Marvel: Black Panther e il Wakanda tra il grande schermo e le storie a fumetti

Black Panther e il Wakanda dei fumetti paragonati alle controparti cinematografiche dei Marvel Studios

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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È finalmente uscito nelle sale Black Panther, il nuovo film dei Marvel Studios diretto da Ryan Coogler, e vi abbiamo consigliato di andare a vederlo nella recensione che abbiamo scritto qualche giorno fa.

Ma qual è il rapporto tra questo film e un personaggio che già abbiamo visto introdotto in Captain America: Civil War ma di cui è realistico pensare che il grande pubblico non sappia molto, dato che non è tra gli Avengers più in evidenza della storia Marvel?

Sarà nostro compito e privilegio parlarvi un po' di T'Challa, soprattutto della sua identità contemporanea, dato che tra il film e l'attuale gestione del personaggio a fumetti c'è un parallelo piuttosto importante.

ARRIVA LA PANTERA NERA

Jungle Action, Pantera NeraPantera Nera nasce sulle pagine di Fantastic Four, nel pieno dell'epoca Stan Lee e Jack Kirby, che lo crearono come comprimario del Quartetto. Per molti anni fu sostanzialmente un volto ricorrente nelle testate di altri eroi. Dopo il suo debutto nel 1966, passano un paio d'anni e diverse avventure con la famiglia per eccellenza della Casa delle Idee prima che T'Challa faccia la conoscenza dei Vendicatori, di cui molti anni dopo farà ufficialmente parte. Già allora, il personaggio aveva la fisionomia di un monarca, del difensore del suo Paese, e il Wakanda aveva i tratti con cui lo conosciamo oggi nel film: uno Stato nascosto, tecnologicamente avanzatissimo, gelosissimo delle sue scoperte e del suo Vibranio, così come delle sue tradizioni che fanno da baluardo, affinché il resto del mondo rimanga ignaro della sua vera natura.

Bisogna attendere gli anni Settanta, precisamente il 1973, per assistere a un ciclo di storie dedicato in toto al personaggio. Non ha ancora una serie tutta sua, ma trova ospitalità su Jungle Action, grazie ai testi del leggendario Don McGregor e alle matite di una serie di grandi artisti dell'epoca, tra cui spicca Gil Kane. Ed è in quell'occasione che esplode il potenziale politico del primo vero supereroe di colore della storia del fumetto, perché il successo di quella grande saga, passata alla storia con il titolo La Rabbia della Pantera, vede T'Challa prima affrontare una ribellione in Wakanda, vestendo quindi in maniera importante le sue vesti di monarca, e poi affrontare nientemeno che il Ku Klux Klan, la storica confraternita razzista americana.

Il successo delle storie pubblicate su Jungle Action porta una rinnovata attenzione per il personaggio che, finalmente, trova collocazione su una testata regolare che porta il suo nome. Per il suo primo anno è addirittura Jack Kirby a disegnarne le avventure, seguito da altri artisti di livello. Fino al 1979, la serie sopravvive tra alti e bassi. Alla sua chiusura, come spesso succede ai personaggi Marvel che escono temporaneamente dal cuore dei fan, o almeno della loro maggioranza, Pantera Nera torna a essere un ospite frequente nelle testate altrui, spesso di quella degli Avengers, nei cui ranghi milita in vari periodi. Parallelamente, la Marvel tenta di rilanciarlo a singhiozzo e di dargli la visibilità di un tempo, con miniserie di varia natura e qualità, a volte molto amate, ma mai acclamate come il primo storico ciclo narrativo.

PANTERA NERA, CAVALIERE MARVEL

Black Panther, Marvel Knights

Le cose cambiano in parte con la fine degli anni Novanta, quando la casa editrice di New York rilancia diversi suoi personaggi sotto l'egida dell'etichetta editoriale Marvel Knights. A scrivere le avventure di Pantera Nera, in una nuova serie regolare che durerà circa cinque anni, c'è lo sceneggiatore Christopher Priest che, se da un lato riprende molti dei temi, dei comprimari e dei nemici classici di T'Challa - quelli che McGregor aveva portato alla ribalta - dall'altro modernizza non poco il supereroe, incorporando la tecnologia nel suo costume, approfondendo la natura dei suoi poteri, rendendolo più temibile sotto molti punti di vista e svecchiando la narrazione delle sue gesta. Pantera Nera rimane l'eroe che incarna lo spirito del Wakanda, la rivalsa del continente africano, ma diventa anche rilevante nel mondo moderno, interagisce con esso con più naturalezza. Inoltre, Priest ha un approccio insolitamente divertito al personaggio, sperimenta moltissimo con l'umorismo, infrange alcuni canoni per inserire le sue avventure in un contesto contemporaneo. Dopo un inizio stentato che fece scontenti i puristi, giunse il successo della serie, oggi considerata un vero e proprio cult dagli appassionati.

Il 2003 vede la fine di quell'esperienza fondamentale per Pantera Nera, ma non passa molto che, nel 2005 giunge un nuovo rilancio. Coinvolto, il disegnatore forse più importante e di richiamo dell'epoca: John Romita Jr. disegna i primi numeri della serie scritta da Reginald Hudlin, che trasla il personaggio verso temi ancora diversi. Nella sua serie si sente ancor più la consapevolezza dell'importanza storica e culturale di Pantera Nera come supereroe di colore, si respira quasi l'atmosfera di un film di Spike Lee, le radici africane si intersecano ai temi della cultura hip hop americana, con grande attenzione dell'autore ai riferimenti pop della metà del decennio scorso. T'Challa - che poco prima di Civil War si sposa con Tempesta degli X-Men - diventa un eroe quasi oscuro, un vendicatore silenzioso e tosto, la sua esistenza di monarca assume maggiore gravitas e il suo rapporto con l'Occidente è meno lineare di un tempo. Inoltre, prende sempre più spazio Shuri, la sorella del protagonista, fino a vestire i panni di Pantera Nera. Di nuovo, la serie ottiene un buon successo ed è apprezzata da pubblico e critica nei quattro anni circa della sua pubblicazione.

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L'AVVENTO DI TA-NEHISI COATES

Black Panther: The Man Without Fear #513, copertina di Simone BianchiDal 2010 al 2016, in termini di collane regolari, è sostanzialmente il silenzio - nonostante qualche miniserie, un ruolo importante nel ciclo di Daredevil che vede T'Challa prendere il posto di Matt Murdock come Uomo Senza Paura di Hell's Kitchen e uno fondamentale nelle storie di Jonathan Hickman sui New Avengers - fino al rilancio targato Ta-Nehisi Coates. Scrittore, saggista pluripremiato, giornalista e voce fondamentale della cultura afroamericana contemporanea, Coates è anche un vecchio lettore di fumetti Marvel e, in un periodo in cui rinnovamento e scommessa sono all'ordine del giorno nelle scelte editoriali della Casa delle Idee, viene chiamato a scrivere le nuove storie di Pantera Nera. Una nuova serie prende forma, anche grazie alle matite esemplari di Brian Stelfreeze, e l'eroe evolve ulteriormente.

Coates ha una voce decisamente fuori dal coro, rispetto agli sceneggiatori di fumetti. Si concentra moltissimo sulle implicazioni politiche e geopolitiche dell'esistenza del Wakanda, sulla sua natura di monarchia sostanzialmente assoluta calata in un contesto contemporaneo, sulle responsabilità del suo Re. Pantera Nera diventa una figura quasi eminentemente politica, nelle storie a lui dedicate. Non è solo il campione della sua nazione ma ne è soprattutto il governante, e le difficoltà di essere l'anima stessa di un Paese, il suo simbolo e allo stesso tempo colui che detiene il potere sul suo popolo divengono il tema principale di un fumetto di supereroi come se ne sono visti pochi, che attrae sguardi non previsti, di lettori non avvezzi al mondo dei comics.

Il Wakanda viene trattato come uno Stato realistico, le conseguenze della sua esistenza affrontate con grande consapevolezza delle relazioni internazionali: la nazione diviene non meno protagonista dell'eroe che la guida. Anche in previsione del film, tra il 2016 e il 2018 nascono serie satellite - Black Panther e la Banda e Black Panther: World of Wakanda - che mettono Pantera Nera sotto i riflettori. L'attenzione verso il personaggio non è mai stata così grande dagli anni Settanta.

IL MONDO DEL WAKANDA

Ed è di questa eredità che il film Black Panther si fa in qualche modo il contenitore. A partire dalla natura politica per nulla nascosta della pellicola di Ryan Coogler, che pone il Wakanda al centro dell'attenzione, sia dal punto di vista degli eventi interni, dato che la storia si regge in buona parte su una sostanziale disputa dinastica, sia per quanto riguarda i suoi rapporti internazionali, vista l'enfasi posta sul rapporto che l'avanzatissimo Stato africano dovrebbe avere con il continente tutto e con il popolo che l'Africa ha generato in senso lato: tutti gli uomini di colore del mondo, variamente e diversamente vittima di soprusi e pregiudizi, di una condizione subalterna quasi universale, sconosciuta al secluso Wakanda.

Soprattutto il primo dei due temi è fortemente in accordo con le storie di Coates, mentre il secondo trova maggior riscontro nel periodo firmato da Hudlin; ma questa importanza del Wakanda e il legame tra il modo in cui esso è ritratto nel film e nei fumetti, trova conferma nelle dichiarazioni di Nate Moore, uno dei produttori della pellicola:

Avevamo paura di rendere il Wakanda sin troppo kirbyano nell'aspetto, con il rischio di farlo apparire come un luogo alieno e non terrestre o non umano. La verità è che si tratta di una terra di uomini, ma venti o venticinque anni avanti rispetto al resto del mondo. Avere città realizzate in vibranio gli consente di godere di enormi vantaggi e di un benessere che va oltre le nostre più folli fantasie. Il che è una componente importantissima del film.

Direi che l'ispirazione è nata dal fumetto e che ci sono stati molti elementi che hanno influito sulla visione del film. Dal punto di vista della progettazione, sia le storie di Christopher Priest che quelle di Ta-Nehisi Coates hanno detto la loro.

Brian Stelfreeze è un artista strabiliante e alcune delle sue rappresentazioni del Wakanda e della sua tecnologia sono fonti da cui ci siamo liberamente abbeverati. Ma nel risultato c'è anche molto delle idee originali di Ryan Coogler e di Hannah Beachler, la nostra production designer, che abbiamo trovato molto interessanti.

Il Wakanda cinematografico non trova riscontro in quello fumettistico solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche per come viene trattato da Ta-Nehisi Coates e da Ryan Coogler. Sia per lo sceneggiatore che per il regista, la patria di Pantera Nera è un luogo che ha la necessità di cambiare, di aprirsi a un nuovo approccio. Fa specie questa somiglianza di visione che, in entrambi i casi, vede la nazione più avanzata dei due Universi Marvel a caccia di innovazione, di una nuova identità. Se il Wakanda della pellicola è ancora nascosto agli occhi del mondo e T'Challa ha intenzione di traghettarlo verso un nuovo ruolo internazionale, quello sulle pagine dei fumetti ha invece guai all'interno dei propri confini, un rapporto problematico con la sua forma di governo, mette in discussione non tanto il suo Re, quanto l'istituzione stessa della monarchia.

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L'ASCESA DI PANTERA NERA

01. Black Panther #1, di Ta-Nehisi Coates e Brian Stelfreeze, copertina di Brian Stelfreeze - Marvel

In entrambi i casi, al centro di questo cambiamento c'è uno T'Challa dal doppio volto: difensore convinto delle tradizioni ma anche uomo e monarca che non vede l'ora di dare un nuovo volto al proprio Paese, che si rende conto del peso dell'immobilità secolare del suo Stato e, in parte, del suo popolo.

Pantera Nera assume quindi il ruolo di un eroe combattuto, di un campione e una guida che deve trovare nuovi equilibri, mettere in discussione se stesso per fare altrettanto con la storia e le abitudini della sua terra. Non solo nella serie Black Panther, ma anche nell'ultima talea editoriale che ha preso vita in casa Marvel. Rise of the Black Panther, nuovo progetto affidato al debuttante sceneggiatore Evan Narcisse, è infatti ancor più in accordo con i temi del film.

Narcisse racconta le gesta di uno T'Challa giovanissimo, appena diventato Pantera Nera e Re, e i suoi sforzi per convincere il suo Paese della necessità di rivelarsi al mondo, delle opportunità che riposano al di là della scelta coraggiosa di entrare nella comunità internazionale. Se questo nel film accade perché il protagonista sente la responsabilità del Wakanda nei confronti degli africani di tutto il pianeta, nelle storie a fumetti è il bisogno di collaborazione e di relazioni che spinge il Re a spezzare l'isolamento che ha protetto per secoli la ricchezza e la tecnologia del Paese. Il tutto, in un'affascinante gioco di specchi tra la versione cinematografica e quella fumettistica del personaggio e delle sue storie.

Probabilmente, mai come in questo caso un film di una delle due grandi major fumettistiche americane ha trovato terreno tanto fertile, ha creato condizioni perfette per fare in modo che gli spettatori delle sale trovassero un personaggio così riconoscibile, per temi e approcci, nella versione su carta. Una felice coincidenza, per nulla casuale, che speriamo possa portare nuovi lettori, di qua e di là dall'Atlantico, sulle pagine di una delle serie più interessanti e particolari del mainstream e dei progetti a essa legati.

Rise of the Black Panther #1, copertina di Paul Renaud

Fonte: Marvel

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