Midnight Mass: perché i due monologhi sulla morte sono il momento più bello della serie
Una scena centrale di Midnight Mass rivolta la serie come un calzino. E lo fa con una sapienza cinematografica che conquista. Ecco perché!
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Tutti uniti ipocritamente nel nome della fede, gli abitanti sono invece profondamente separati. Isolati nei propri dolori e concentrati a guarire la propria interiorità. Le atmosfere di Midnight Mass si raffinano quando affrontano il dualismo tra realtà e superstizione, fede e scienza (per usare termini propri a Lost), religiosità cieca opposta al credo ragionato e critico. Questi opposti la permeano di ambiguità le immagini, ed è lì che si insinua l’horror. Una paura, quella espressa dal regista nelle sue ultime opere, mai assassina o mortifera, ma sempre mistica. Non si teme l’assassino, non quanto si tema l’ignoto dell’aldilà. La fine della vita non è mai assoluta per Mike Flanagan, e il fantasma - o più largamente il mostro - non sono sempre tormento, talvolta sono anche liberazione.
Una è Erin Greene. La ragazza in fuga che è tornata a casa. Ha lasciato l’isola di Crockett per entrare nel mondo, assaporarne il gusto. Vivere, insomma, per un breve tempo. Nuovamente sull’isola aspetta un bambino, ha saputo da poco di essere incinta. Quando iniziano i miracoli per tutta la popolazione a lei succede l’opposto. Il feto che portava in grembo scompare, per miracolo, o per dannazione.
L’altro è Riley Flynn, cacciato dall’isola dai suoi peccati. Da giovane è stato incarcerato per avere causato un incidente mortale. Torna da reietto, avendo perso tutto: stima di sé, affetti e la fede. I due si incontrano in una scena importantissima nell’equilibrio della serie e diretta e recitata magistralmente. Siamo circa a metà.
Da qui in poi Midnight Mass inizierà a correre, si addentrerà nei territori più oscuri. La scena a cui facciamo riferimento è un lungo dialogo tra i due. Seduti su un divano si fanno compagnia condividendo la propria visione del mistero della vita. Il ragazzo dà una prospettiva atea. La ragazza invece si culla nelle sue credenze.
Un momento di un'importanza fondamentale per molte ragioni, nonché uno dei momenti televisivi più belli visti di recente. È una parentesi che rivolta Midnight Mass come un calzino. Per la prima volta la presenza di Dio e l’assenza dello Stesso entrano in dialogo.
Per tutti gli episodi fino ad ora, il credo diverso era pretesto per un conflitto. Qui diventa ascolto tra chi crede con tutto se stesso e chi rifiuta con forza l’idea di essere tra le mani di un Altro o di un altrove. La distanza tra le due posizioni è così radicale da essere minima. Come due estremi di un cerchio che allontanandosi sempre di più si rincontrano alla fine. Nella pace, chi della rassegnazione chi della speranza. E nell'inconoscibile della fine.
Di questo parla la serie: di come la superstizione possa generare orrore, e di come la ragione sia spaventosa nella sua lucida freddezza. Di quello che succede alle persone nel dolore, interpretato come una forza scatenante che umanizza, che fa uscire la verità. Nella serie coloro che si considerano gli “eletti di Dio”, i giusti, non soffrono per le cose del mondo, ma per il loro sistema di valori individuale e artificiale. E qui la religione diventa orrore. Una costrizione che succhia il sangue e la vita instaurando legami privi di carne, di sentimento, e quindi di senso.
Esiste una ragione a tutto il dolore? C’è una vita dopo la morte o una forza unica e “immobile” che ci osserva e ci guida? Le domande vengono affrontate prima da Riley, poi da Erin.
Sono due monologhi in piano sequenza. La cinepresa si avvicina impercettibilmente al viso del parlante. Lui prima, lei poi, si stanno donando rispettivamente la propria parte più intima: le proprie convinzioni esistenziali. Non c’è nulla per lui, siamo soli, in attesa di una eterna notte senza sogni che ci libererà anche dal dolore dell’esistenza. Al contrario, per la donna ciò che attende dopo la morte è un incontro di pace eterna, di amore divino.
“Come stelle nel cielo, un attimo sono qui, poi vengo disperso nel cosmo”. A nutrire la vita con la sua morte, dice Riley. Prima del trapasso immagina di sognare in un sonno chimico, indotto dalle ultime sostanze spinte nel suo cervello. Un viaggio nei ricordi, presenti e passati, nelle fantasie fino all’oblio pochi secondi dopo.
Erin non concorda. Parla per il bambino che aveva in pancia e che ora non ha più. Una “lei”, dice la mamma. All’opposto di Riley, la bambina è venuta sulla terra per dormire, cullata nel ventre. Il suo risveglio avviene dopo la morte, in paradiso, dove si trova circondata di amore. Vedrà la sua famiglia e sarà nel suo massimo splendore che non è riuscita a ottenere sulla Terra.
Una domanda: “Cosa succede con la morte?” rompe i confini. Non c’è una ragione che prevale, i due monologhi che si intrecciano non sono nemmeno un dialogo per arrivare a una soluzione. Assomigliano ad un riassunto di tutto quello che è successo ai due personaggi psichicamente ed emotivamente nel tempo in cui non si sono visti.
Loro sono gli unici che riescono a unire questi vissuti così diversi abbattendo una barriera apparentemente insormontabile. Si capiscono nella diversità. Si contraddicono senza ferirsi mai e crescono entrambi. È un momento di un romanticismo incredibile, che solo la sensibilità di Flanagan può cogliere. Lo fa mentre i due discutono della cosa più spaventosa che possa capitare: la morte. Che sia una fine o un inizio è l’ignoto per eccellenza, il mistero senza risposta da cui nessuno può scappare. La paura suprema.
Eccolo qui il grande horror che si sublima ed eleva l'angoscia a sentimento vero e pieno.
Sta qui la grandezza di questo momento di Midnight Mass. Progredisce attraverso la suspense condotta attraverso le domande sull'ignoto, non con le risposte. Rappresenta in dialogo il tormento di chi è sempre consapevole di camminare su un sottile filo di vita. E soprattutto è una scena d’amore senza sesso.
Il primo vero momento di gentilezza disinteressata, un calore vero e appassionato, in quello che è un gelido inferno sulla terra.