I migliori film di dicembre 2022 visti al cinema e in streaming

La classifica dei migliori film di dicembre 2022 usciti al cinema o in streaming: da The Fabelmans ad Avatar 2 fino a L'amante di Lady Chatterley

Critico e giornalista cinematografico


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Ecco i migliori film di dicembre 2022 che abbiamo visto al cinema o in streaming

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l’attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L’idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l’alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

Le pupille

Contemporaneamente la cosa più prevedibile per un mediometraggio di Natale su Disney+ (una favoletta morale con bambine che si svolge nei giorni tra 24 e 25 Dicembre) e al tempo stesso imprevedibile per una piattaforma americana (una storia scritta da Elsa Morante in una lettera a Goffredo Fofi, ambientata in un collegio religioso a metà anni ‘40, e dotata di una morale comunista forte e chiara), Le pupille è il film più bello che Alice Rohrwacher abbia scritto e girato da Corpo celeste. 

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Perfetta illusione

Corsicato rimane un oggetto misterioso nel panorama del cinema italiano. Qui prende consapevolmente un materiale di partenza di livello “basso” per personaggi e situazioni, che mescola noir e melò presi come contenitori scheletrici, da far contrastare con una messa in scena “alta”. Da una parte c’è un banale triangolo amoroso, un marito che si sente insoddisfatto dalla sua vita perfetta ma soffocante, colpi di scena del tutto improbabili. Dall’altro, musiche operistiche, scelte ardite di regia e montaggio che accompagnano tutta la vicenda. Stacchi improvvisi e focus su dettagli, articolati movimenti di macchina sono gli strumenti prediletti dal regista per esplicitare la propria mano e il proprio occhio. Il suo obiettivo è giocare con le attese e poi ribaltarle, scavare sotto le luccicanti apparenze.

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Avatar: la via dell'acqua

Dotato esattamente degli stessi pregi e degli stessi difetti del primo film, è chiaro che ad Avatar 2interessi più che altro il grande segmento centrale in cui ammirare il nuovo mondo acquatico, le creature e le continue inquadrature da documentario del National Geographic di un posto che non esiste, creato per essere ammirato. È mostruoso il lavoro che viene fatto ad esempio sulla simulazione della luce del giorno, sia nei momenti assolati che nelle giornate uggiose, come è di nuovo eccezionale l’uso della profondità, specialmente quando guardiamo attraverso superfici trasparenti. Inoltre la scelta di aumentare i frame al secondo solo nelle scene con molti elementi in movimento infastidisce solo inizialmente, appagando poi nel grande spettacolo finale. Cameron ha davvero rilanciato sul medesimo sentiero di Avatar, creando un nuovo standard tecnologico su quella base. Che tutta questa meraviglia da osservare sia animata da una storia elementare va probabilmente considerato come il prezzo da pagare.

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Sì, chef

Già solamente per il modo in cui Sì, chef! – La brigade tesse la trama nel suo livello più superficiale è subito lampante la qualità della scrittura di Louis-Julien PetitLiza Benguigui e Sophie Bensadoun. Per prima cosa perché, qualità non scontata, il film la trova nelle dinamiche tra personaggi e non solo nelle situazioni (per questo non si parla di comico ma, appunto, di commedia); secondo, perché riesce a rendere fluido e naturale quel passaggio di ritmo (con conseguente cambio di tono) che introduce alla grande rivelazione emotiva.

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Tha Fabelmans

In questo film dotato di una nostalgia per il cinema degli anni ‘40 e ‘50 ancora più forte del solito, in cui le inquadrature sembrano composte come faceva Gregg Toland, in cui madre e figlia se devono sbirciare da una tenda l’arrivo di un vecchio zio lo fanno affacciandosi una sopra e una sotto, come in un momento leggero di western di Howard Hawks, poi però c’è un montaggio modernissimo che alle volte procede a strappi, alle volte accarezza dolcemente il passare del tempo, altre ancora è il classico montaggio interno di Spielberg che dice tutto quel che c’è da dire (bellissimo il piccolo movimento che svela la presenza anche di Seth Rogen in un viaggio in auto). Non è solo celebrato il cinema in questo film, ce n’è proprio tantissimo dentro, così tanto da appassionare e infiammare l’animo di chi lo ha a cuore e forse distrarre un po’ dal fatto che questo film molto bello, dolce e importante di certo non è il migliore di Spielberg come l’esaltazione all’uscita può portare a pensare.

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L'amante di Lady Chatterley

Viene difficile pensare che L’amante di Lady Chatterley sarebbe stato così riuscito se Emma Corrin e Jack O’Connell non avessero avuto sullo schermo la chimica che invece dimostrano. La prova della loro bravura, o meglio della loro perfetta immersione nel flusso del film, è che quando li vediamo insieme non distinguiamo l’interpretazione dallo sguardo della regista: come i due amanti, recitazione e visione si fondono insieme, funzionano all’unisono. Il modo con cui Clermont-Tonnerre li avvicina e poi li osserva, per quanto esplicito lo è senza essere dichiarato, romantico senza essere stucchevole e appassionato ma in fondo timido come i due personaggi.

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Le otto montagne

Van Groeningen e Vandermeersch trovano il tono giusto da subito, fin dalla prima difficilissima parte, quella con i due bambini e il triangolo che instaurano con il padre di uno dei due (Filippo Timi, una volta tanto misuratissimo). Un rapporto che riesce a suonarci immediatamente intoccabile e particolare, chiunque si inserisca sembra rovinarlo (la prima rottura arriverà per l’esigenza di educare Bruno). Chiunque che non sia la montagna, l’unico posto in cui tutto questo ha un senso. Ovviamente questo è un film di spazi aperti innamoratissimo dei suoi paesaggi, ma ha anche una maniera di filmare quest’amore che non ci appartiene e nel quale Marinelli e Borghi si inseriscono benissimo con il loro modo di recitare naturalmente ruvido, esaltato, curato e accordatissimo alla messa in scena.

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Saint Omer

Un esordio nella finzione di una potenza sconvolgente, una storia di tribunali, cause, imputati e accusatori che forza i soliti mezzi espressivi del cinema imponendo il suo linguaggio. Ed è una lingua molto minimale, fondata su inquadrature statiche in cui si snodano le interpretazioni dei degli attori, dotate sia di una forza calma animalesca, sia di corpi e fisici così eloquenti da raccontare da soli una loro storia. Se la trama parla di condanne, giustizia e figli uccisi, i corpi, i volti e le intenzioni parlano di una durezza che viene da un altro paese, di contaminazione e della difficoltà di vivere sradicati.

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