MIA 2017: David Levine della HBO parla di Game of Thrones e Westworld

Il co-responsabile della programmazione per le serie drammatiche della HBO David Levine ospite del MIA

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David Levine, co-responsabile della programmazione per le serie drammatiche della HBO, ci ha introdotti in un mondo che sembra lontano anni luce dal nostro, in cui - 8 anni fa - ha cominciato a lavorare come consulente, senza avere nessuna esperienza nel campo della produzione televisiva, collaborando con show iconici come True Blood e Game of Thrones, fino ad arrivare al ruolo che ricopre oggi e che gli permette di avere un'ampia panoramica dei punto di forza di questo network.
Secondo Levine tutte le serie della HBO hanno infatti qualcosa in comune, amano creare degli universi a se stanti, con i responsabili della produzione che coltivano assiduamente il rapporto con gli showrunner, il cui lavoro è diametralmente opposto al suo, perché mentre i primi creano le serie, il suo ruolo è quello di aiutarli a realizzare la loro visione da una posizione che richiede comunque una certa sensibilità artistica.

Il motivo per cui gli show della HBO hanno tanto successo, in un mercato in cui la competizione è enorme e la qualità generale dei prodotti di altissimo livello, è - secondo lui - che il network accompagna gli show nel lungo cammino verso il successo in ogni passo, non ha fretta di vedere un prodotto andare in onda, ma vuole soprattutto che vi arrivi nei tempi e nei modi più adatti, tenendo alla visione che i creatori hanno della loro serie almeno quanto ci tengono loro, proprio come accaduto nel caso di Westworld, una serie che JJ Abrams li ha convinti a produrre quando ha parlato loro dell'idea di mostrare un mondo in cui i robot prendono improvvisamente coscienza di se stessi o come nel caso di True Blood, in cui fu l'idea di cosa sarebbe successo se i vampiri avessero cominciato a vivere liberamente tra gli uomini, a convincerli del potenziale dello show.
Se l'idea in sé è quindi fondamentale, ancora più importante per Levine è il tramite attraverso cui è sviluppata e cioè le menti di creatori come Jonathan Nolan e Lisa Joy (Westworld) che hanno scelto di trattare un tema molto oscuro che richiede allo spettatore di immaginare cosa significhi vivere una vita simulata e di conseguenza quale sia il nostro valore come esseri umani.
Lo stretto rapporto di collaborazione che si instaura tra gli showrunner e la HBO si evince anche dal modo piuttosto particolare in cui questo network gestisce il materiale creativo: a differenza di quello che abbiamo sentito spesso raccontare anche all'interno del MIA, i responsabili della programmazione non sono infatti soliti intervenire più di tanto con le scelte creative degli autori lasciando note sui copioni o facendo suggerimenti, ma creano un rapporto di scambio facendo loro continue domande, un modo di collaborare che il protagonista del panel ha definito "socratico", ma che permette anche di avere un atmosfera lavorativa basata sulla collaborazione e sul rispetto dei reciproci ruoli senza appiattire mai la storia ed il prodotto a cui si sta lavorando.

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Con David Levine non si poteva ovviamente non parlare del Trono di Spade, serie alla quale ha cominciato a collaborare da quando non esisteva ancora nemmeno un pilot o l'idea di come gestire i casting. Levine ha ricordato come tutte le persone coinvolte fin dall'inizio avessero la sensazione di avere per le mani qualcosa che avrebbe potuto avere un grande successo, ma che mai avrebbero immaginato che lo show avrebbe avuto un impatto mondiale sulla storia della televisione, perché al tempo avevano solo per le mani il materiale ispirato ad una serie di tre romanzi fantasy che non avevano ancora una conclusione, le cui prime stagioni erano solo scritte nella testa di George R. R. Martin come una sorta di idea appena accennata di epica faida familiare che si scatenava per il possesso di un trono e per strappare il potere alla famiglia che regnava con pugno di ferro da lungo tempo. Una visione che inizialmente si concentrò sull'aspetto politico-familiare della storia e che in qualche modo "ingannò" gli spettatori che si approcciarono inizialmente allo show pensando che parlasse di una faida familiare, per poi realizzare di essere invece diventati inconsapevoli spettatori della più grande serie drammatica fantasy della storia.
Il pubblico è poi rimasto ed è cresciuto anno dopo anno, stagione dopo stagione, perché i protagonisti hanno continuato ad evolversi, senza mai rimanere statici, una caratteristica di cui la HBO è particolarmente fiera, perché questa serie non parla di buoni o cattivi, ma di persone, che reagiscono e si comportano in certi modi a seconda delle circostanze, proprio come succede nella vita reale. Immaginare ai suoi esordi che Game of Thrones sarebbe diventato quindi uno show di tale successo era impossibile e sopratutto ora che la fine si avvicina inesorabile è molto complesso anche solo immaginare cosa potrà venire dopo. Nella fattispecie Levine ha spiegato di non avere paura del futuro o timore di prendere decisioni, ma ha anche ammesso di essere perfettamente consapevole del fatto che sarà difficile replicare un successo come quello del Trono di Spade, soprattutto ora che hanno l'opportunità di produrre una serie che rivaleggia con una grande produzione cinematografica.
Il responsabile della programmazione si è anche dimostrato particolarmente di spirito quando ha rivelato un "inside joke" all'interno del network secondo cui il solo ed unico protagonista della serie sarebbe in realtà il trono, perché sarà anche l'unico a sopravvivere a tutti i protagonisti.

Parlare, come anticipavamo, del futuro dopo questa serie e di un possibile erede non è un argomento facile e Levine non crede che Westworld, nella fattispecie, potrà avere questo ruolo e non certo perché sia una serie di minore qualità, ma più che altro perché si sta sviluppando con il suo proprio caratteristico passo, molto diverso da quello di Game of Thrones e soprattutto con diverse sfide, come per esempio quella di dover sviluppare il carattere di personaggi che sono di fatto dei robot, facendolo quindi quasi senza che il pubblico se ne renda conto. Ma al di là di queste considerazioni la verità è che secondo il protagonista di questo incontro, qualunque serie potrebbe diventare il prossimo successo del network per motivi che potrebbero non avere nulla a che spartire con Game of Thrones, così come non è affatto detto che i vari progetti di spinoff dello show avranno lo stesso richiamo in termini di pubblico della serie da cui traggono ispirazione.

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