L'indie è morto, viva l'indie!

Riflessioni varie ed eventuali sul concetto di indie

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Ha ancora senso parlare di indie? Dal punto di vista commerciale la distinzione tra indie e mainstream funziona, perché rende conto di due mo(n)di diversi di intendere l'industria videoludica. Curiosamente, l'indie esiste – quantomeno dal punto di vista retorico – solo in relazione al mainstream: non ci fossero le grandi major, che senso avrebbe parlare di indipendenti? L'indie, in altre parole, si definisce per quel che non è: non è mainstream. Sul tema si sono spesi fiumi di parole. In una prima fase si è cercato di dare un confine alla scena indipendente; nel corso del tempo questi confini sono stati messi in discussione. Oggi l'affaire indie è alquanto nebuloso e confuso. Paradossalmente, il concetto di indie sembra essersi ormai svuotato. “There is no point in seeking a formal definition or classification of indie games”, sostiene Simon Bart. Inizia con questa citazione per certi versi provocatoria Estetica e storytelling negli indie game, tesi di Paolo Nosenzo vincitrice della scorsa edizione del Premio AV.

Mai come ora, in realtà, e proprio perché ora quei confini sono diventati nebulosi, si avverte l'esigenza di problematizzare la definizione di indie, di catturarne l'evoluzione e la complessità. Nel sentire comune, l'indie risponde ad alcune caratteristiche specifiche: piccoli team, libertà creativa, sperimentazione, investimenti contenuti. C'è una bella differenza, tuttavia, tra sentire comune e realtà dei fatti. Non perché non ci sia del vero in quelle caratteristiche, ma perché la realtà è un concetto fluido e mutevole. L'indie di oggi non è l'indie di ieri.

[caption id="attachment_150482" align="aligncenter" width="600"]Minecraft Minecraft: essenza indie, guadagni da tripla A[/caption]

Nella tesi di Nosenzo la scena indipendente viene analizzata dal punto di vista produttivo, tematico ed estetico, a partire anche da un confronto con l'industria del cinema e della musica. Ne emerge un percorso in cui indie e mainstream finiscono per incontrarsi, in cui l'indie diviene il nuovo mainstream, in cui l'assimilazione è infine compiuta. Journey è un gioco indie ma è stato finanziato da Sony. Minecraft nasce come indie ma poi Mojang viene acquisita da Microsoft. In quest'ultimo caso, basta fare una ricerca in rete per trovare da più parti critici e giocatori che si chiedono se il gioca possa ancora definirsi indipendente.

"ormai la nozione di indipendente viene intesa dal pubblico di massa solamente per quanto riguarda l'aspetto visivo"

Quell'ideologia di rottura che dovrebbe essere intrinseca al movimento non rischia forse di andare perduta? Interrogativo decisamente complesso e che meriterebbe un dibattito approfondito. Emblematico il fatto che Ubisoft, compagnia “che ha realizzato alcuni fra i più grandi giochi tripla A, promuova alcuni suoi titoli (Child of Light e Valiant Hearts) come 'indipendenti'. È comprensibile" – sostiene Nosenzo – "poiché ormai la nozione di indipendente viene intesa dal pubblico di massa solamente per quanto riguarda l'aspetto visivo, senza tenere conto del modo in cui è stato realizzato il gioco o dell'autonomia finanziaria dello sviluppatore”. È un indie costantemente tra virgolette quello di Ubisoft, ma l'utilizzo che del termine viene fatto è significativo. Che l'indie stia diventando non più modello commerciale e ideologico, ma solo estetico/stilistico?

[caption id="attachment_150480" align="aligncenter" width="600"]Child of Light Child of Light è solo estetica indie?[/caption]

In questo scenario ingarbugliato il lavoro di Nosenzo acquista particolare rilevanza. Attraverso un vasto corpus di testi analizzati, Nosenzo identifica uno stile indipendente – lo stesso di cui parla Jesper Juul – e ne definisce correnti estetiche: ricorso alla pixel art, rivisitazione del passato, astrazione, minimalismo. L'indie game si fa anche portavoce di nuove forme di storytelling e narrazione. La tesi ha il pregio non indifferente di inquadrare il fenomeno in maniera puntuale, di fornire una panoramica ricca ed esaustiva sul tema, pur nella consapevolezza che si tratta di un ambito in costante mutazione e ontologicamente sfuggente. Non ha senso cercare di definire e catalogare la produzione indipendente, afferma Simon Bart, ma tentare di farlo può fornire utili basi per la ricerca in questo campo, dimostra Nosenzo. Di indie, in ambito videoludico, si parla quotidianamente. Tanto vale rimboccarsi le maniche e cercare di fare più chiarezza possibile.

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