critico e giornalista cinematografico


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Non parla spesso di bonus statali o in qualità di esercente Nanni Moretti e così scopriamo ora che il suo Nuovo Sacher perde 50.000 euro l’anno, ma viene tenuto in vita così com’è (come un monosala, cosa che nelle stesse parole di Nanni Moretti è una delle cause di questo ammanco) dalle finanze della Sacher che ha guadagni da altre parti (non lo dice ma è facile supporre nella produzione di film) ma che non potrebbe permettersi di investire ogni anno più di 50.000 euro in quella sala. 

Questa è una delle molte cose dette da Moretti all’interno dell’intervento al festival Visioni Italiane organizzato dalla Cineteca di Bologna come riportato da Repubblica. La crisi delle sale, ha detto, viene dall’aria che si respira intorno al cinema (che significa la maniera in cui viene raccontato sui media), dalla qualità dei film in sé e poi dall’alternativa offerta dalle piattaforme e come queste siano state benvenute da tutto il sistema cinema, dalle produzioni fino ai festival. Non ha poi resistito dal fare il consueto paragone con la Francia dove Netflix non è benvenuto a Cannes per via delle pressioni degli esercenti e dove la finestra di sfruttamento di un film in sala è particolarmente lunga, senza eccezioni. Ma la Francia, lo sappiamo bene, è un’eccezione mondiale (tra i paesi democratici) quanto a protezionismo di una forma d’arte che percepisce come propria e quindi come orgoglio nazionale. Impossibile paragonarsi a loro perché da nessun'altra parte sussiste quello spirito e quel senso di appartenenza nei confronti del cinema.

La necessità di un intervento da più in alto, uno strutturale che metta a punto e sistemi il funzionamento dell’industria in un momento in cui tutto è così cambiato che ha poco senso che tutto rimanga uguale a prima, chiama in causa il ministero della cultura. Sotto la lunga direzione Franceschini (in carica dal 2014 al 2021 con un’interruzione di un anno circa) il ministero ha approvato una nuova legge cinema nel 2017 che ha aiutato molto l’internazionalizzazione dei nostri film, ne ha aumentato i budget, ha previsto sistemi che premiano il merito (commerciale, festivaliero o internazionale) e ha anche causato un aumento di film prodotti che va sistemato e facciamo fatica a gestire.

Il nuovo ministro, Gennaro Sangiuliano, ha già annunciato che per aiutare i cinema ci saranno a disposizione 10 milioni di euro (più o meno il budget di Diabolik) per riportare le persone in sala. Non un’idea strutturale, cioè non un cambiamento da apportare alla maniera in cui i film sono veicolati, ma dei soldi in bocca. O meglio, nemmeno troppo in bocca, perché questi 10 milioni finanzieranno uno sconto, faranno in modo che agli spettatori i biglietti costino 3 o 4 euro di meno. Quasi la metà. A patto che vengano acquistati con lo SPID. Il che rende la misura inutile. Per eccesso di farraginosità.

Idea migliore (ma non diretta specificamente al cinema) è quella di un credito di imposta al 60% per le piccole e medie imprese e del 40% per le grandi imprese che dovrebbe aiutare la gestione delle sale. Non quindi soldi legati ai film programmati ma sgravi fiscali per aiutare i costi di gestione, lasciando immutata e libera la programmazione. Benché nessuno ancora abbia commentato questa notizia in particolare, è questo un approccio che non vede d’accordo tutti, molti infatti preferiscono un po’ di protezionismo e una lotta attiva alle piattaforme rispetto a un incremento di aiuti per le sale.

Al momento solo Marco Bellocchio (82 anni), parlando ad AdnKronos, si è detto favorevole a questi contributi che abbassano il costo del biglietto (ma non ha commentato il fatto che servirà lo SPID) sostenendo:

Può essere una via di ripartenza per il cinema. E’ stato constatato che in quella settimana in cui i biglietti erano stati ridotti c’era stata un’affluenza maggiore di giovani. Se il problema principale è di mandare al cinema più gente, ridurre il costo dei biglietti penso che sia un piccolo mezzo però efficace.

Quello a cui fa riferimento è l’esperimento del Cinema in Festa ovvero i giorni in cui i cinema hanno ridotto i loro biglietti come forma promozionale e di incentivo e che hanno visto un’ottima affluenza nelle sale come riportato da tutti gli operatori del settore. Ma, sempre a detta degli operatori, una buona fetta di quell’esito positivo era frutto del fatto che la promozione fosse un evento e stimolasse ad approfittarne.

La mancanza di una visione chiara e di accordo intorno a cosa fare è infatti uno dei problemi intorno alla ripresa. Sempre Nanni Moretti da Bologna parlava di produttori stessi che convincono i cineasti a fare film per Netflix (identificando in questo un problema) e poi di “brutti film italiani d’autore che finiscono in sala e ai film commerciali che tali non sono” citando anche il fatto che “otto persone su dieci rifiutano questi film anche perché hanno cast e storie sempre uguali”. Questo punto in particolare non tiene conto del fatto che anche in annata e periodi in cui il cinema incassava bene non mancavano molti film d’autore brutti e tutti uguali al pari di molto cinema commerciale che commerciale non era e aveva sempre gli stessi volti.

Infine ha fatto discutere più di tutto (come sempre avviene) la notazione di Moretti meno pragmatica e più soggettiva, cioè il fatto che lui non veda un bel clima intorno al cinema:

Tutti sono abbacchiati, lo spazio per le recensioni è sempre più piccolo fino a scomparire, ci vorrebbe un clima che faccia capire che è una cosa bella e quelli che non vanno al cinema non sanno quello che si perdono. Questo abbacchiamento, avvilimento prende un po’ tutti: esercenti, distributori, spettatori, giornalisti.

A questo aggiunge il paragone con il festival di Sanremo di cui lui legge su Repubblica attraverso gli articoli di Gino Castaldo ed Ernesto Assante che sono divertenti e divertiti, appassionati e gioiosi. Questo non lo vede per il cinema. 

È quindi Moretti stesso a confessare la parzialità del suo specchio sul mondo (non solo un giornale solo, non solo cartaceo ma anche uno con un fortissimo calo di copie vendute), e nonostante probabilmente non sbagli a denunciare la maniera in cui si parla di cinema e dei festival di cinema nelle fonti da cui sceglie di abbeverarsi, è anche evidente che ad essere influenzati da questi toni è una piccola percentuale del pubblico.

Il resto, il grosso, sta altrove e si informa altrove dove plausibilmente trova anche un altro modo di parlare e raccontare il cinema.

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