Missione 3D è una macchia indelebile sulla carriera di Stallone ma gli vogliamo bene uguale

Missione 3D – Game Over è una macchia indelebile sulla carriera di tutte le persone coinvolte nel cast: come si fa non volergli bene?

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Questo speciale su Missione 3D – Game Over fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone

Sylvester Stallone, George Clooney e Salma Hayek entrano in un bar. Ci trovano Antonio Banderas, Carla Gugino, Danny Trejo, Elijah Wood e Selena Gomezz. Si guardano e, senza dire una parola, cominciano a bere fino a dimenticarsi come si chiamano. Dove si trova il bar? La risposta a questo indovinello è “il più vicino possibile al set di Missione 3D – Game Over”, terzo capitolo della trilogia di Spy Kids, straordinario successo al botteghino e uno dei film più imbarazzanti mai girati da uno qualunque dei nomi citati prima.

Come suggerisce già il titolo, Missione 3D è un film girato in 3D – nel senso che ogni singola cosa che succede a schermo è concepita per sfruttare quella che nel 2003 era ancora una più o meno nuova e rivoluzionaria tecnologia. Come suggerisce il fatto del 2003, questa cosa da sola è già un disastro: vi ricordate com’era e cosa faceva la CGI nel 2003? OK, forse quello linkato è l’esempio sbagliato. Prendiamo qualcosa di più adatto, di più immediatamente paragonabile all’estetica del film di Robert Rodriguez: per esempio questo.

È chiaro che non è colpa di nessuno: il progresso avanza a grandi passi e una cosa realizzata oggi tra dieci anni sembrerà vecchia e tra venti inaccettabile. Vale nel 2023 e valeva ancora di più nel 2003: dire che Missione 3D – Game Over è un pessimo film solo perché ha una CGI di livello bassissimo anche per gli standard dell’epoca è ingeneroso, ma è soprattutto limitante – ci sono tanti altri ottimi motivi per smontarlo oltre a prendersela con la sua estetica da forchetta negli occhi.

I primi due Spy Kids, pur con tutti i loro limiti, erano divertenti storielle di spionaggio per bambini, che dimostravano una sensibilità inaspettata per un regista che veniva da Dal tramonto all’alba e The Faculty. Il terzo capitolo è, come suggerito dal suo sottotitolo, un disastro totale, e su tantissimi livelli diversi. Curiosamente, la storia che racconta ricorda quella di Ready Player One, con un mondo virtuale ma dolorosamente reale nel quale il nostro eroe deve superare sfide su sfide per liberare la principessa (in questo caso la sorella, il che rende Missione 3D – Game Over anche un lavoro sbilanciato nel quale per lungo tempo si sente la mancanza di Alexa PenaVega). Il film è quindi una collezione di vignette coloratissime a tema videoludico (c’è il combattimento nell’arena, l’immancabile corsa automobilistica…) nelle quali le teste degli attori galleggiano in un brodo di pessima CGI.

Anche il fatto che il peso del film stia quasi tutto sulle spalle del povero Daryl Sabara non aiuta: il suo Juni andava bene ai tempi del primo capitolo, quando era ancora abbastanza giovane da farsi perdonare una certa macchinosità, ma in Missione 3D il suo personaggio è “cresciuto” e deve comportarsi da “adulto”. E Sabara non ci riesce, recita ancora come fosse allo spettacolo di fine anno della scuola media, si limita a parlare ed enunciare le sue battute senza davvero interpretarle o provare a essere il personaggio di un film. Né gli altri ragazzi che lo circondano fanno meglio, intendiamoci: il clima generale è quello di una serie TV per bambini prodotta con quattro spicci da una TV locale. Più Kiss Me Licia che Mission: Impossible, insomma.

“Sono ragazzi” direte. D’accordo, allora concentriamoci sul protagonista di questa rubrica. Perché in mezzo a tutti i volti arcinoti che compaiono in Missione 3D – Game Over, Sylvester Stallone è quello a cui viene dedicato più screentime. È il villain, il Giocattolaio, il creatore del mondo virtuale di Game Over (a proposito: un videogioco al cui confronto le tanto criticate strategie di monetizzazione di certi giochi moderni sembrano accettabili, considerato che ci puoi giocare una sola volta e se finisci le vite vieni espulso per sempre, e non è chiaro se tu possa rientrare comprando un’altra copia), ed è sempre accompagnato da tre diverse versioni del suo subconscio, tutte e tre vestite in modi buffi – la mossa-Eddie Murphy, per capirci. E sapete una cosa? Si diverte da matti.

Non basta per salvare il film né per rendere certe gag meno umilianti, ma almeno dimostra che quando Stallone dice “sì” è perché ha intenzione di prendere estremamente sul serio ogni richiesta che gli viene fatta, non importa quanto assurda. D’altra parte lo stesso Sly ha spiegato di aver accettato il ruolo su spinta dei figli, che non gli avrebbero mai perdonato un rifiuto. Più che recitare per Robert Rodriguez, Stallone recita per la sua prole, ma siccome è Stallone lo fa con una sincerità contagiosa che lo rende di gran lunga la seconda cosa migliore di Missione 3D – Game Over – subito dopo i titoli di coda, che segnalano l’inizio della fine di questa (a modo suo adorabile) tortura.

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