Miloš Forman raccontò l'inspiegabile gioia che c'è nel fallimento di una ribellione

Eroi ribelli, anticonformisti, innovativi e in lotta per liberarsi da ogni gabbia, i personaggi di Miloš Forman finivano sempre male ma gioiosamente

Critico e giornalista cinematografico


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Ricordato ovunque come il regista delle rivoluzioni e dell’ansia di libertà, Miloš Forman è stato uno degli ultimi grandissimi stranieri trasferitisi ad Hollywood. Nella scia di Michael Curtiz, Alfred Hitchcock, Billy Wilder, Fritz Lang e molti altri, con Qualcunò Volò Sul Nido Del Cuculo centrò l’imrpesa riuscita a pochissimi altri: vincere tutti e 5 gli Oscar principali (Miglior Regia, Sceneggiatura, Attore, Attrice, Film). È stato sul tetto di Hollywood per 20 anni almeno (dal ‘70 al ‘90), facendo commedie stranissime, nere, cupe e al tempo stesso liberatorie e vitali.

Era nato in un altro continente, in Cecoslovacchia da due genitori poi morti nei campi di concentramento di Buchenwald e Auschwitz (in seguito scoprirà che il padre in realtà non era il suo vero padre biologico). In America ci arriverà spinto dalla forza dei suoi primi film, in particolare Gli Amori di Una Bionda che fu nominato all’Oscar come Miglior Film Straniero e dalla primavera di Praga. Insomma, Milos Forman parlava spesso di cambiare tutto e rivoluzionare un sistema perché aveva avuto una vita schiacciata da tutto quel che ti può schiacciare. Eppure ha sempre diretto commedie o film che flirtavano con la commedia.

Purtroppo sarà ricordato come un sessantottino d’America, perché così fu percepito. In realtà ha raccontato come pochi altri cosa può fare il caos e il desiderio di non vivere all’interno delle regole di un sistema (qualsiasi sistema) e quanto tutto ciò nelle nostre società si ritorca contro l’individuo. Nonostante credesse evidentemente nell’insopprimibile esigenza di ribellarsi per affermare se stessi, constatava inevitabilmente come questi fossero sforzi destinati ad essere repressi.

A guardare tutti i suoi film da più vicino, più ancora delle rivoluzioni e rivoluzionari di cui sono pieni, a Forman interessava e spaventava al tempo stesso la forza pazzesca del caos contro l’ordine, il fatto che la libertà si accompagna sempre ad una componente di disordine ed imprevedibilità, che nei suoi film è evidente vitalità, gioia, sesso e risate, capace di distruggere tutto e venirne distrutta in risposta.
Le sue erano parabole di autodistruzione, tentativi di battere il sistema che finivano sempre male. Però gioiosamente. Che è il colpo di genio.

Era questa, in ultima analisi, la particolarità e il fascino dei suoi film, avere così tanta empatia per qualcuno di diverso, che nuota controcorrente e che vivrà la vita a pieno, anche se il sistema lo stroncherà. Mozart, Larry Flint, Andy Kaufman o McMurphy, il condannato che si finge matto per non finire in galera e troverà nel manicomio una galera peggiore, ma anche i ragazzi di Hair o di Taking Off (un film che come nessun altro si concentra sulle famiglie degli hippie scappati di casa, trovando in loro, intimamente, le ragioni della fuga e dando ai genitori una nuova vita) sono tutte incarnazioni di un desiderio che esiste in ognuno: quello di essere liberi.

Sarebbe stato però incredibilmente banale raccontare il desiderio di libertà fine a se stesso, la forza di Forman e la sua complessità sta nell’inserire in tutte queste storie una zona d’ombra collegata alla libertà, fatta di repressione e destabilizzazione. Se una cosa afferma la sua filmografia è quanto sia dirompente per qualsiasi sistema il desiderio di essere diversi. Mozart morirà giovane ma Salieri pure vivrà malissimo una volta assaggiata la temperie caotica della vera creatività innovativa. Il solo desiderio di McMurphy di contrastare l’autorità contaminerà tutti i matti, liberando il Grande Capo dalla sua prigione mentale, e Andy Kaufman cambierà il mondo dello spettacolo finendo male, per non dire di Larry Flint! Insomma c’è qualcosa di terribile nel voler cambiare tutto, eppure è così affascinante e così necessario.

Si tratta di uno zenith complicatissimo da raggiungere, quello in cui si esaltano i film di Milos Forman, il momento in cui il sistema ha tristemente trionfato sull’individuo eppure il pubblico continua ad avere la piacevole sensazione che in realtà sia accaduto il contrario.
Che si possa aver vinto lo stesso pur nella sconfitta, nella morte o nell’oblio è caratteristica di questi film in cui tutto va male ma che sono commedie inguaribilmente ottimiste, girate con un’invisibilità registica rigorosissima. Milos Forman infatti non sottolineava nulla, l’unica immagine realmente poetica che si sia mai concesso è oltremodo nota (l’inquadratura finale, quasi pittorica, di Qualcunò Volò Sul Nido Del Cuculo con il panorama all’alba e un uomo che lo attraversa, ovviamente in fuga da tutto, verso la libertà), il resto dei suoi film lavora invece da lontano, guardando i fatti accadere e lasciando che siano le scene, i momenti, lo svolgersi del racconto a svelare l’incredibile potenza delle idee dei personaggi. Non la forzatura della realtà per mettere in scena attimi poetici, ma la sua rappresentazione in tutta la sua mestizia grottesca, in tutta la piccineria. Non è un mondo bello, quello in cui si muovono i suoi personaggi, e non c’è niente di poetico in loro. Semmai c’è tanto di inarrestabile.

https://www.youtube.com/watch?v=c3Dz6FOE_Gk

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