Lo specialista e lo Stallone spaesato
Lo specialista vorrebbe portare avanti la tradizione del thriller erotico ma si scontra con uno Stallone fuori posto e una sceneggiatura farraginosa
Questo speciale fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone.
Nei primi anni Novanta andava un sacco anche l’eroina, ma questo non vuol dire che fosse davvero una buona idea. Qualcuno ha invece pensato che Lo specialista fosse sì una buona idea, e che lo fosse affidarne la scrittura ad Alexandra Seros, che in carriera ha scritto solo due film: questo, e un anno prima il remake americano di Nikita, Nome in codice: Nina con Bridget Fonda. Dev’essere stato un grande biennio per Alexandra Seros quello 1993/94; dopodiché è sparita, e di lei non si hanno più notizie. È un peccato: sarebbe bello chiederle di spiegarci un po’ questo Lo specialista, un film che per essere seguito richiede un tasso di concentrazione riservato di solito allo studio per l’esame di maturità.
Un esercizio intellettuale divertente è provare a immaginare Lo specialista senza il personaggio di Stallone, Ray Quick, e riscrivere la storia usando solo May Munro (Stone), Ned Trent (James Woods), Tomas Leon (Eric Roberts) e Joe Leon (Rod Steiger che fa il mafioso cubano, accento e tutto, in un clamoroso esempio di appropriazione culturale). Potrebbe funzionare comunque: l’ex soldato, esperto di esplosivi e assassino prezzolato interpretato da Sly è un pugno in un occhio per tutto il film, ed è evidente lo sforzo che fa la sceneggiatura per infilarlo in un modo sensato in questa storia di vendetta e criminalità organizzata. Sarà forse colpa del gap tecnologico, ma già dai presupposti Lo specialista scricchiola e mette a dura prova la sospensione dell’incredulità: Ray e May vengono in contatto tramite una forma bizzarra di proto-Internet sulla quale il primo vende i suoi servizi e la seconda è interessata a comprare, ma per qualche motivo lui non è davvero interessato al lavoro, ma solo a fare lunghe telefonate con lei.
Ci verrà tutto semi-spiegato più avanti, quando ormai è troppo tardi e più che altro sembra di assistere a una retcon in diretta – “non è che sono successe cose a caso, era tutto parte del mio piano che mi sono appena inventata!”. Lo specialista è un film confuso e farraginoso, che procede quasi per tentativi: ogni tanto succede qualcosa che non ha alcun impatto sulla trama, e viene quindi prontamente dimenticato in favore della cosa successiva, sperando che sia quella buona.
Per carità, essendo un film di Sylvester Stallone del 1994 c’è il minimo sindacale di morti ammazzati ed esplosioni, e il finale in particolare è abbastanza grosso e abbastanza scemo da arrivare quasi a farsi perdonare le due ore precedenti. Quasi, però: ci sono sequenze sinceramente imperdonabili, tra cui una delle scene di sesso più imbarazzanti della storia del cinema da questo lato di quella di Watchmen. E soprattutto ci sono i due protagonisti che sembrano venire da due film diversi – o meglio, sembra che lui sia inciampato per sbaglio sul set del film di lei, e ci si sia dovuti arrangiare a inventarsi un motivo per farli recitare insieme.
L’aspetto migliore di Lo specialista restano così quel paio di prove d’attore regalateci da gente che non sbaglierebbe un ruolo neanche se ci provasse. James Woods su tutti, che ci mette tutta la personalità che manca allo spaesato Stallone. E anche Sharon Stone, un’altra volta usata in un thriller erotico più come un pezzo di carne da esposizione che altro, ma che accetta il ruolo con eleganza e lo interpreta con consumata esperienza. Sono singoli pezzi di un mosaico sbilenco e mal riuscito: Stallone potrebbe avere fatto di peggio, ma non ci giureremmo.