The Lost Symbol - la recensione

Il nuovo, vendutissimo libro di Dan Brown non è ancora arrivato in Italia, ma noi l'abbiamo letto in inglese e possiamo parlarvene. Anche se l'impressione è di leggere sempre la stessa storia di Angeli e demoni e Il Codice da Vinci...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Non c'è dubbio che Dan Brown sia un bravissimo narratore. Si possono fare tante critiche ai personaggi che crea o alle storie che racconta, ma sicuramente riesce a tenere interessato il lettore verso quello che scrive. I procedimenti saranno anche semplici, ma funzionano bene, come l'idea di chiudere praticamente ogni capitolo con qualcosa di misterioso e da spiegare o mettendo insieme tanta cultura variegata in maniera originale.

Di sicuro però Brown sembra anche vittima del suo successo, che lo porta sostanzialmente a ripetere le storie che lo hanno reso popolarissimo e ricchissimo con il personaggio di Robert Langdon, ossia Angeli e demoni e Il Codice da Vinci. Non si tratta solo del protagonista (quello è obbligatorio) e magari della sua spalla femminile (che in questo caso ha anche un rapporto meno interessante del solito), ma proprio del quadro globale delle vicende.

Siamo ovviamente di fronte alla solita caccia al tesoro alla ricerca di un mistero in grado di cambiare le sorti del mondo (mica cavoli...), peraltro anche meno movimentata dei suoi predecessori. Non oso pensare alle difficoltà di adattarlo al cinema senza farci addormentare, mentre invece una cosa che renderà molto felici i produttori del nuovo film sarà la possibilità di fare product placement senza doversi sforzare troppo, considerando le tante marche illustri citate dal romanziere. Di sicuro, non mancano le solite scene truci, un segno di come sia cambiato il pubblico (tempo fa non sarebbe stato accettabile in un romanzo mainstream). Purtroppo, tra tanti enigmi e opere d'arte fondamentali, la trama ha i soliti buchi assolutamente non credibili.

E che dire del nuovo cattivo, che rende il cilicio de Il Codice da Vinci una robetta per bambini? Qui ormai siamo a livelli patologici non solo in certi personaggi, ma anche nell'autocompiacimento dell'autore nel descriverli. Mettiamoci anche qualche accenno ruffiano contro la guerra e la solita diffidenza nelle istituzioni e abbiamo una ricetta perfetta per il successo.

Ma quello che mi lascia sempre più perplesso è l'incredibile ecumenismo e senso religioso di Dan Brown, tanto che mi stupisco di come il Vaticano continui a fargli la guerra. In realtà, lo scrittore fa chiaramente capire anche in questo libro che c'è un fortissimo bisogno di credere, anche se in maniera diversa da quella ufficiale. Magari non sarà proprio la lezione che vuole impartire la Chiesa, ma in confronto al vero pericolo attuale per la sua attività (ossia l'indifferenza) forse un pensierino a diffondere i libri di Brown nelle scuole lo dovrebbe fare.

Chi scrive, intanto, spera di leggere presto qualcosa di meglio per dimenticarsi il sostanziale senso di inutilità provata nello sfogliare queste 500 pagine. Cosa che non dovrebbe essere troppo difficile...

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