Michael Cimino è stato l'araldo di una nuova era del cinema e ne ha pagato le conseguenze

Nato nella New Hollywood ma già appartenente al cinema che sarebbe venuto, Michael Cimino non era come i suoi coevi

Critico e giornalista cinematografico


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Poco più di una stella cometa nel mondo del cinema americano, bruciatosi in 10 anni, tra il ‘74 e l’85 e poi a fatica rotolato fino al 1996, Michael Cimino era troppo per il cinema della sua epoca. Fosse arrivato qualche anno più tardi probabilmente avrebbe trovato terreno più fertile per le proprie idee, un mondo produttivo più adatto al suo talento, invece costretto a fare da ponte tra due ere e poco incline all’adattamento, non è riuscito a domare Hollywood ma ne è stato sbranato. Impossibile dire dove sarebbe potuto arrivare, avesse potuto portare avanti le proprie idee visive, la maniera in cui era determinato a fare poesia prima che racconto, a lavorare di atmosfere più che di parole (in Il Cacciatore è magistrale la maniera in cui, per capire cosa accada, non conta tanto quel che si dice quanto come i personaggi si posizionino, come si guardino, che importanza abbiano nell’inquadratura e quanto pesi il loro silenzio).

In queste prossime ore molto si dirà su quanto Michael Cimino non vada visto come “il regista che fece fallire la United Artist” con l’immenso flop di I Cancelli Del Cielo, ponendo commercialmente fine alla New Hollywood, ovvero l’era di grande fiducia da parte dei produttori in una nuova generazione di registi che avevano idee diverse e facevano film diversi. Non andrebbe visto così perché quella bancarotta non fu solo colpa di un film ma di una serie più lunga di idee fallimentari e di una situazione economica e commerciale ormai completamente diversa. Tutto vero, eppure proprio ora, proprio quando bisogna ricordare e iniziare a contestualizzare Michael Cimino nella grande storia del cinema, forse è quello l’evento che va tenuto bene a mente, anche più dei successi di Il Cacciatore.

Michael Cimino è stato uno degli ultimi registi della New Hollywood non solo cronologicamente. Artisticamente apparteneva già ad un’altra era, non veniva a suggellare quella generazione ma ad annunciare il cinema che stava arrivando. Con un piede negli anni ‘70, come testimoniano i toni aspri di Il Cacciatore, il suo Vietnam che va e viene nella trama e la presenza di alcuni degli attori fondamentali dell’epoca (oltre a De Niro anche John Cazale), Cimino non era esattamente come Bogdanovich, Coppola, Friedkin, Scorsese e via dicendo. Non aveva fatto la gavetta nella serie B di Corman e soci, non veniva da un mondo di cinema economico ed inventivo ma il suo opposto, veniva dal mondo delle produzioni a budget altissimi delle pubblicità, tutto visual e montaggio. Invece che aver lottato su produzioni indipendenti, era diventato noto per una serie di spot memorabili e complessi, elaborati e sorprendenti. Il più famoso dei quali fu uno per la United Airlines pensato come un musical di Broadway.

Questa della pubblicità è stata la porta d’ingresso al cinema per moltissimi registi di nuova generazione (dal suo coevo Ridley Scott fino a David Fincher), autori che non nascono nelle ristrettezze ma nelle produzioni brevi e ricche, nella committenza pura e in un mondo in cui la forma conta moltissimo. Questo splendore pubblicitario si rintraccia a fatica in Il Cacciatore e Una Calibro 20 per lo Specialista (ma c’è, batte fortissimo dietro la maschera del cinema ‘70s) e sarà ancora più evidente nei film successivi, specie in I Cancelli del Cielo e nelle sue elaborate coreografie. Croce e delizia di una carriera fondata sullo sforare i budget, sul desiderio irrefrenabile di titanismo e sul pensare sempre in grande, è inevitabilmente questa mentalità che segna non solo la parabola di questo autore ma anche la magnificenza delle sue opere migliori.

La tragedia di I Cancelli del Cielo, una specie di grandissimo poema epico sfortunato ma con gli occhi di oggi bellissimo, è quella di un regista che voleva sempre di più e non era abituato a dover lavorare di ristrettezze. Uno che ha girato l'ultimo film di John Cazale, attore simbolo di quell'era che aveva iniziato con Il Padrino, e il primo a dare un ruolo sostanziale sul grande schermo a due degli attori fondamentali del cinema americano più audace che sarebbe venuto, Christopher Walken e Meryl Streep.

Relegato poi a pellicole più modeste come Il Siciliano, Verso Il Sole e il remake di Ore Disperate, il curriculum di Michael Cimino è forse uno dei pochi ad Hollywood a vantare più progetti non realizzati che realizzati. Tra i film che avrebbe dovuto dirigere e invece non ha diretto figurano commedie come Footloose e drammi durissimi come Nato il Quattro Luglio.

Oggi che è scomparso lo ricordiamo con il massimo dell’affetto quindi proprio a partire da quel grande fallimento, dal quel desiderio non apprezzato di girare il film più grande di sempre, il poema epico di tutta una generazione arrivato troppo presto o forse troppo tardi.

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