Maze Runner – Il labirinto poteva essere una svolta
Maze Runner – Il labirinto compie dieci anni, e non ha lasciato il segno quanto avrebbe meritato
A meno che non siate veramente molto giovani, ricorderete senza dubbio il momento dell’esplosione del fenomeno young adult. Non che fosse una novità, i libri di genere per ragazzi sono sempre esistiti, ma tra Harry Potter, Twilight e Hunger Games (per non parlare di quelli che ci provarono fallendo miseramente, come Eragon), gli anni Duemila sono stati caratterizzati anche da un’enorme mole di prodotti pensata per un pubblico adolescente e che mischiavano fantasy, fantascienza oppure horror con il tipico teen drama. In mezzo a questa massa amorfa che ci ha regalato qualche gioia ma anche parecchi dolori (Mortal Instruments…), c’è una trilogia che spicca per non spiccare abbastanza: tratto dai romanzi di James Dashner, Maze Runner – Il labirinto ne è il primo capitolo, che compie proprio in questi giorni dieci anni.
Maze Runner – Il labirinto non ha lasciato eredi
Ottimamente ricevuto dalla critica, successo notevole al botteghino dove incassò dieci volte tanto il suo budget, Maze Runner – Il labirinto ha il solo vero difetto di non essere riuscito a fare scuola né a lasciare eredi. I cloni di Harry Potter si contano ovviamente sulle dita di parecchie mani, per non parlare di quelli di Twilight, e anche Hunger Games ha segnato in maniera decisiva il genere almeno a livello di immaginario ed estetica. Il film di Wes Ball, invece, è rimasto tristemente inascoltato: dal 2014 a oggi non è uscito nulla che si possa definire “ispirato a Maze Runner – Il labirinto”.
È anche vero che il film (e il romanzo da cui è tratto) è a sua volta “ispirato a…”. Senza il successo di Hunger Games è difficile pensare che Hollywood avrebbe rischiato finanziando un prodotto in teoria per ragazzi ma così cupo, oppressivo e senza speranza – per non parlare del fatto che quella di Maze Runner è una vera trilogia, che lascia dunque le cose in sospeso alla fine del primo capitolo: se non sei sicuro di incassare, è sconsigliabile lanciarsi in un’impresa del genere. Ma come detto, Jennifer Lawrence aveva aperto la strada per un approccio meno fiabesco e puccioso allo young adult appena due anni prima, e Il labirinto fu, se non il primo, sicuramente il migliore a imparare la sua lezione.
La lezione di Hunger Games
Come detto, uno dei segreti del successo (immediato, ma anche sotterraneo, visto che negli anni non ha perso un’oncia della sua fanbase, anzi ne ha guadagnata) di Maze Runner – Il labirinto è, per farla brevissima, di non essere potteriano – e non è un caso se anche gli ultimi romanzi di J.K. Rowling siano meno potteriani e più virati alla cupezza. Racconta sì una storia di adolescenti, ma non si concentra solo su di loro e sui loro rapporti; è un film molto affezionato alla sua ambientazione, alle sue regole e soprattutto ai suoi misteri. È distopico in maniera quasi brutale: non sappiamo (all’inizio, almeno) se davvero là fuori ci sia stata un’apocalisse, o se il mondo sia governato da una brutale dittatura, o in generale nulla di quello che accade al di fuori delle mura del labirinto del titolo; ma sappiamo che non dev’essere un granché, per usare un eufemismo. Di solito, quando in un film un personaggio è intrappolato da qualche parte, tutto quello che gli interessa è uscirne; in Maze Runner – Il labirinto non è chiarissimo se scappare sia davvero una buona idea.
Il merito di tutto questo va soprattutto a Wes Ball, che qui era al suo debutto e che strappò la sedia da regista a Catherine Hardwicke grazie a un corto artigianale da lui girato a mo’ di presentazione. In varie interviste dell’epoca, Ball citò come ispirazioni principali Lost e Il signore delle mosche, ignorando quindi gli altri rappresentanti del genere nel quale si stava muovendo; della prima prende il senso di mistero, la curiosità di sapere che cosa si trovi dietro il metaforico angolo, mentre del secondo l’idea di una società autosufficiente di ragazzini, con i suoi inevitabili scontri di potere. Il mix di meraviglia e angoscia che si ottiene unendo le due opere è la cifra stilistica di Maze Runner – Il labirinto, e il motivo per cui spicca ancora oggi nel genere.
(Ne approfittiamo per segnalare quella che potrebbe essere stata un’ispirazione per James Dashner, l’autore dei romanzi originali, o quantomeno un’idea molto simile seppur sviluppata in modo più strettamente fantasy: il ciclo di Death Gate di Margaret Weis e Tracy Hickman, dove un’intera popolazione viene tenuta prigioniera in un letale labirinto che cambia ogni giorno conformazione).
Meno amore, più sangue
C’è poi una caratteristica di Maze Runner – Il labirinto che si andrà un po’ a perdere nei film successivi, ma che rende questo primo capitolo un unicum nel panorama young adult: il fatto che si parli pochissimo di amore, se non mai. Di solito il genere è caratterizzato dalla presenza di amori e amorazzi vari, che tendenzialmente si manifestano sotto forma di triangoli che vedono coinvolti la protagonista e due maschi egualmente meritevoli delle sue attenzioni. Il film di Ball è, per la maggior parte del tempo, popolato di soli maschi, nessuno dei quali interessato al suo stesso sesso – in realtà, nessuno di loro sembra interessato al sesso in generale, preferendo concentrarsi sulla sopravvivenza.
Dopodiché, il personaggio femminile d’ordinanza a un certo punto arriva, ha la faccia di Kaya Scodelario e diventerà via via più centrale con l’incedere della trilogia. Ma non viene trattato come oggetto del desiderio, né come una strana creatura: anche lei rimane intrappolata nel labirinto senza sapere perché, e anche lei vuole uscirne. Il rapporto tra Teresa e Thomas (nomi scelti per omaggiare L’insostenibile leggerezza dell’essere, un romanzo che a parte quello non c’entra nulla con Maze Runner – Il labirinto) non è quello classico da storia young adult, e meno male: una storia d’amore ficcata a forza avrebbe rovinato l’atmosfera e sarebbe sembrata fuori posto (un’altra caratteristica vincente di questo classico mancato è l’equilibrio). Niente bacetti, solo lotta per la sopravvivenza: non escludiamo che sia proprio questo uno dei motivi per cui Maze Runner non ha lasciato eredi…