Matrix Resurrections: Lana Wachowski e il cast raccontano come è nato il film
Lana Wachowski e il cast raccontano come è nata l'idea di Matrix Resurrections e parlano dell'impatto che ha avuto su di loro la saga
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RITORNO A THE MATRIX: PERCHÈ ORA È IL MOMENTO GIUSTO?
Lana Wachowski:
Tutta la mia arte deriva da un luogo emotivo. Penso alle cose in maniera intellettuale, ma tutto è guidato dalle sensazioni. Il desiderio di dire qualcosa con il cuore, rivolto al cuore delle persone. E tutto mi è apparso più chiaro nel corso della mia carriera. Per me “Cloud Atlas” è stato un film innovativo, artisticamente, e poi Sense8 è stato probabilmente il mio film più autobiografico, la vera me. E ho voluto mettere la stessa anima nella trilogia. La trilogia è un amore bellissimo, la lotta dell’essere umano e il significato delle nostre vite—nel film c’è questo e molto altro. Quando ero più giovane, ero combattuta da tutto questo. Ma, volevo che questa me più adulta, questo cuore più grande, facesse parte della trilogia di “The Matrix”. Questa è una delle ragioni per cui ho scelto di tornare. Dopo aver terminato Sense8, che è stata l’esperienza più alta, ci sentivamo come se non avessimo più nulla da fare. Neanche Lily voleva continuare a fare film, perciò decidemmo che per il momento bastasse così. Poi i nostri genitori si sono ammalati, e io e mia moglie siamo tornati a Chicago sistemandoci a casa loro, prendendoci cura di loro negli ultimi momenti delle loro vite. Una notte, mi sono svegliata in preda al panico, e con il dolore che stavo provando per i miei genitori in fin di vita, il mio cervello ha immaginato una storia che sarebbe stata di sollievo. Quindi, questi due personaggi che erano morti, una notte sono risorti e io li ho riportati in vita—Neo e Trinity. Ed ho immediatamente risposto al gancio dell’idea con la quale mi ero svegliata, così sono andata al piano di sotto ed ho iniziato a scrivere.
MATRIX RESURRECTIONS: L'EVOLUZIONE DELLA REGIA DI LANA WACHOWSKI IN
Lana Wachowski:
Quando un evento tragico mi ha convinto a ritornare sul set, ho voluto circondarmi di amici, e il produttore James McTeigue è stata una delle prime persone che ho chiamato, e gli sono molto grata per aver accettato. Tutti e due avevamo voglia di tornare al lavoro su questo progetto: perché dopo “The Matrix” le nostre vite sono cambiate, ci ha insegnato qualcosa di veramente profondo nella realizzazione dell’arte. Fare arte è trasformazionale, se ci metti il cuore e tutto te stesso, ti cambia. Quindi, volevamo riprendere dalla fine per dimostrare quello che avevamo imparato. Ed è tutto in questo film. Ho sviluppato un nuovo stile di girare durante Sense8 — John Toll e Daniele Massaccesi [direttori della fotografia], e James, insieme abbiamo creato questo stile—che mi dà modo di essere super flessibile, uno stile di continua improvvisazione. La troupe è stata fottutamente incredibile. E poi, naturalmente, il brillante David Mitchell [sceneggiatore] ha riassunto tutto perfettamente dicendo, “Non è il quarto rettangolo in una serie di rettangoli, quanto piuttosto un rettangolo che racchiude tutti i precedenti rettangoli”.
Sono evoluta come persona ed artista, sentendomi sempre più a mio agio con le incertezze—in realtà hanno iniziato a piacermi. Ad esempio, il sole è il mezzo più aleatorio per dare la luce a un film. È sempre imprevedibile. Non sai mai quello che ti può dare. Non sai mai come rimbalzerà, quale quantum magico aggiungerà ad un’immagine. E all’inizio ero terrorizzata dal sole, perché non sapevo mai cosa avrebbe fatto. Poi ho conosciuto John Toll, e lui mi ha insegnato ad amare il sole. E amare il sole mi ha portato ad amare l’incertezza. Quando un attore crea magia in un momento in cui il sole splende, formano cose che non avresti mai immaginato—è come la più grande delle energie—e per me è un’emozione fortissima. Perciò, eravamo sempre alla ricerca e cambiavamo di continuo. Poi è arrivato James e si è innamorato di questo stile—ognuno ha la sua cinepresa e gira dal suo punto di vista, cercando di cogliere attimi, di cogliere la bellezza. Il sole splende ed è perfetto per 20 minuti, così abbiamo provato a girare una scena di dialogo di sei pagine, in quel breve lasso di tempo. Quasi in tempo reale, abbiamo girato panoramiche, piani americani e primi piani. Tutto quello che ci serviva in modo improvvisato. E questo è ciò a cui ho provato di rimanere fedele, quando sono tornata nel mondo di “Matrix Resurrections”. Invece di essere ancora precisa, ho scelto di portare l’energia dell’improvvisazione.
Keanu Reeves:
Se devo parlare di Lana, la regista con la quale ho lavorato alla trilogia, alla Lana di “Matrix Resurrections…”, Prima di tutto, lei ha lavorato con John Toll [direttore della fotografia], che le ha insegnato alcune cose sulla luce naturale. Quindi, la mia esperienza [nella trilogia] era di vederla dietro a un monitor, ora invece è davanti—naturalmente, fa sempre riferimento al monitor. La sua evoluzione come regista è straordinaria. Adesso è un’artista interessata alla luce naturale, che vuole stare accanto alla cinepresa e connettersi letteralmente ad essa, e diventare una cosa diversa che non ho mai visto prima. Sapete, c’è un’immediatezza molto differente. La pianificazione rimane la stessa—piano, prova, ripresa. Adesso invece è, “pronti… via”. Come dice Lana, “Impariamo facendo” e lei sa il fatto suo, giusto?
Carrie-Anne Moss:
Come era prima di girare la trilogia… era veramente difficile fare tutte le cose alla perfezione. Rimanere immobili. All’epoca potevo sentire la voce di Lana nella mia testa. Non è semplice da spiegare, ma sembrava che io fossi la sua estensione mentre interpretava la parte. Ho sempre sentito di dovermi mettere al servizio dei miei registi—ma non succede ogni volta, e non so spiegare il perché. Ma, dopo l’esperienza di attrice in tre film, mi sono arresa al fatto di dovermi mettere al servizio di una visione creativa. Non ho mai combattuto per le mie idee—non è che avessi un punto di vista ma cercassi di essere umile. Era una trasmissione che c’era fra di noi che ha creato lei, ha creato Trinity.
Diventa interessante, perché il modo in cui lavora adesso Lana, è assolutamente il modo che piace a me di lavorare. Mi ricorda quando facevo lezione di recitazione—tutto il bello di quel tempo—e l’insegnante ti lanciava delle idee. Adoro quel tipo di ambiente. Richiede molta flessibilità e di essere completamente a disposizione per ogni cosa, che secondo me è la cosa migliore. Nelle scene di azione… non ho un gran talento per le arti marziali. Imparo le mosse come fosse una danza con la flessibilità richiesta, Non ho proprio tanta maestria. Perciò, è lì che devo continuare ad essere flessibile mentalmente, perché all’improvviso, tutto cambia—parte A e C, ma ho imparato anche A, B, C, D. Ma è bello essere pungolati. Mi ricordo le sensazioni di essere madre di tre figli piccoli—vivi in una sorta di nido confortevole. E poi tornata al lavoro, mi sembrava quasi di non riuscire a parlare alle persone, perché avevo parlato a delle persone piccole per così tanti anni. Avevo quasi timore di uscire dalla mia piccola vita… ma nonostante tutto, dato che era una vita così comoda, mi è piaciuto abbandonarla per un po’. Anche se lasciare la mia comfort zone è stato importante, e questo progetto mi ha aiutato a farlo ad un livello completamente differente. In realtà mi ha fatto diventare una madre migliore, perché ho dovuto far spazio ai miei figli affinché uscissero dalla loro comfort zone, in un modo che una madre naturalmente non vorrebbe mai. Si pensa sempre a tenerli al sicuro e vicino a sé stessi. Si tratta veramente di arte che comunica con la vita. E la vita che comunica con l’arte, proprio quello che stiamo facendo. Lana voleva che lo facessimo ed è l’unico modo in cui lei voleva che lo facessimo. Farne parte è stato veramente bellissimo.
L'IMPATTO DEL FENOMENO MATRIX SUL CAST
Lana Wachowski:
Penso che l’energia di “The Matrix”, abbia stabilito il tono della carriera mia e di Lily. Abbiamo sempre cercato persone che sentivano di poter fare le cose in maniera diversa, che non dovevano usare sempre lo stesso metodo… in cerca di sfide, fuori dalla loro comfort zone e dal loro campo di esperienza. Questo è un po' ciò che sono io come essere umano e, probabilmente, come artista: sprono le persone a fare le cose che non pensavano fossero capaci di fare. E che forse anche io stessa non pensavo di saper fare.
Carrie-Anne Moss:
A volte mi è sembrata una cosa dell’altro mondo, quasi un sogno per me, perché è stata un’esperienza incredibile—certe volte mi davo dei pizzicotti perché non credevo che stava succedendo per davvero. Mi accorgo di aver avuto qualcosa di speciale, tipo 20 e passa anni fa, e adesso un’altra volta… non succede poi così spesso. Essere di nuovo qui, avere un’altra occasione—con tutta la crescita che abbiamo avuto da quel momento, come tutti noi siamo cambiati—tutto sembra bello e incredibile. Sembra quasi un regalo. Auguro a chiunque di trovarsi in una situazione creativa che richieda molto a loro, ma che allo stesso tempo ricevano lo stesso supporto. Per me questo è un dono. Questa è Trinity, non è vero? Questa è la trasformazione di Trinity. È come se, quello che ho ottenuto da quando avevo 30 anni fino ad oggi—quindi parliamo di 23 anni, le cose che ho dovuto tirare fuori per interpretarla, siano state la parte maggiore di quello che amavo, ed è proprio quello che mi porto dietro nella vita reale.
Yahya Abdul-Mateen II:
“The Matrix” è qualcosa permeato della nostra cultura, già dalla sua prima uscita. Non c’è mai stato un momento in cui ha subito una crisi—il concetto della scelta contro la prosecuzione cieca, del percorso che siamo destinati a prendere, la pillola rossa contro la blu. Questo discorso ha trovato spazio nella nostra cultura già dall’accoglienza del film. Per non parlare dell’influenza sui costumi, sulle scene d’azione, sul modo in cui fu girato il film—qualcuno ha pure provato a duplicare alcune scene dal film. Fa tendenza ancora oggi—e spero che il nostro film continui questa tradizione.
Neil Patrick Harris:
Sembra quasi che l’idea di “The Matrix”, sia durata molto più dei 20 anni passati dalla prima uscita. La gente usa termini come, “Scegli la pillola rossa?” in svariate e diverse maniere. Penso che sia un punto di riferimento molto forte. Anche io rimasi affascinato dal film, e forse adesso ancora di più perché seguo il processo della realizzazione del film. Mi piaceva tantissimo guardare il “making of” del film sul DVD—dove si trovavano i loro punti di riferimento, l’aspetto dello storyboard e l’ideazione di nuove tecnologie all’interno del film—lo trovavo molto molto emozionante. Lo guardavo con l’interesse di chi ama la lezione, ma anche per molti versi come uno studente che impara il processo di realizzazione.
Priyanka Chopra Jonas:
“The Matrix” è un mondo molto complicato. Nessuno lo capirà mai come Lana, ovviamente. Ogni volta che guardiamo i film, salta fuori sempre qualcosa di nuovo. E quando chiedi a Lana come abbia fatto a creare quel mondo, è fenomenale, e perciò fare parte di “The Matrix”, è veramente una parte iconica del cinema, e io sono stata molto felice di farne parte.
Jada Pinkett Smith:
Sento sempre dire dalle persone, come “The Matrix” abbia influenzato le loro vite. Ho conosciuto ragazzi che hanno fatto dei corsi al sulla filosofia e sulle idee di, “The Matrix”. Ora che i miei figli sono cresciuti, hanno visto quei film che scatenano domande esistenziali—direi che anche loro siano stati influenzati dalla trilogia. Ancora adesso adorano quelle storie, ma dato che i film sono pieni di concetti così profondi… si sono divertiti a parlare con me su idee specifiche, e di come in qualche modo io dovessi avere delle informazioni speciali, considerato che io ne ho fatto parte (RIDE).