Marlon Brando cambiò per sempre la recitazione e all’inizio (ovviamente) non venne capito

Marlon Brando è una delle più grandi star di sempre. Ma all'inizio della sua carriera in pochi riuscirono a intuirne la grandezza

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E pensare che, per poco, Marlon Brando non è stato assorbito dalla televisione entrando nella una produzione seriale propensa alla mediocrità. Avremmo perso così di alcune delle più grandi interpretazioni di sempre.

Quando si pensa gli attori che hanno definito i caratteri della recitazione moderna non si può non pensare a Marlon Brando. La sua fu una rivoluzione lenta, ma incessante che segnò un prima e un dopo nella maniera in cui venivano espresse le emozioni al cinema. Come attore Marlon Brando metteva al centro se stesso nella sua interezza. Una fisicità importante (come si sarebbe detto un tempo: “che buca lo schermo”) e un volto pulito e affascinante. Due strumenti del mestiere che Marlon Brando non utilizzava per mettersi in mostra ma, al contrario, per scomparire.

Allievo dell’ Actor's Studio e Interprete del metodo Stanislavskij, Marlon Brando lavora fianco a fianco con il regista e il teorico Elia Kazan. Ne prende le intuizioni, il fascino per il realismo emotivo, e soprattutto apprende “il metodo” e lo applica al grande schermo. La sua formazione parte dal teatro, ma il suo lavoro supera la teatralità che aveva caratterizzato i film fino ad allora.

Il cinema era pronto, dal punto di vista tecnologico, ad accogliere le sue performance. Non c’era più bisogno delle pose enfatiche per comunicare i dilemmi. Bastava un primo piano, uno sguardo al momento giusto, per arrivare al punto. Ma da sempre, per convenzione, essere attori per il grande schermo significava fare tutto in grande. Frasi solenni, sentimenti mimati più che vissuti.

Marlon Brando invece non esprimeva le emozioni, le viveva. Faceva riemergere dall’intimo esperienze, ricordi consci e inconsci, che permettevano l’identificazione massima tra l’attore e la sua maschera. Non gli importa più pronunciare le battute bene. Quello che conta è dirle come come se le avesse sentite per la prima volta mentre venivano alla mente del personaggio.

Eppure questa rivoluzione copernicana non fu immediata. Anzi, spesso venne fraintesa, trovando se non accaniti critici, per lo meno alcune reazioni perplesse. E, come dicevamo, fu per un caso fortuito che Brando riuscì ad approdare al grande schermo. L’attore veniva infatti da Broadway dove aveva interpretato per la prima volta Stanley Kowalski in Un tram che si chiama Desiderio. I critici si lamentarono però per la sua performance considerata ancora grezza, immatura, proprio per via di quella che sarà poi la sua cifra stilistica. 

Passò rapidamente dal teatro al cinema interpretando un giovane paraplegico in Il mio corpo ti appartiene di Fred Zinneman. Anche qui colpì la sua interpretazione realistica e sentita, anche se secondo alcuni critici non sempre centrata sulle giuste emozioni. Ma l’esordio a Hollywood era ormai compiuto e i produttori iniziavano a notarlo. Il successo della pièce di Un tram che si chiama Desiderio suggeriva di riassumere Marlon Brando per l’adattamento cinematografico dell’opera di Tennessee Williams. Ancora di più se si considera che alla regia vi era proprio Elia Kazan, nella cui scuola da cui si era formato come attore.

Eppure sappiamo da un articolo di Variety del 1954 che, se non fosse stato per Un tram che si chiama Desiderio Marlon Brando si sarebbe limitato alla televisione. L’attore aveva infatti conseguito una serie di provini attraverso “cine audizioni” (performance registrate) per la parte di un pugile. La serie si intitolava Come Out Fighting e Brando sembrava l’ideale per vestire i panni del protagonista. Venne “salvato” dalla corrispondenza di impegni con il film di Kazan.

Tutto è bene quello che finisce bene? Non proprio. Perché come tutti coloro che cambiano per sempre lo stato dell’arte, e nonostante il successo del film, Marlon Brando destava sospetto anche dopo la sua vittoria dell’Oscar con Fronte del porto. I giornali prendevano di mira il modo in cui eseguiva le battute. In un pezzo d’opinione di Variety, si scriveva con preoccupazione dell’ “epoca dalla pronuncia inarticolata”. Quasi ad anticipare il moderno movimento “mumblecore”. 

Ecco un estratto:

Nei film, l’idolo del momento è Marlon Brando, che ha fatto carriera parlando come se non ne fosse in grado. Nel suo primo successo, l’opera di Broadway Un tram chiamato Desiderio, il suo primo successo, Brando grugnì e bofonchiò alla perfezione nel suo ritratto di un bruto tutto muscoli e senza cervello. Nel premiato Fronte del porto Brando ha parlato con “duh” e “dah” come in una sinfonia di suoni animali, interpretando, ovviamente uno scaricatore di porto incapace di esprimersi.

Quella che molti credevano una moda passeggera o uno stile eccentrico e fastidioso continuò a far tremare le fondamenta. L’approccio psicanalitico all’immedesimazione divenne la regola. Di lì a poco, nonostante le critiche, Marlon Brando avrebbe creato un nuovo tipo di star. Un sex symbol pieno di talento, impegnato a usare la sua influenza per sostenere le battaglie civili, in grado di rifiutare Peckinpah e Kubrick per girare da solo il proprio western. Un attore capace di incassare tre milioni di dollari per soli due minuti sullo schermo di Superman. Un uomo che riuscì a toccare vette da far mancare l’ossigeno nella seconda parte della carriera e di finire il suo viaggio non avendo più nulla da dare, dopo avere cambiato tutto per sempre.

Fonte: Variety

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