L'eredità del redpilling in Matrix Resurrections
Dopo il primo Matrix il termine redpilling ha avuto una propria vita, finendo dove nessuno pensava. Ora Matrix Resurrections cerca di rivedere il tiro
Prendere la pillola rossa è quindi progressivamente diventato sinonimo di “approfondire”, poi “superare la narrazione dei media” e infine, attraverso una serie di meme e appropriamenti da parte dell’estrema destra americana, è diventato il sinonimo di non credere al femminismo e alla sua propaganda, ma accettare di vivere in un mondo dominato dalle donne, in cui gli uomini (le vittime) non possono lamentarsi. In quest’ottica redpilling è l’atto di svelare questa verità (solitamente tramite una galassia di siti che sfornano fake news a getto continuo) e redpilled è l’aggettivo di chi è stato convinto da queste idiozie che si vendono come grandi rivelazioni.
Il nuovo Matrix Resurrections nel suo essere metacinematografico e rappresentare la vita fasulla (perché frutto di simulazione) di un programmatore di un videogioco chiamato Matrix che poi è il film del 1999, è conscio di questo esito del termine redpilling. Nessuno lo dice apertamente nonostante poi si parli senza remore di altri elementi tecnici del film come il bullet time, ma ad un certo punto l’Analista, il personaggio interpretato da Neil Patrick Harris, fa riferimento a “I fatti non tengono conto dei tuoi sentimenti”, che è uno dei mantra di quella stessa destra americana. L’Analista in parole povere ragiona in quella maniera lì, abbraccia quella sottocultura. E in un certo senso il film cerca di riprendersi l’uso della pillola rossa.
L’idea molto diffusa che ci sia un complotto, che ci siano false notizie che creano una visione distorta della realtà, che ci sia tutto un mondo di menzogne mainstream da combattere è abbracciata anche dalle élite (negli Stati Uniti poi un presidente e un partito ne hanno fatto un mantra), quella del risveglio grazie alla pillola rossa è diventata la narrazione dominante di chi vuole raggiungere l’opposto, cioè di chi vuole continuare a creare una realtà finta per i propri interessi. E questo racconta Matrix Resurrections, che ci facciamo noi da soli ogni giorno la nostra Matrix credendo a falsi liberatori (falsi Morpheus), che Neo pensa di esserne fuori, di essere l’artefice del videogioco e invece si imbottisce ogni giorno di manciate di pillole blu (l’immagine più bella del film).
Non che tutto questo abbia qualche speranza di essere compreso da chi è invasato dalla cultura dello svelamento dei complotti. Né che poi tutto ciò possa realmente annullare la sottocultura che involontariamente è stata fomentata dal primo film, questo tipo di movimenti sarebbero antistorici (come quando Oliver Stone con il secondo Wall Street voleva distruggere il fatto che il suo villain Gordon Gekko fosse diventato un mito per molti), ma se non altro il più metacinematografico dei lavori delle Wachowski non è impermeabile a tutto questo. Anzi ne tiene conto.