L'ultimo bacio compie 20 anni e ancora non somiglia a nient'altro sia mai stato fatto

L'ultimo bacio rimane uno dei casi più clamorosi della storia del cinema italiano. L’ultimo momento in cui un film ha influenzato il dibattito sociale con qualcosa di nuovo

Critico e giornalista cinematografico


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Parafrasando Rivette si può dire che con l’apparizione di L’ultimo bacio tutti gli altri film sono di colpo invecchiati di 10 anni.

Se ne accorsero tutti immediatamente e il film fu un successo immediato. Dal primo spettacolo del primo giorno. Lo stesso Gabriele Muccino se lo spiega a fatica se non ipotizzando che il suo precedente film, Come te nessuno mai, andato mediamente in sala ma molto bene in home video, avesse creato un pubblico per lui proprio nelle visioni domestiche. Inoltre, ci aveva raccontato lo stesso Muccino, Medusa intelligentemente mise alcuni minuti del film (la sequenza del matrimonio) prima del film di Natale di Aldo, Giovanni e Giacomo, il che gli diede un ottimo traino.

Fu un caso immediato e come spesso capita ai film di successo, il pubblico capì dal primo istante che lo voleva vedere e che gli sarebbe piaciuto. Non capita spesso, anzi non capita quasi mai al cinema italiano. Come forse non è più capitato L’ultimo bacio creò discussioni, fu argomento di dibattiti, conversazioni, accuse e lodi, mise al centro della discussione (come sempre è in questi casi) non il film ma il tema dei trentenni irrisolti, quando in realtà era evidente che più della trama in sé era lo stile di Gabriele Muccino il segreto del successo. Era appena piombato sul cinema italiano qualcosa di radicalmente diverso.

Quello che di fatto è un melodramma classico, fatto di ospedali, morti, ritorni, amori struggenti, tradimenti, rivelazioni e grandi crisi per un cast nutrito di personaggi, viene trattato come un film d’azione, con quel medesimo ritmo e quel gusto per il movimento. Come in Terminator di James Cameron la trama è raccontata in mezzo all’azione e non nelle sue pause, a guidare tutto è il movimento dei personaggi, non la loro stasi.
Lo stile di Gabriele Muccino era qui cristallizzato dopo che Ecco Fatto e Come te nessuno mai lo avevano formato: lunghi piani sequenza, grande cura per la recitazione frutto di molte prove, steadycam che spesso si muove assieme ai personaggi come in una coreografia di un combattimento e montaggio senza pietà, serratissimo. È uno standard tecnico inarrivabile per gli altri, frutto di una gavetta lunghissima e di una conoscenza perfetta dei meccanismi del cinema (dalla fotografia, alla messa in scena, fino all’uso delle musiche e del montaggio). Ad un pubblico abituato a vedere drammi borghesi asfittici e poi, in un'altra sala, film americani pieni di ritmo, L'ultimo bacio mostrava che si potevano unire i due mondi raccontando storie vicine a loro con ritmi indiavolati e passioni sfrenate senza perdere in credibilità.

Carlo (Stefano Accorsi) e Giulia (Giovanna Mezzogiorno), il bambino che sta arrivando e il tradimento, sono i protagonisti del film, intorno a loro gli amici vedono cadere in pezzi le loro vite. Chi non riesce a dimenticare un amore finito male, chi sente la propria vita stargli stretta, chi invece è sposato e felice e chi non trova un posto nel mondo. La risposta per molti è la fuga, per i protagonisti sarà la conquista di una vita borghese in un finale che sembra quello di Trainspotting virato con ancora più ipocrisia ("il frigo sempre pieno per non sentirti povero, un tappeto etnico per sentirti ancora giovane"), un elenco di pratiche da vita benestante che nascondono il suo opposto.
In un film diretto da un altro regista questa sceneggiatura sarebbe stata il trionfo delle attese e delle meditazioni, in un film di Muccino i personaggi non hanno mai tempo di pensare, agiscono per istinto, preda di sentimenti tempestosi e questo, al cinema, è il trionfo dell’empatia e della partecipazione. Muccino avrebbe portato questo suo stile ancora più in alto con il film successivo, Ricordati di me, ma qui è già presente la ricetta di un cinema vorticoso e passionale che nega la stasi e i tempi dilatati del melò classico per iniettarci un desiderio matto di mangiare la vita attraverso il cinema.
Giulia ad un certo punto vorrebbe uccidere Carlo a coltellate ma il film ci ha portato ad un punto tale che è evidente che tutto quell’odio non è odio ma amore sotto mentite spoglie, non c’è bisogno di dirlo.

Come i cineasti americani Muccino raffina un gusto per il camerawork che non appartiene alla nostra tradizione; come i maestri della tradizione italiana, ha un desiderio forte di raccontare persone che esistono e storie concrete. Non sono certo le classi popolari del neorealismo, né i nobili di Visconti, Muccino racconta il suo tempo, le persone che vede intorno a sé ma come il cinema migliore fa di quei personaggi figure universali.

I pubblicitari di fine millennio che hanno trent’anni e sognano altro, visti oggi sono un miraggio da un’altra epoca. I loro coetanei di oggi vivono vite completamente diverse, non solo lontane da quel tipo di benessere (che già allora non era per tutti) ma anche da quell’orizzonte di vita tranquilla e di un futuro che non può che procedere verso il miglioramento. Un figlio non è più una gabbia ma un obiettivo difficile da raggiungere. Era un’altra Italia, era un altro paese e clamorosamente già solo 3 anni dopo Ricordati di me avrebbe mostrato un cambio di registro radicale. L’ultimo bacio è così testimone del suo tempo da essere oggi la testimonianza più viva di sogni e paure di quegli anni.

ultimo bacio fontana

Fortunato incontro perfetto di mille dettagli irripetibili, L’ultimo bacio aveva una canzone straordinaria di Carmen Consoli (che fa un cammeo nel film) proprietaria del titolo furbamente rubato da Muccino, aveva una colonna sonora impeccabile di Paolo Buonvino, già collaboratore storico di Muccino, e un cast tutto in palla di futuri nomi che, più o meno, nascevano lì. Se Santamaria e Pasotti erano parte del clan già da Ecco fatto (esordio per Santamaria che si presentò a quei provini senza aver fatto nulla di rilevante prima), Sabina Impacciatore aveva fatto più che altro tv ed era nota per le note comiche, Accorsi era l'unico ad aver avuto già dei successi e Giovanna Mezzogiorno (entrata dopo il rifiuto della prima scelta, Claudia Pandolfi) non era ancora esplosa mentre Martina Stella fu scoperta da Muccino stesso. Erano quasi tutti rappresentati dalla medesima agenzia, la stessa che ad un certo punto chiese a Muccino di prendere anche un altro dei loro attori per una parte minore, uno che aveva fatto meno film ma che, diceva l’agenzia, “È molto bravo”. Era Pierfrancesco Favino (nel backstage qua sotto ovviamente impegnato in un'imitazione).

La tecnica di Muccino per preparare gli attori, fatta di foga, urla e grande intensità prima del ciak, che poi porta spesso al fiatone caratteristico, era capace di tenere un intero film ritmandolo con rumori e fiati e di far dare ad ognuno il meglio. Alcuni, come ad esempio Giovanna Mezzogiorno, non sono più stati attori a questo livello di perfezione, non hanno più tirato fuori quel che in questo film gli veniva chiesto. Basta vedere la bellissima scena finale, in cui davanti alle insistenze di Stefano Accorsi, crolla sempre di più, senza lavorare come si fa sempre di silenzi e sottrazione ma anzi di enfasi ed espressione. Fino allo scoppio di rabbia che è la fine di ogni resistenza.

Nel film c’è anche Sergio Castellitto in un ruolo molto piccolo, c’è per un favore che doveva fare sempre a quell’agenzia, nemmeno volle il nome nei titoli di testa tanto era piccolo il contributo. Anni dopo, dice Muccino, Castellitto gli ha confessato di essersi pentito di non aver chiesto il nome nei titoli.

L'ultimo bacio castellitto

Quella del successo di L’ultimo bacio è ovviamente una storia con molti incastri fortunati ma il film è dotato di una sua forza dirompente di fronte alla quale si fatica a dare il merito al caso.

Non solo ha una capacità molto rara di portare avanti in contemporanea diversi filoni di storia, imbrogliandoli e sbrogliandoli di continuo, facendo in modo che siano sia autonomi sia intrecciati, giocando sempre sul montaggio alternato e scegliendo le scene che devono essere montate insieme con grandissimo senso del cinema ma è anche capace di generare immagini potentissime. È il caso ad esempio della scena della morte del padre di Santamaria, che parte quando gli amici stanno valutando l’acquisto di un camper, arriva una telefonata e il rumore di un aereo copre il sonoro, ma dal volto di Santamaria capiamo cosa è accaduto. Quel rombo aereo diventa il silenzio della casa in lutto, lui arriva con il fiatone al capezzale del padre che sta morendo e quel tratto tipicamente mucciniano diventa quello che ci guida nella scena, il fiato che muore si rispecchia nel fiatone in attesa del figlio che lentamente scema e si calma fino a che non è finito tutto. A quel punto c’è uno stacco eccezionale dal letto di morte a Giulia che guarda una culla in vetrina. La morte. La vita.

l'ultimo bacio santamaria

Tutto L’ultimo bacio procede con questa capacità di non far immedesimare il pubblico con nessuno in particolare e con tutti in generale, osservatori onniscienti di intrecci dolorosi e puerili.

Pesantemente influenzato da Magnolia nel ritmo e nella gestione delle storie (ma anche del meteo, pioggia e sole segnano i momenti di tensione o distensione del film), profondamente appoggiato sulle spalle di I vitelloni (che era il punto di riferimento nella testa di Muccino) e capace di raccontare il proprio presente come pochi altri film, L’ultimo bacio era un rarissimo caso di film italiano che non solo racconta il proprio tempo ma è inserito nell’evoluzione del cinema dei suoi anni, in linea con le tendenze internazionali, capace di rimescolare principi eterni del cinema italiano in una forma moderna.

https://www.youtube.com/watch?v=sOjncNCcXqc

Così dirompente, così diverso, così anticonformista nello stile ma poi conformista nei contenuti (i personaggi più ridicoli rifiutano la vita borghese, i più protagonisti finiranno per cercarla come rimedio a tutto nonostante l’ultima scena lasci l’amaro in bocca), fu abbastanza dileggiato dalla critica. Nonostante non mancarono voci fortemente a favore del film, L’ultimo bacio ha segnato il rapporto turbolento con la critica di Muccino. Era il primo a usare molto i telefoni cellulari (all’epoca una novità) nei suoi intrecci di storie benestanti prive di problemi socio-economici e il suo fu chiamato “cinema dei telefonini bianchi”. Era un outsider di tutto che aveva avuto un successo e quindi una legittimazione popolare che non passavano per il cinema basso delle commediacce, ma anzi per uno con grandi pretese. La ricetta perfetta per il disprezzo o, ancora peggio, per non essere considerato.

ultimo bacio foto

Tuttavia, Paolo Mereghetti, che il film all’epoca lo criticò non poco, non mancò però di scrivere che L’ultimo baciofa qualcosa che il cinema italiano non fa più da tanti anni, far rispecchiare lo spettatore. Gli spettatori in questa storia si sono rispecchiati e hanno pianto”.

Il film fu un successo non solo in patria ma anche in America, dove vinse il premio del pubblico al Sundance Film Festival e aprì una serie di rapporti tra Muccino e i produttori americani che di lavoro in lavoro, contatto in contatto, l’avrebbero portato 5 anni dopo a La ricerca della felicità, il più grande incasso di un regista italiano alle prese con una produzione americana.

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