Maze Runner: La Rivelazione segna la fine dei franchise Young Adult?

Con Maze Runner: La Rivelazione sembra che il genere abbia esaurito non solo creatività ma anche appeal presso il pubblico, scavallando la curva d'interesse

Critico e giornalista cinematografico


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Con Maze Runner: La Rivelazione, capitolo finale della saga di Maze Runner, forse siamo al tramonto del genere che ha preso il nome dal suo target d’elezione, lo young adult (da qui in poi YA). È quel tipo di film tratto da una serie di romanzi, concentrato su protagonisti non adolescenti ma nemmeno adulti, che racconta in 3 o 4 film la storia solitamente di una ragazza, in quello che spesso è un futuro distopico o un presente in cui esiste una dimensione fantastica che solo pochi conoscono o vedono, costretta a combattere per affermare il proprio diritto ad una vita tranquilla contro un sistema più grande.

La saga di Maze Runner non è stata particolarmente amata in patria, ma con gli incassi all’estero è stata in grado di garantirsi la sopravvivenza fino alla fine della trilogia (nonostante un pesante stop di due anni dovuto ad un terribile incidente occorso sul set al protagonista Dylan O’Brien da cui si è dovuto riprendere) e sembra segnare una fine sia delle idee che del gradimento del genere. Non che sia esaurito del tutto, altrimenti Maze Runner non sarebbe andato avanti, ma l’impressione è che l’interesse abbia scavallato la sua punta dopo quasi 10 anni di esistenza.

Occorre precisare che quelle dei film YA sono trame sempre esistite (Narnia, Oliver Twist e Il Signore Delle Mosche sono tutte storie che oggi definiremmo YA) ma la loro forma cinematografica più moderna la si deve principalmente al successo di Twilight (anche se un grande precursore è stato Harry Potter). Sono storie passate attraverso Hunger Games e il suo clone meno felice, Divergent, attraverso tentativi di franchise abortiti da magri incassi come Beautiful Creatures, Shadowhunters - Città di Ossa, Percy Jackson ed Ember. Anche il successo di 50 Sfumature di Grigio è figlio diretto di questo genere (nasce come fan fiction di Twilight).

Sono film che hanno raccontato quasi tutti la medesima situazione attraverso cornici fantastiche differenti. Quella di una generazione di ragazzi che entra in aperto conflitto con la generazione dei genitori, stufa dell’oppressione. Non sono le storie di rivoluzione di fine anni ‘60 e inizio anni ‘70, né sono le storie di desiderio di frivolezza e libertà degli anni ‘80 (che spesso diventavano storie di desiderio d’avventura), né ancora sono storie dure di cupi amori degli anni ‘90.
E proprio questo carattere di “storia di formazione” forse è ciò che, assieme ad una diversa considerazione del ruolo della donna in tanti ambiti diversi, ha contribuito al particolare successo delle declinazioni femminili del genere. Perché la storia di formazione femminile è un genere molto più solido e dalla tradizione più antica di quella maschile.

Guardando al genere YA, e in particolare all’ultimo capitolo di Maze Runner, il più chiaro ed evidente negli intenti, è possibile intravedere il mondo per come è stato raccontato ai ragazzi, uno in cui non ci sono possibilità fornite dalla classe dei genitori e tutto va abbattuto, azzerato e riformato (a differenza dei film anni ‘80, in cui il sistema era una placida culla a cui tornare dopo l’avventura, non il problema ma la soluzione). Uno in cui non c’è nessuna fiducia nelle organizzazioni tradizionali, perché sempre nei film YA i “ribelli” o “rivoluzionari” che si oppongono nel secondo film al regime che abbiamo riconosciuto come i “cattivi” nel primo, si rivela nel terzo o quarto film altrettanto interessato alla conquista del potere. Un mondo infine in cui i pochi adulti buoni sono individui danneggiati da ragazzi o distrutti dal sistema.
Sarebbe eccessivo e troppo pretestuoso leggere in questi film la rappresentazione dei molti movimenti politici scettici e anti-elitari che guadagnano consensi nel mondo (soprattutto perché sono votati da adulti e anziani in primis). Di certo però questi film rispecchiano la ben nota fine delle ideologie presso la categoria dei ragazzi, la stessa che decenni fa era la più fervida promotrice di questi.

A livello narrativo i film YA non sono nulla di eccessivamente “nuovo”, come ogni sottogenere che si rispetti sono anch’essi una variazione su un canovaccio noto, quello della distopia o del fantasy, incrociato con il teen movie avventuroso.
Però è anche vero che lo YA con le sue eroine femminili di immenso successo ha raccontato come mai prima (per continuità e impatto) l’avventura al femminile. Di fatto fondando un modo nuovo di concepirla. Non è l’avventura di Nikita (una donna che si comporta come un uomo), ma una in cui i termini del confronto, i rischi e le possibili soluzioni sono tutte più vicine ad un modo di pensare femminile invece che al solito che conosciamo nel cinema d’azione e fantascienza, cioè quello maschile. Uno in cui, per dirla in maniera più immediata, anche il modo in cui ci si presenta (acconciature, trucco e abiti) è parte delle armi, ha un’importanza determinante e gioca nel mondo il medesimo ruolo che gioca nella vita di una ragazza.

Addirittura, caso più unico che raro, negli ultimi anni sono stati proprio i film YA con protagonisti uomini, di cui Maze Runner è l’esempio migliore, ad adattare a sé le svolte e i punti di forza degli equivalenti di maggiore successo femminili, tanto quanto l’ardore nel mostrare con forza il proprio universo di valori. In La Rivelazione ad esempio vediamo un bromance esasperato e molto enfatizzato, come non capitava da anni.

Qualora davvero fossimo al tramonto del genere non significa che da qui in poi non vedremo ancora altri esempi del genere, non finisce di colpo. Semmai è probabile che non vedremo più immensi successi di questo genere, perchè con Maze Runner pare di capire che sia morta la fase dei grandi blockbuster, la parte grossa del trend e la spinta propulsiva migliore.

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