I migliori film di genere che abbiamo visto nel 2022
È stato un grande anno per i film di genere e i migliori non sempre hanno ricevuto l'attenzione che meritavano, per questo ve li elenchiamo
Diciamolo subito: nel 2022 abbiamo visto i migliori film di genere e poi abbiamo visto il primo film di questa classifica, che nonostante sia stato distribuito in silenzio da noi, da Netflix, gioca in un altro campionato ed è probabile che sarà ricordato a lungo. Ma se questa classifica è possibile è perché tutto il 2022 è stato un anno in cui, anche non considerando i film che noi abbiamo inserito nelle classifiche di quelli che più abbiamo amato, i film di genere in media sono stati di un livello veramente alto con sorprese, operazioni inclassificabili, tentativi folli, film da zone del mondo che difficilmente consideriamo e anche sequel migliori del primo capitolo.
10. Stone Turtle
Un bel dramma intimista malese che di colpo diventa altro, Ricomincio da capo violento e capovolto, in cui siamo noi spettatori che ad ogni nuova giornata uguale ri-vissuta dalla protagonista impariamo qualcosa in più. Qualcosa sulla protagonista, sulla backstory, come siamo arrivati a questo punto o quali siano le reali intenzioni di tutti i personaggi coinvolti. Film sorprendente pieno di ispirazioni diverse e capace di fare con i generi cose che non pensavamo, muovendosi tra il massimo del festivaliero e i colpi assestati con il guscio pieno di aculei dei ricci di mare. Visto al festival di Locarno.
9. Vengeance
Uscito direttamente on demand e disponibile in noleggio è una stranissima forma di detective story senza detective ma con un giornalista di città che finisce nel Texas più remoto per la storia di una ragazza con cui era stato una notte che è morta di overdose. Lì decide di fare un podcast su quel che vede e quindi inizia un'esplorazione tra il paradosso, l'ironia, le differenze tra città e provincia, l'america dei complotti a tutti i costi e quella dei podcast sofisticati. C'è l'indagine ma soprattutto ci sono le assurdità del Texas remoto e c'è una delle visioni più interessanti e intriganti di quel tipo di Stati Uniti, con una voce chiaramente di città che cerca di capire. Un gran film scritto, diretto e interpretato da B. J. Novak, con un cameo di Ashton Kutcher che facilmente è il suo miglior ruolo di sempre.
8. Barbarian
Un bed and breakfast, uno scantinato con una porticina verso una zona oscura. L’idea è molto semplice: una persona finisce in un luogo che non conosce bene e comincia ad esplorarne le viscere. Non è difficile vedere, in quella porta dentro lo scantinato che conduce ad orrori, il rimosso di un paese (una trovata simile c’era anche nell’ultimo Rambo: una casa presentabile dove vivere normalmente e poi un sotterraneo che è l’inconscio mai sopito in cui ravanare nei propri traumi). C’è tutto quel che ci deve essere in Barbarian, i peccati del capitalismo, la malvagità umana della peggior specie ed esseri immondi, ma è il senso della tensione così potente, ben dosato e minuzioso che conquista.
7. The Princess
Su, nella torre del castello, nel giorno del suo matrimonio, c’è una principessa dai lunghi capelli. Quando nella stanza a sorpresa arrivano dei guerrieri per rapirla cominciano i calci volanti. Questa principessa da favola è stata addestrata e ora che è arrivata l’invasione del regno accanto nel suo castello, scenderà dalla cima della torre fino al piano terra dove l’aspettano i suoi nemici, facendo fuori quante più persone è possibile. Una contro mille. È l’inverso di The Raid (lì si saliva alla cima di un palazzone) con il medesimo atteggiamento anche se ovviamente non la medesima furia tecnica. Ma The Princess è kombat cinema americano della miglior specie, e se parecchio difetta in atletica e precisione marziale, compensa con tigna e l’atteggiamento giusto, l’allenamento e la passione per la creatività nelle coreografie. Un film di botte, per tutto il tempo, pensato intorno a Joey King e al fare gli stunt sul serio (per questo non sono proprio serissimi ma per questo tutto quel che si vede ha la forza e l’impatto giusti). La miglior definizione del nuovo cinema femminile.
6. The Northman
Non più una versione realistica delle storie flokloristiche come in The Witch, ma le peripezie ultraviolente di un uomo carico di vendetta che è imbevuto di mitologia norrena e quindi dà senso a tutto ciò che vede a partire da quelle storie. Noi vediamo il mondo tramite i suoi occhi e quindi, nonostante nulla di ultraterreno sia vero, a noi appare sempre come tale, ogni indizio è una prova. In tutto questo ci sono parenti da fare fuori, madri da riconquistare, donne con cui fuggire e una vita di violenza pura da mettere in scena con un fascino e un senso dell’attrazione nella meticolosa preparazione delle immagini, che non si vedevano dal miglior Refn.
5. Old People
Con quell'ingenuità un po’ kitsch e un gusto cinefilo nel segno del buon vecchio film horror da cassetta, Old People di Andy Fetscher è uno zombie movie strepitoso che riporta il genere puro in primo piano e fa un cinema dove il visivo (rivoltante) funziona come metafora senza troppi fronzoli. Usando il corpo anziano come simbolo di un'ansia sociale condivisa e insieme l'incarnazione mostruosa con cui misurare il terrore, Andy Festcher fa un survival movie di puro gusto come raramente se ne vedono.
4. Cip e Ciop: Agenti speciali
Hollywood nell’era delle proprietà intellettuali è continua trasformazione. Per decenni il mondo del cinema americano ha tentato in tutti i modi di trattenere il successo tramite l’opposto, cercando di fissare i volti delle sue star in un’eterna giovinezza con la chirurgia estetica, bloccare il tempo nell’attimo di maggiore fulgore. Ora invece ci voleva questo eccezionale film animato e in live action per spiegare, con umorismo sia grossolano che sottile, che nell’epoca in cui personaggi e proprietà intellettuali contano quanto gli attori, è proprio l’opposto, cioè la capacità tipica del digitale di mutare ciò che può trattenere il successo. Cip e Ciop non si frequentano dagli anni ‘90, quando fu chiusa la loro (reale) serie tv dallo stesso titolo di questo film, nel frattempo uno dei due, cercando un nuovo successo si è dimensionalizzato, cioè non è più in 2D ma in 3D fotorealistico (come il nuovo Il re leone), l’altro invece è rimasto disegnato a mano. Come in Chi ha incastrato Roger Rabbit insieme indagano su un caso di sparizione nel mondo dei cartoni (ma moderni) che ha il sapore del noir losangelino. Insieme a loro scopriamo che l’industria dell’intrattenimento ha l’ossessione di modificare, mutare, manipolare e trasformare i suoi talenti perché rimangano galline dalle uova d’oro.
3. Pearl
A partire dall'idea strepitosa di performance filmata e vista (da cui proveniva anche il precedente X: A Sexy Horror Story), Ti West con Pearl compie un passo in avanti verso l'horror d'autore, firmando un'opera di puro e sublime spaesamento linguistico. Girato come un melodramma hollywoodiano anni cinquanta, Pearl è l'origin story inquietante di una aspirante star (Mia Goth nel suo ruolo migliore) che nel perturbante ci balla letteralmente, facendoci immergere in una dimensione di surrealtà angosciante di altissimo livello.
2. The Adam Project
Fin dall’inizio, molto convenzionale, The Adam Project mostra una caratteristica che lo distingue da tutti gli altri film a lui simili: è fatto benissimo. Ogni cosa che conosciamo, abbiamo già visto e possiamo prevedere funziona, elicita tutte le sensazioni che dovrebbe e gioca con intelligenza con l’umorismo di Ryan Reynolds (il quale ha ampiamente dimostrato che se non viene tenuto a bada può far naufragare un film). Poi viene però il ribaltamento, si inserisce un’altra trama, entrano altri personaggi e The Adam Project da fantascienza action (che pena le scene di combattimenti, così forzate…) diventa un film umanissimo, in cui come in Ritorno al futuro, un paradosso temporale di fantasia crea un incastro sentimentale che non ci si aspetta e Mark Ruffalo sparge ovunque la sua magia, tenerissimo e teso. Così si fa!
1. RRR
È molto raro che il cinema indiano commerciale esca dall’India e si faccia notare all’estero. Più facile per quello da festival conquistare nicchie di spettatori. S. S. Rajamouli ci è riuscito invece con una grande epica novecentesca che racconta la conquista dell’indipendenza indiana dagli inglesi per come non si è svolta, con scene d’azione immense, personaggi onnipotenti e umiliazioni agli occidentali. Tutto il campionario di ingenuità e semplicismi di Bollywood, tra timidissime storie d’amore e bicipiti in tensione che lottano con le tigri. Però come già mostrato nei due film Bahubali, Rajamouli ha una capacità di immaginare fortissima. Sa creare e mettere sullo schermo qualcosa di visivamente stupefacente che attinge al profondo di ognuno e lo comunica con una o più immagini (spesso al ralenti) a cui nessuno aveva ancora pensato (solitamente perché troppo folle). RRR è fomento d’azione, chiaramente, è esagerazione di ogni virtù, contrasto o sentimento, è l’epica di uno spirito nazionale urlata fortissimo ma lo stesso capace di modulare il canto, anche al massimo del volume, come i più grandi. Era dal John Woo cinese che non si vedeva qualcuno portare la stilizzazione a questi livelli, ma invece che cercare la leggerezza e il rigore, Rajamouli cerca sempre l’eccesso, la pesantezza e il barocco, non ha interesse nell’equilibrio ma nelle disarmonie creative e nella capacità del cinema di stupire ancora. Nel fare questo trova qualcosa di potentissimo.