Marvel Studios al capolinea? Sicuramente serve una svolta | Bad Movie

Nel Bad Movie di questa settimana partiamo dall'analisi del caso The Marvels per parlare della crisi in atto ai Marvel Studios

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Il Bad Movie della settimana è The Marvels di Nia DaCosta, uscito al cinema l'8 novembre

Pre-Premessa

Victoria Alonso è stata licenziata, Jonathan Majors non può più essere il nuovo Thanos e anche Kevin Feige non sta troppo bene.

Premessa

Ci siamo permessi di parafrasare alla lontana Eugene Ionesco per commentare il 2023 della Marvel e di rimando del Marvel Cinematic Universe. Victoria Alonso, figura chiave dal 2015 della straordinaria Fase Tre, viene rimossa quest'anno dal suo incarico. Sappiamo che Alonso, in passato, era colei che veniva mandata da Feige per panel e tavole rotonde in giro per il mondo, tra Festival e fiere, dimostrando quindi di essere figura essenziale, sua de facto “numero 2” e rappresentativa dello studio. Jonathan Majors, attore sulla cresta dell'onda a Hollywood fuori e dentro Marvel ma essenziale come nuovo possibile Thanos a partire da prima stagione tv di Loki, è al momento bruciato per guai giudiziari. Kevin Feige, ex assistente dei produttori esecutivi Lauren Shuler Donner e poi Avi Arad, è tutt'ora il Presidente dei Marvel Studios. Ma rispetto ai tempi in cui il regista di Ant-Man Peyton Reed ci confidava a Londra che le memo di Feige erano impressionanti per cultura e conoscenza del materiale Marvel, ci chiediamo se non abbia leggermente perso la bussola. Dopo aver visto The Marvels.

Che fatica

È il commento che ci sentiamo di fare dopo aver visto il film di Nia DaCosta. È la prima volta che si sente Marvel arrancare, soprattutto dalla nascita del Marvel Cinematic Universe ovvero dal 2008 di Iron Man. In passato i film sono stati giudicati a volte troppo garruli, troppo lunghi, troppo ammiccanti ma c'era sempre un tema, un genere cinematografico di riferimento, un attore, una trovata o nel peggiore dei casi una sequenza che salvava opera e operazione. E così, film dopo film e fase dopo fase, siamo arrivati alla pellicola numero 33 dell'MCU. The Marvels, per la prima volta, ci lascia insoddisfatti e perplessi dal punto di vista editoriale. È come se, dopo il capolavoro assoluto Avengers: Infinity War e la potente prosecuzione Avengers: Endgame, lo studio gestito da Kevin Feige sia ancora schiacciato dal ricordo della portentosa lotta contro Thanos. Analizziamo il dopo dittico da favola Infinity War / Endgame (2018-2019) che riempie i cinema del mondo pre-covid, conclude il viaggio di un cast formidabile composto dai veterani Robert Downey Junior & Co, fa pensare a possibili Oscar e, di contro, scatena la “guerra di religione” di Martin Scorsese. In quegli anni memorabili le sale pre-Covid esplodono di gente in delirio, il pubblico mostra di capire e adorare il piano editoriale di Feige & Co e il concetto stesso di cinema come spettacolo nazionalpopolare di massa trova uno dei suoi vertici massimi dalla nascita di questa giovane arte ovvero il 1895. Alla fine è giusto ricordare che proprio in relazione al successo di quel tempo che oggi ci sembra lontanissimo, Martin Scorsese se ne esce con la sua insensata e ignorante crociata: “Marvel non è cinema” che tanto galvanizza alcuni pseudo-cinefili e purtroppo anche critici cinematografici. Ma cosa è successo dopo quegli anni di trionfi e deliranti polemiche?

Da Spider-Man: Far From Home a The Marvels

Da quel momento tutto leggermente calante anche se Spider-Man: Far From Home (2019) aveva la mitica battuta del Professor Harrington (“Did I tell you how my wife pretended to blip out?”) che già valeva tutto il film per come assorbiva l'apocalisse thanosiana dentro la commedia adulta di coppia. E poi in Black Widow (2021) ecco un'ottima Florence Pugh mentre Shang-Chi (2021) ci mostrava la freschezza di Simu Liu. Eternals (2021)? Avevamo forse incontrato il nuovo Thanos nella poderosa nuova minaccia di Arishem. Spider-Man: No Way Home (2021) segnò l'emozionante ritorno dei vecchi Spider-Man con Garfield che faceva quello sfigato e Marvel che spazzava via la paura da Covid anche in Italia riempendo di entusiasmo i cinema a differenza dei nostri Freaks Out e Diabolik. Doctor Strange nel Multiverso della Follia (2022) ci ricordava l'occhio estetico di Sam Raimi per i suoi demoni femminili con capelli scossi dal vento (per non parlare di quella immensa sequenza di lotta musicale che Raimi suggerì a Danny Elfman). Thor: Love & Thunder(2022)?Come non emozionarsi per lo struggente amore tra malattie terminali, e squallide flebo da ospedali per mortali, tra l'immortale Thor di Chris Hemsworth e la cagionevole Jane Foster di Natalie Portman? Black Panther: Wakanda Forever (2022) riuscì nel rendere perfetta la fusione tra la morte di Boseman e quella del suo T'Challa. Ant-Man and the Wasp: Quantumania (2023)? Che divertente il discorso sulle formiche socialiste e poi occhio all'arrivo, dentro un film, di Jonathan Majors come Kang dalla serie Loki. Per non parlare della nobilmente strappalacrime chiusura della parabola di Rocket Raccoon in Guardiani della Galassia Vol. 3. In tutte queste opere c'era sempre almeno “una cosa” che salvava ognuno di questi film dall'indifferenza anche se si sentiva che mancasse un disegno (o forse era troppo presto per leggerlo?). The Marvels, purtroppo, non ha niente di tutto ciò.

Le parti sono meglio della somma

Ci eravamo innamorati di Carol Danvers con il miglior revival anni '90 visto su grande schermo: Captain Marvel (2019) incastrato alla perfezione dentro il dittico Infinity War / Endgame (ricordatevi il geniale quasi “fuc*” pronunciato da Nick Fury mentre scriveva proprio a Carol alla fine di Infinity War). Eravamo rimasti strabiliati dalla bellezza vfx quando Monica Rambeau tornava carne pulsante dal blip in WandaVision (2021) per poi scoprire che se lei era tornata, sua mamma era scomparsa dal letto di ospedale perché defunta (scena magnifica). E poi il rapporto difficile con Wanda Maximoff e i superpoteri acquisiti da Monica… purtroppo in The Marvels malamente e sbrigativamente ricordati. Monica passava dalla ragazzina curiosa di Captain Marvel all'agente maturo di WandaVision. E Kamala Khan? Deliziosa in Ms. Marvel questa signorina americana-pakistana, prima supereroina Marvel musulmana ma con tanta voglia di essere dentro l'ideologia statunitense e quindi ponte perfetto tra Oriente e Occidente, anche meglio di Shang-Chi.

Il problema di The Marvels? Sia Captain Marvel (2019) che WandaVision che Ms Marvel sono prodotti nettamente superiori rispetto a questo film di 105 minuti (durata sbagliata per un Marvel movie) dove le protagoniste delle tre opere da soliste annaspano come ensemble. Ci hanno abituato troppo bene, con serie tv intelligenti e frizzanti come WandaVision e Ms Marvel, per poi arrivare all'incontro tra Carol Danvers, Monica Rambeau e Kamala Khan così deludente dal punto di vista spettacolare. Kamala è una fan sfegatata di Carol (già visto il tema nell'ottima serie tv Hawkeye che non a caso viene citata nel finale di The Marvels) mentre Monica la odia (da piccola dentro Captain Marvel la chiamava “zia” perché Carol era amicona di mamma Maria Rambeau).

Dire che l'avventura che le vede insieme sia caotica è poco. Non si capisce perché si scambino di corpo, passa completamente inosservata la villain Kree Dar-Benn (Zawe Ashton sembra una Jessica Alba particolarmente incazzata) e soprattutto non c'è mai un momento in cui Carol, Monica e Kamala diventino qualcosa di cinematografico e memorabile. Ripetiamo: bastava un momento, come per quanto riguarda gli altri film. Ma qui non c'è mai tra battutine, faccine e altri attimi riduttivi che sono completamente fuori luogo soprattutto quando hai a che fare con un personaggio cosmico come Captain Marvel. Sono passati 30 anni dalla timeline di quel gran film del 2019? Non sembra. Carol Danvers si è alienata volando da un pianeta all'altro? Non sembra. Monica è incazzata nera con lei perché non c'era al momento della morte di sua madre Maria ma Nia DaCosta non riesce mai a fermare per un attimo l'azione rutilante e mai minacciosa (il tono è sempre troppo spensierato) del film per enfatizzare l'emozione sui volti della “nipotina” e della “zia”. Anche Samuel L. Jackson, ancora una volta nei panni di Nick Fury (mai dimenticare che quella benda viene da Captain Marvel), pare distratto, più stupidino e superficiale del solito. Soprattutto Jackson pare il clone sbagliato del protagonista della da poco vista serie tv Secret Invasion (2023) dove eccelleva nei panni un Fury sull'orlo della depressione e senso di colpa per non aver dato una casa agli Skrull. Si sta incrinando qualcosa e The Marvels ci ha fatto sentire molto l'assenza di un nuovo cast che sostituisca, una volta per tutte, i vecchi Avengers.

Cast & gatti

Dove sono i nuovi Robert Downey Junior, Chris Evans, Mark Ruffalo e Scarlett Johansson? Ancora non abbiamo trovato un nuovo team di Avengers e l'interregno sta durando troppo, esattamente come è grave che ancora non si sia capito chi sarà il nuovo Thanos che, non dimentichiamolo mai, rappresentò nel 2019 in sé alcune delle più concrete paure e paranoie che stiamo affrontando come razza umana, vedi sovrappopolazione e surriscaldamento globale. Era quello che letteralmente ci entusiasmò all'epoca in chiave di cinema geopolitico: il villain portava come ideologia tutto ciò che in realtà non avevano fatto gli Avengers per salvare il mondo dalla sua, se andiamo avanti così, imminente fine.

Thanos era un personaggio semplicemente geniale che ricordava il concetto del superuomo nietzschiano perché "fedele alla terra" in un senso che oggi potremmo definire ecologico con Terra come Gea. Rappresentava, in un certo senso, il fallimento stesso del supereroismo istituzionalizzato degli Avengers incapsulati dentro l'Onu in quanto, anche se con metodi brutali, aveva molta più ragione lui circa un possibile futuro dell'umanità facendo la sua scelta terribile (anche a livello personale attraverso il sacrificio della figlia adottiva Gamora) rispetto all'ignavo conservatorismo degli Avengers, chiamati a bloccare il suo sterminio a fin di bene con un senso di cocciutaggine più che critica dialettica e prospettiva storica. Non era compito di The Marvels presentarci l'antagonista sempre necessario per bilanciare la struttura di un racconto? Sì, ok ma con 105 minuti di durata è la prima volta che un film Marvel sembra un mero riempitivo tra un'epopea e l'altra in attesa che prenda forma un nuovo disegno che al momento non vediamo.

Kamala solidifica la noor ovvero la luce? Sì ma non c'è mai nemmeno per lei una scena folgorante riguardo questa caratteristica messa al servizio delle altre due. Parliamoci chiaramente: se il momento marvellous di The Marvels deve essere i Flerken che si mangiano 300 persone grazie alle loro capacità stomacali stratosferiche per poterle trasportare senza pericolo… allora siamo nei guai. Anche perché il gatto con i tentacoli che escono dalla bocca, in bruttissima cgi, è qualcosa che avrebbe gestito meglio un James Gunn fiero del suo humour family ma leggermente disturbante. Nia DaCosta, con questa gag troppo spalmata lungo tutta la pellicola, non riesce mai ad essere lieve e contemporaneamente credibile con il cattivo gusto come il maestro del mainstream badtaste Gunn.

Conclusioni

Ovviamente noi italiani siamo gli ultimi che possono parlare. Non siamo riusciti nemmeno a fare una trilogia striminzita da Lo Chiamavano Jeeg Robot (2016) dimostrando di essere totalmente incapaci di progettare, coltivare il pubblico, costruire un convincente cinema fantastico nazionalpopolare. Non contenti abbiamo realizzato tre orribili film dal fumetto di Diabolik dalle Giussani e un men che mediocre Dampyr da Universo Bonelli, dimostrando, purtroppo, di essere solo in grado solo di buttare via molti, molti, molti soldi, non avendo né il talento né l'ideologia né l'acume editoriale di mettere in piedi uno straccio di saga partendo dalla cultura pop del fumetto.

Questi della Marvel sono, a differenza nostra, dei puri fuoriclasse della narrativa audiovisiva degli ultimi 20 anni. Hanno creato una rete di rimandi testuali sopraffina, rapporto emotivo fortissimo tra spettatori e personaggi, hanno entusiasmato dal 2008 a oggi milioni di spettatori in tutto il mondo e, non contenti, hanno cominciato a fare serie tv così sofisticate e sperimentali da andare a impensierire la qualità dei loro stessi film. Era fisiologico che Marvel avesse un calo in 20 anni di eccellente lavoro editoriale e 15 di MCU non avendo peraltro avversari che li pungolassero visto il disastroso, e più litigioso del centrosinistra italiano, DCU (leggi: Universo Esteso DC). Quindi vedremo se, come e dove Marvel troverà le risorse per rimettersi in carreggiata visto che con lo sciopero degli attori molte sue produzioni hanno subito slittamenti.

Una cosa è certa: con l'addio di Victoria Alonso, la mancanza di un cast da 4-5 attori carismatici di riferimento, la quasi certa dipartita di Jonathan Majors come villain principale e il sempre più complicato multiverso (vedi codino finale di The Marvels che ci fa domandare: ma la fisica quantistica è compatibile con la drammaturgia classica?), quello che vediamo in pericolo è lo status di grande cinema accessibile per famiglie che Marvel, al pari di Disney, ha costruito con grinta, disciplina, serietà e classe e più di qualche genialata nel corso dei decenni. Il prodotto audiovisivo non è come il fumetto: è un'arte più rigida, più costosa, più invasiva perché fotorealistica e quindi meno predisposta a dimensioni narratologiche di nicchia specie se i film continuano ad avere budget da 200 milioni di dollari. O Marvel va sparata verso la parcellizzazione dell'offerta editoriale oppure è il caso che il disegno della prossima odissea sia più chiaro e accessibile. Arishem o Kang o chi per lui, ma ci deve essere una nuova superminaccia. Altrimenti a che servono, dopotutto, i supereroi?

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