Mamma, ho preso il morbillo è davvero così tremendo?

Mamma, ho preso il morbillo è considerato uno dei peggiori film di Natale di sempre: l’abbiamo riguardato per controllare

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Cercate su Google una lista dei peggiori film di Natale di sempre e con ogni probabilità ce lo troverete, in prima posizione o comunque a lottare per il podio: Mamma, ho preso il morbillo, il terzo film del franchise che è una versione family friendly della home invasion (da ora basta parole inglesi), ha una pessima reputazione fin dal 1997, quando non vinse un Razzie come peggior sequel solo per via dell’esistenza di Speed 2. D’altra parte il film era condannato alla dannazione prima ancora di uscire: niente Chris Columbus alla regia, niente musiche di John Williams, ma soprattutto niente Macaulay Culkin, una triade di assenze che da sole avevano generato forte antipatia preventiva verso il progetto, visto come un modo per continuare a spremere una saga che aveva già detto tutto con i primi due capitoli (e che forse aveva iniziato a ripetersi già dal secondo).

La conseguenza dell’avere una pessima reputazione, se sei un film, è che dopo un po’ la gente si dimentica di te, cristallizzandosi sull’opinione negativa e perdendo ogni voglia di rivederti. E visto che a Natale siamo tutti più buoni abbiamo deciso di dare a Mamma, ho preso il morbillo un’altra possibilità, domandandoci: è davvero così brutto come lo si dipinge? È possibile che sia peggio di Mamma, ho allagato la casa, il quarto capitolo che compare nelle succitate liste con altrettanta frequenza?

Fateci partire da quest’ultima domanda: no, Mamma, ho preso il morbillo non è peggio del suo successore, anche solo per il fatto che a Mamma, ho allagato la casa non ha lavorato nessuno della squadra originale. Nel terzo capitolo, invece, uno ancora resisteva: John Hughes, l’inventore di tutta la baracca, che scrive e produce e mette alla regia un allora esordiente Raja Gosnell, che aveva già lavorato come montatore ai primi due film. Senza Macaulay Culkin e con un regista alla sua prima grande occasione – e quindi presumibilmente plasmabile dalla produzione –, Hughes decide di dare un’imprevedibile sterzata alla serie, scrivendo un film che si concentra sui ladri di turno almeno quanto lo fa sull’ingegnoso bambino protagonista.

Questa scelta a sua volta fa virare il tono del film decisamente verso il thriller, con una trama che coinvolge addirittura organizzazioni terroristiche, spie internazionali e soprattutto un chip potentissimo e in grado di cambiare i destini bellici del pianeta. Detto chip viene nascosto dalle spie in una macchinina giocattolo, così da poterlo contrabbandare senza problemi; ma per un banalissimo scambio di valigie la macchinina finisce nelle mani di un’antipatica vecchina che la regala controvoglia al figlio dei vicini che le ha appena spazzato il vialetto d’ingresso dalla neve. Le spie riescono a tracciare il pacco al quartiere, ma non alla casa corretta; decidono quindi di affittare un appartamento in zona e passare i giorni successivi a setacciare tutte le abitazioni.

Mamma, ho preso il morbillo gioca così su due piani differenti. Ci sono le spie, i loro buffi tentativi (molto bandabassotteschi) di arrivare al bottino e le loro personalità che si scontrano in continuazione generando momenti comici più o meno riusciti. E c’è Alex, il protagonista del film in teoria, che è ovviamente colui che ha ricevuto la macchinina chippata e che, altrettanto ovviamente, è un bambino speciale, attentissimo a tutto quello che succede nel quartiere, appassionato di tecnologia e marchingegni e sempre attaccato al suo telescopio, con il quale tiene sotto controllo la situazione e grazie al quale becca le spie in azione, e avverte la polizia. Lo fa per due volte, ed entrambe le volte la sua chiamata si rivela un falso allarme (perché i malviventi hanno tolto il disturbo prima dell’arrivo delle forze dell’ordine); Alex decide quindi di risolvere la situazione da solo, e di preparare casa propria all’inevitabile arrivo dei ladri.

Vi chiederete “cosa c’entra il morbillo?”. Facile: serve una scusa per tenere Alex a casa da solo, e farlo ammalare è quella prescelta. Il padre è via per lavoro, la madre in ufficio per un’emergenza, fratello e sorella (una giovanissima e antipaticissima Scarlett Johansson) sono a scuola, e Alex è costretto a letto, ricoperto di macchie rosse. È una scusa più plausibile di “ci siamo dimenticati nostro figlio”, e per questo meno efficace; ma d’altra parte la cosa più intelligente di Mamma, ho preso il morbillo è che riconosce di non poter replicare la magia dei due capitoli precedenti, e prova a prendere altre strade.

Alex, per esempio, non è Kevin, e ricorda più da vicino il protagonista di un altro grande classico natalizio, Un minuto a mezzanotte. È un piccolo genio e sembra essersi preparato per tutta la vita per quel momento; ed è anche tendenzialmente più antipatico e fastidioso di Kevin, una scelta che non sempre funziona ma che quantomeno gli dona un po’ di personalità. Mamma, ho preso il morbillo dà anche molto più spazio al resto della famiglia, che nei primi due film compariva solo all’inizio e alla fine; qui la trama è molto più spezzettata e meno lineare, e Alex passa relativamente poco tempo in casa da solo; manca tutto il lato selvaggio e liberatorio del bambino che si ritrova all’improvviso senza genitori e può fare quello che vuole in casa propria, che era forse la vera forza del primo Mamma, ho perso l’aereo.

Non mancano le trappole, ovviamente, che qui sono (curiosamente) meno assurdamente violente e più cartoonesche che nei primi due capitoli, più votate alla slapstick pura e strapparisate. Occupano una parte consistente del film, e intrattengono quanto devono, pur senza momenti indimenticabili. È un po’ il riassunto di tutto il film: è competente e abbastanza diverso dai precedenti da incuriosire e non annoiare quasi mai, ma non ha alcun vero guizzo, e si fa apprezzare più per principio che per merito effettivo. Che è comunque molto meglio di “il peggior film di Natale di sempre”.

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