Moonfall è Emmerich al 200%

Moonfall è un film catastrofico che porta il marchio di Roland Emmerich impresso su ogni fotogramma: perché allora è andato così male?

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Moonfall è su Prime Video

Quando metti su un film di Roland Emmerich sai già bene o male cosa aspettarti. Oddio, magari ti dice male e ti capita davanti uno dei suoi tentativi di fare un film “altro” (tipo Anonymous, il thriller complottista su Shakespeare), o ancora peggio uno dei suoi film “seri” (si veda Stonewall), ma nel 90% dei casi il nome del regista tedesco è sinonimo di alcune cose ben precise: distruzione, innanzitutto, una qualche minaccia esistenziale, grandi effetti speciali, inquadrature larghissime nelle quali ficcare il maggior numero di cose possibili da fare esplodere, e sopra tutto questo un’intricata rete di relazioni familiari e sociali che servono, o dovrebbero servire, a rappresentare il c.d. “lato umano” dell’opera. È la formula di Armageddon, di L’alba del giorno dopo, di 2012, ed è anche la formula di Moonfall, il suo ultimo film in ordine di tempo e anche il suo più grande flop.

È curioso che un film come Moonfall sia costato circa 150 milioni di dollari promozione esclusa e ne abbia incassati a malapena 60. In fondo non si tratta dell’esordio di un autore sconosciuto ma dell’ennesimo film catastrofico di un regista che, se non ha ovviamente inventato il genere, ha contribuito in maniera decisiva a plasmarlo ed è diventato egli stesso una sorta di sottogenere. I catastrofici di Emmerich sono sempre andati tra il bene e il benissimo, ivi compreso il pessimo Independence Day – Rigenerazione. E Moonfall è arrivato a gennaio 2022, quando dopo due pesantissimi anni di pandemia il mondo stava ricominciando a svegliarsi e sgranchirsi i muscoli.

Eppure la vera catastrofe è stato il suo botteghino, e guardando il film non è facile individuare le cause del disastro (a meno di volersi concentrare su quelle collaterali, per esempio il fatto che la gente sta facendo fatica a tornare al cinema proprio a causa dello shock pandemico). Perché Moonfall è un Emmerich da manuale, una delle espressioni più pure e insieme demenziali della sua creatività distruttiva. È l’apoteosi del pop-corn movie, forse un po’ meno spettacolare e ostentata di altre emmerich-ate, ma stiamo pur sempre parlando di un film nel quale la Luna si avvicina alla Terra abbastanza da brasarla e devastarla: difficile trovare uno spunto migliore per un film catastrofico, e anzi visti i precedenti il fatto di tirare in ballo anche altri corpi celesti nel tentativo di fare a pezzi la Terra era prevedibile.

Ancora meglio è il fatto che, evidentemente non soddisfatto dalla prospettiva di avere solo un po’ di distruzione di origine naturale, Emmerich ha deciso di infondere in Moonfall una bella passata di complottismo e fantascienza anni Cinquanta. L’ispirazione, dice, gli è venuta dalla lettura di un libro sull’ipotesi della hollow Moon, l’idea cioè che la Luna non sia un pezzo di roccia che ci orbita attorno ma una struttura cava, magari di origine artificiale e magari addirittura costruita con uno scopo, dai nostri antenati oppure, perché no?, dagli alieni.

La storia va così: Jocinda e Brian (Halle Berry e Patrick Wilson) sono due astronauti che hanno un incidente mentre stanno riparando la Stazione Spaziale Internazionale. Apparentemente copiato senza pudore da Gravity, questo incidente è stato in realtà causato da un’entità misteriosa e non identificata, che solo Brian e Jocinda hanno visto. Durante le investigazioni per stabilire le responsabilità dell’incidente, Brian viene preso per matto e mandato a raccogliere i ricci delle castagne a mani nude; Jocinda invece prende le distanze dal collega e viene quindi reintegrata nella NASA. Salto avanti a dieci anni dopo e Jocinda è a un passo dal diventare la capa suprema della NASA; Brian, invece, ha tagliato tutti i ponti con lo spazio e ora passa le sue giornate a fare quelle cose che fanno i disoccupati americani quando non hanno altro da fare (riparare il tetto, riparare una macchina, riparare il proprio cuore spezzato, provare a riallacciare i rapporti con il figlio che vive con la ex moglie).

Entra qui in scena il personaggio più incredibile mai partorito da Roland Emmerich: il complottista DOC. Interpretato da John Bradley, è il genere di personaggio che la prima volta che compare prova a convincere un gruppo di ragazzini che la Luna sia vuota e probabilmente fatta di formaggio; il genere di personaggio che ti aspetti venga smentito o sbugiardato o sbeffeggiato nel corso del film. E invece no! KC è l’unico che sa: sa che l’orbita della Luna è cambiata, si è accorciata, e ora il nostro satellite si avvicina sempre più pericolosamente al pianeta. Basta un istante: un secondo prima andava tutto bene, un secondo dopo l’esistenza della specie umana è messa a rischio dal fatto che la Luna sta collassando sulla Terra.

Invece di tenere il complottismo sullo sfondo e usarlo come scusa per battute e sfottò vari, Emmerich decide di buttare letteralmente tutto in catastrofe: dove i suoi catastrofici normalmente prevedono una lotta impari tra l’essere umano e la natura, qui il Nostro tira in ballo anche alieni, entità che provengono dallo spazio profondo, e ovviamente cavalca fino in fondo ogni possibile implicazione del fatto che la Luna sia un costrutto artificiale (scusate, una “megastruttura”). Questa scelta da sola basta per rendere il film 42 volte più stupido di quanto non sarebbe stato se avesse parlato di catastrofi perfettamente naturali, ma contemporaneamente lo rende anche 69 volte più divertente.

È vero, il budget un po’ risicato si nota soprattutto facendo la proporzione tra quanto tempo i protagonisti passano a parlare e quanto tempo passa la Terra a esplodere; ma l’entusiasmo che ci mette Emmerich nel raccontare questa assurda storia di satelliti telecomandati è contagioso: in particolare John Bradley regala one-liner con una frequenza impressionante, e certi colpi d’occhio della Luna che incombe su un paesaggio terrestre a un passo dall’Apocalisse al momento può azzeccarli solo Roland Emmerich.

Ovviamente, come succede in tutti i film catastrofici del nostro amico catastrofico, Moonfall è anche pieno di rapporti umani, relazioni più o meno intricate e complesse, il tutto seguendo la filosofia emmerichiana secondo cui “se puoi salvare il pianeta puoi anche salvare il tuo matrimonio”. Qui i legami sono ancora più complicati del solito (si arriva al punto che è difficile ricordarsi esattamente chi sia figlio di chi e perché X stia litigando con Y, poi non ci si fa più caso perché le cose hanno ricominciato a esplodere) e se possibile scritti anche peggio del solito: è il lato dei film di Emmerich che funziona se lo si approccia per riderne, non per farsi trascinare emotivamente dalle poco interessanti vicende delle figurine di cartone usate per dare le proporzioni delle esplosioni.

Il punto di tutto, comunque, non è che Moonfall sia un buon film o meno. È che è un film di Emmerich al 200% Emmerich, che segue alla lettera una formula che ha sempre funzionato e che qui per la prima volta ha deluso il suo creatore. Sarà colpa del fatto che dopo il biennio 2020/2022 ci è passata un po’ la voglia di vedere la Terra distrutta, visto che per quello esiste già il telegiornale?

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