MIA 2017: il nostro resoconto del panel incentrato sul problema delle discriminazioni di genere

In un panel tutto al femminile si è affrontato l'attualissimo problema delle discriminazioni di genere

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Il MIA 2017 quest'oggi ci ha portato un punto di vista di fondamentale nel mondo dell'entertainment, quello femminile, con un panel che ha ospitato nell'ordine (nell'immagine in evidenza) da sinistra verso destra Eleonora Andreatta, head of drama di Rai Fiction, Rola Bauer, managing director di Studio Canal, Kate Crowe, head of TV di Scott Free Films, Helen Gregory, managing director di Pinewood Television, Katie O’Connel Marsh, CEO di Platform Media, Katherine Pope, head of TV Division di Studio 8 e Sally Woodward Gentle, CEO di Sid Gentle Films, moderate da Lorenzo De Maio, senior agent di Endeavor Content.

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L'incontro si è aperto con la proiezione di pochi e preoccupanti dati statistici che hanno dimostrato senza ombra di dubbio quanto il problema della disparità tra uomini e donne nel mercato dell'intrattenimento sia estremamente attuale, una realtà che - al di là dei numeri - le ospiti presenti in sala hanno confermato. Con le molte, moltissime proposte del mercato americano nella stagione 2016-17 si parla per esempio di percentuali come il 90,7% di registi uomini , il 95% di autori, e l’83% di showrunner, numeri che danno una chiara idea di un fenomeno che da dieci anni si presenta sostanzialmente sempre con le stesse percentuali, stagione dopo stagione, anno dopo anno, senza dare segni di reale miglioramento.

Considerato poi quanto accaduto negli Stati Uniti con lo scandalo di Harvey Weinstein, che non sembra tuttora placarsi e che sta causando una serie di ripercussioni, portando finalmente sul tavolo un problema che ad Hollywood tutti sembravano conoscere, ma nessuno ha mai avuto il coraggio di denunciare, il moderatore Lorenzo De Maio ha chiesto alle ospiti cosa significhi oggi essere una donna in questa industria proprio alla luce delle rivelazioni sul caso Weinstein e tutte si sono trovate d'accordo nel dire che sarebbe semplicemente opportuno cavalcare l'onda degli eventi e cercare di apportare dei reali cambianti, perché la questione della mancanza di figure femminili nell'industria dell'intrattenimento è vista ancora come un obbligo sociale. Bisogna assumere "almeno" un regista donna o avere qualche autrice nelle writer room per essere sostanzialmente a posto con la coscienza e pensare che la quota politically correct appena sfiorata sia sufficiente ad accantonare il vero problema.
Per quanto tutte le ospiti in sala abbiano posizioni di rilievo, tutte hanno inoltre concordato nel dire che fino a che i responsabili dei network, i veri decision maker, saranno per la maggior parte uomini, quella che è una vera e propria emergenza di genere non verrà mai davvero affrontata ed in questo senso hanno in molte portato una personale testimonianza su quanto hanno vissuto sulle propria pelle, facendo esempi di capi che, di fronte ad una platea di esecutivi per la maggior parte composta da donne che avevano indicato un particolare candidato per un ruolo di co-protagonista di una serie, al momento della scelta hanno affermato "no, gente, questo ad una platea di donne non piacerebbe affatto!" o di dirigenti che con aria quasi paterna hanno affermato "mi dispiace davvero per voi produttrici donne, lavorate il doppio di noi uomini e poi mandate tutto all'aria facendo figli". Insomma, storie di vita vissuta ed ordinaria follia, in un mondo che non sembra nemmeno essere pienamente cosciente della portata del problema.

In Italia la questione non è meno attuale, Eleonora Andreatta, direttrice di RAI Fiction, è la prima donna nel nostro paese ad aver raggiunto questa posizione e anche lei ha parlato di come la donna sia da sempre stata rappresentata in Italia come madre o protagonista di una storia d'amore, in un mondo capace di partorire personaggi maschili vari ed interessanti come Cattani o Montalbano. La Andretta ha parlato inoltre del suo desiderio di portare più varietà e maggiori sfaccettature nel modo in cui il sesso femminile è rappresentato nelle produzioni italiane ed in questo senso ha anche annunciato un nuovo progetto, in cui protagonista sarà una ragazza che si candida per la presidenza del Consiglio.

C'è stato anche spazio per una certa autocritica nelle parole di alcune delle ospiti di questo interessante ed attuale panel, come nel caso di Sally Woodward Gentle, direttrice creativa di Downton Abbey, che ha ammesso di essersi sentita in colpa perché spesso, nell'ambito del suo lavoro, le è successo di non sentirsi libera di poter rimanere a casa a curare uno dei figli malati, per le conseguenze che questa scelta avrebbe potuto avere sulla propria carriera, una decisione di cui ora, queste sono state le sue esatte parole, ancora oggi si vergogna.
Una delle riflessioni più interessanti scaturite da questo panel è quindi sorta proprio quando la professionalità delle ospiti si è scontrata con le loro necessità personali di madri di famiglia o mogli e dei sacrifici che hanno dovuto compiere per arrivare dove sono arrivate. La domanda, ce la siamo posti noi stessi e la rigiriamo a voi alla conclusione di questo incontro, è come sia possibile che l'industria dell'intrattenimento (o il mondo del lavoro in generale) dia ancora per scontato che uomini e donne debbano agire allo stesso modo o siano giudicabili con gli stessi parametri per ottenere il successo professionale, quando le loro responsabilità sono in realtà tanto diverse. La vera parità sta nel trattare univocamente tutti allo stesso modo o piuttosto nel dare a tutti le stesse opportunità, tenendo in considerazione tutti i fattori che possono influire sulla carriera professionale del singolo?

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