I migliori film di ottobre 2023 visti al cinema e in streaming
Ecco una carrellata dei migliori film che abbiamo visto al cinema e in streaming lungo il mese di settembre 2023
Ecco i migliori film di ottobre 2023 che abbiamo visto al cinema o in streaming
L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare. Nel complesso i migliori film di ottobre 2023 secondo noi.
Inu-Oh
C’è da capirlo subito proprio, con quel montaggio elettrico che dalle strade di pioggia notturna di oggi di salto in salto ci porta nel Giappone feudale del 1300, che stavolta (finalmente) Masaaki Yuasa sta lavorando al di fuori del sistema. Inu-oh è un film d’animazione tecnicamente molto molto imperfetto, animato con tantissima testa e un occhio eccezionale, è pieno di idee ma non di soldi. È un film che non batte percorsi per forza commerciali, rifiuta qualsiasi semplicismo, si può permettere scelte fuori dai canoni ed è bellissimo.
Totally Killer
Esiste un modo di ambientare un film, almeno parzialmente, negli anni ‘80 senza fare nostalgia. Totally Killer scherza con i suoi riferimenti a Ritorno al futuro e non fa che menzionarlo mentre la sua protagonista, che all’inizio ci pare stare dentro uno slasher adolescenziale da poco, torna indietro nel tempo al 1986 e incontra i suoi genitori quando hanno la sua stessa età. Tutto avviene perché quel killer che era attivo negli anni ‘80 è tornato nel presente e ha ucciso la madre di lei, quindi l’unico modo per annullare l’evento è andare nel passato, scoprirne l’identità e fermarlo. Risibilissimo intreccio scritto nell’unica maniera in cui possa avere un senso scriverlo: riconoscendone il ridicolo e iniziando a divertirsi con esso.
Killers Of The Flower Moon
Killers Of The Flower Moon è un’epopea che dura almeno un decennio, lungo la quale molto cambia. È ovviamente un racconto di vessazione degli indiani da parte dell’uomo bianco che in questa storia coincide perfettamente con lo sfruttamento degli uomini sulle donne. Accanto a DiCaprio e De Niro c’è infatti Lily Gladstone con un personaggio eccezionale, al tempo stesso grande e remissivo, una donna non bella di per sé ma bella per il fascino che emana. Il film non ha mai bisogno di dirci o farci vedere che è più intelligente degli altri, Scorsese sa farlo con il casting e facendo recitare Lily Gladstone in un certo modo. Lo stesso modo in cui (al contrario) ci fa capire che il personaggio di Leonardo DiCaprio è invece un po’ scemo e ancora lo stesso in cui invece la sua bellezza col tempo capiamo essere importante per l’intreccio.
Holiday
A prescindere da questo difetto però Holiday è calamitante per come è realizzato e quello che vede in queste persone. Per raccontare una storia che tutti avrebbero giocato sul terreno psicologico, sceglie invece i sensi (per questo è coerente che i passaggi temporali siano legati udito o vista). È estate e il film è letteralmente ossessionato dai corpi nudi sotto i vestiti. Inizia con le immagini di corpi dilaniati dalle coltellate, e prosegue immaginando le inquadrature per far intuire cosa ci sia sotto quei vestiti leggeri. Lo fa con la protagonista in primis ma anche con gli adulti, con gli uomini e con i ragazzi, ad un certo punto l’ossessione è tale che Holiday focalizza un’inquadratura sui corpi sformati di due agenti di polizia sotto le divise. È come se in questa storia su cui aleggia una morte violenta i corpi di tutti fossero esposti (anche quando vestiti).
C'è ancora domani
Girato in bianco e nero e con una messa in scena che mimetizza totalmente l’Italia dell’immediato dopoguerra, C’è ancora domani è ambientato a Roma nel maggio del 1946, a poche settimane dal referendum che porterà alla nascita della Repubblica. Paola Cortellesi è Delia, madre tuttofare di tre figli e moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), un uomo che intende la relazione coniugale con la cinghia e la totale sottomissione della moglie. Per Delia, che deve pure fare da badante al patriarcale padre di Ivano (Giorgio Colangeli) gli unici momenti di leggerezza sono quelli con la fruttivendola e amica Marisa (Emanuela Fanelli), per il resto la sua è una vita di fatica e privazioni. La vita di Deglia sembra però poter cambiare quando un giorno riceve una misteriosa lettera, un avvenimento che si intersecherà – tra sorprese e dubbi – con l’imminente fidanzamento della figlia (Romana Maggiora Vergano) a un ragazzo di famiglia benestante.
Strange Way Of Life
L’operazione (che fu presentata a Cannes) è realmente sofisticata, perché la cinefilia di Almodovar è sempre plasmata dal suo stile. Da un certo punto in poi i suoi film sono sempre la rielaborazione non tanto di altri generi (come avviene in Tarantino) ma proprio di altri film, come delle cover jazz di grandi standard che finiscono per essere altro ma sempre sul tema originale. Qui tutto quello che siamo abituati a vedere nel west viene “almodovarizzato” per raccontare qualcosa che un vero film western classico non avrebbe mai potuto raccontare. Ci sono i suoi lenti carrelli orizzontali sugli zoccoli del cavallo che marcia, ci sono le sue inquadrature a due tra i cowboy, c’è una canzone suadente cantata dal vivo e il suo uso dei flashback. Tutto però sembra slavato e tirato via (terribili gli attori nel flashback, noiosissima la fotografia, generiche le scenografie).