MIA 2017: l'incontro con gli showrunner Evan Katz, Frank Spotnitz e Chris Brancato

Evan Katz, Frank Spotnitz e Chris Brancato ci rivelano tutti i segreti e le sfaccettature del complesso e variegato lavoro degli showrunner, paragonando il mercato americano a quello europeo

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In questo sito avevamo già precedentemente parlato degli showrunner spiegando quali fossero i ruoli da loro svolti elle produzioni televisivi americane, ma i MIA 2017 ci ha dato l'opportunità unica di incontrare tre giganti del settore e di sentire dalle loro stesse voci in cosa il loro lavora consista, come si gestisce una writer room, il rapporto con Network e Studios e in che modo produzioni europee e americane differiscono.
Ospiti del panel sono stati (da sinistra a destra nell'immagine in evidenza) Evan Katz, produttore esecutivo e showrunner di  24: Live another day, Body of proof, The event e  24: LegacyChris Brancato, autore di più di duecento ore di televisione in serie come The X-Files, Law and Order: Criminal Intent, Hannibal e showrunner di Of Kings and ProphetsNarcos ed infine Frank Spotnitz, con una carriera ventennale alle spalle come autore in serie come The X-Files, Transporter, Strike Back: Project Dawn, Night Stalker, Robbery Homicide Division, The Lone Gunmen e showrunner della prima stagione di The Man in the High Castle e della serie Medici: Masters of Florence, moderati da Howard Davine, vice produttore esecutivo della dipartimento Business Operations degli ABC Studios.

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Brancato è stato il primo a parlare delle writer room (le stanze degli autori) e di quali siano le caratteristiche necessarie per diventare un buon showrunner, ovvero: essere un ottimo scrittore, essere un esperto nel campo della produzione televisiva, saper gestire altri autori ed essere in grado di gestire le critiche. Gli showrunner sono un tipico prodotto del modo americano di fare televisione, in un ambiente cioè in cui la figura dell'autore è quella che più di chiunque altro - tra registi o tecnici - è in grado di avere un'idea complessiva della direzione che una serie prenderà e, sempre secondo Brancato, professionalmente parlando una delle più grandi soddisfazioni del mestiere è quello di avere l'opportunità di vedere trasformarsi in realtà quelle che nascono come parole sulla carta. Di questo mestiere Katz ha ammesso di amare particolarmente le molte responsabilità che si hanno, ma anche l'opportunità di avere un ruolo decisionale, contrapposto ovviamente con il problema di doversi addossare la colpa quando invece le cose in uno show vanno male, senza però fare di un eventuale insuccesso una sconfitta personale.

Spotnitz, sulla falsa riga di quanto affermato da Katz, ha dichiarato che la parte migliore di questo mestiere è che il potere decisionale che ti dà, ti permette di fare esattamente il genere di show che hai mente, una libertà creativa che esiste solo nelle produzioni televisive e che il cinema non ti dà. La parte peggiore è avere a che fare invece con produzioni che in realtà non sanno come uno showrunner debba agire, finendo per limitarne la libertà di movimento, un'osservazione che - anche se Spotnitz non lo ha detto apertamente - potrebbe fare riferimento alla sua esperienza con The man in high castle, produzione dalla quale è uscito subito dopo la prima stagione, proprio per alcuni attriti con la dirigenza di Amazon che non approvava la direzione che lui voleva dare alla serie.

Tutti e tre gli autori si sono inoltre trovati d'accordo nel dire che una delle più grandi differenze nel lavorare per piattaforme come Netflix o Amazon, rispetto ai grandi broadcaster americani, è data dal numero minore di episodi da cui una stagione è composta: 22 contro 10/13. Nell'opinione di tutti gli ospiti è infatti sostanzialmente impossibile fare 22 episodi tutti ugualmente belli, mente è possibile scrivere 10 o 13 copioni tutti ugualmente coinvolgenti, una sfida che rende tra l'altro il lavoro dell'autore televisivo ancora più interessante, perché la qualità degli script, negli anni, è aumentata drammaticamente e, nel tempo in cui si produrrebbero 22 episodi, avere la fortuna di doverne farne sostanzialmente la metà, è un vero lusso, anche al netto di un minor guadagno.

Gli showrunner sono anche entrati nel dettaglio del loro lavoro, raccontando come funzionino le writer room, un ambiente estremamente creativo, arricchito da persone intelligenti ed insieme eccentriche, ognuna delle quali porta nello show le proprie esperienze di vita, che costituiscono un valore aggiunto per il loro lavoro, una ambiente che - quando funziona - è stato definito "un paradiso".

Katz ha spiegato che solitamente gli autori si riuniscono settimane prima dell'inizio di una stagione e che prima di mettersi individualmente a tavolino a scrivere gli episodi che vengono loro assegnati, decidono assieme quale direzione dare alla stagione o quale sarà l'evoluzione dei personaggi.
Messo a confronto con un ambiente così creativamente fiorente ed attivo e composto da personalità tanto vivaci, uno showrunner - a detta degli ospiti del panel - deve soprattutto avere capacità decisionali, per impedire che ci si limiti a parlare delle molte idee che si hanno, ma non si concretizzino mai, soprattutto quando si ha uno show da mandare in onda. Sia gli showrunner che gli autori in generale devono avere apparentemente alcune importanti e peculiari caratteristiche per lavorare serenamente in una writer room, non devono essere permalosi, ritrovarsi con numerose note/suggerimenti sul proprio copione è una cosa abituale in questo mestiere, non devono affezionarsi solo al proprio modo di scrivere e soprattutto non devono essere egocentrici e devono sempre tenere presente che tutti sono lì per servire lo show e non il proprio ego.
Altro elemento per comporre la perfetta writer room è avere la lungimiranza di non assumere necessariamente talenti simili al proprio, ma persone capaci di completarsi a vicenda e quindi in grado di rappresentare il più ampio spettro possibile delle innumerevoli sfaccettature che compongono l'esperienza umana, così come è altrettanto importante, per amministrare uno show, imparare a gestire le molte osservazioni o indicazioni che Network e Studios mandano agli showrunner, imparando a non reagire immediatamente alle loro osservazioni, ma a diventare dei veri e propri diplomatici in grado di prendere tempo, riflettere su quanto viene detto loro e poi agire, apprendendo anche l'arte di saper dire di no e tenendo sempre presente la storia che si vuole raccontare per evitare di appiattirla nel dare per scontato che tutti i suggerimenti o le indicazioni che ti vengono date siano davvero valide.

Spotnitz, in particolare, che dei tre autori presenti è quello con la più vasta esperienza internazionale, ha raccontato come le produzioni televisive europee stiano evolvendo e cominciando ad affezionarsi al ruolo degli showrunner, con il sistema di lavoro americano che sta lentamente, ma inesorabilmente, contaminando quello europeo, soprattutto in termini di efficacia e gestione dei budget. L'autore ha parlato anche del nostro mercato televisivo e di come all'estero vi sia un grande desiderio di storie italiane che vengono accolte sempre con maggiore interesse, soprattutto quando sono inserite nella spettacolare cornice che solo il nostro paese può offrire.

Il problema più complesso del lavorare per grandi produzioni europee, ha proseguito lo showrunner, è tuttavia quello di dover andare incontro non più solo alle esigenze e le richieste di un singolo network/studio, ma di tutti i finanziatori di un progetto, che in una serie televisiva internazionale co-prodotta possono essere davvero molti. Il fatto che la gestione pratica del lavoro di showrunner possa essere quindi più complessa che negli Stati Uniti, non impedisce tuttavia ad autori come Spotnitz di pensare che l'ambiente europeo sia in un momento di grande crescita creativa, una circostanza che permette di portare nel vecchio continente la loro esperienza, senza dover affrontare tutti i problemi dati dal saturo mercato americano.

E proprio a proposito del mercato americano, Brancato ha sottolineato come le numerose serie uscite negli ultimi anni diano l'illusoria impressione che l'ambiente delle produzioni televisive sia vivace e pronto ad accettare qualsiasi idea venga proposta loro, un preconcetto che lo showrunner ha definito assolutamente falso, perché nella realtà, mai come adesso, negli Stati Uniti è diventato difficile vedere un'idea concretizzarsi in una serie TV perché i network vogliono giocare solo sul sicuro e se dicono di sì, la maggior parte delle volte, è perché sono terrorizzati dall'idea che un loro concorrente si appropri di un'idea che gli era stata proposta e che loro avevano scartato, trasformandola in un successo.

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