L'impero colpisce ancora 40 anni fa creava Guerre stellari come lo conosciamo. Il sequel che ha cambiato i sequel
Non è stato Un nuova speranza ad aver creato Guerre stellari come lo conosciamo oggi. È stato L’impero colpisce ancora.
Prima di quel sequel esisteva solo Guerre stellari, inteso come titolo di un film autoconclusivo in cui Luke Skywalker passa da zero to hero in 121 minuti, da contadinotto di Tatooine a eroe della resistenza decorato in pompa magna, in un’ambientazione western-spaziale che nascondeva la matrice fantasy della storia. C’erano cavalieri bianchi e cavalieri neri, una specie di religione magica, i duelli con le spade, varie creature di specie diverse e un mondo di miti e profezie.
L’uscita italiana di L’impero colpisce ancora, 40 anni fa oggi, è stata invece la nascita della galassia, o meglio dell’universo narrativo di Guerre stellari, è nata la mitologia che poi è stata portata avanti nelle successive trilogie e negli spin-off ed è nata l’idea produttiva che ha sostenuto i film successivi e tutta Hollywood più o meno da lì in poi.
Se insomma Una nuova speranza ha gettato le basi, L’impero colpisce ancora ha creato il mito.
Invece che procedere sulla strada della replica degli elementi di successo, cioè un’altra avventura in cui Luke cerca di sconfiggere l’impero combattendo un grande obiettivo simile alla Morte Nera, in cui qualcuno di importante muore e c’è l’arrivo a sorpresa di nuovi personaggi a salvare la situazione, Lucas assume Leigh Brackett (romanziera di fantascienza e sceneggiatrice tra gli altri di Il lungo addio, Il grande sonno e Un dollaro d'onore). La Brackett ha solo 63 anni ma nel 1978 muore di cancro e così entra in gioco il 29enne Lawrence Kasdan che aveva appena consegnato la sceneggiatura di I predatori dell'arca perduta. Lucas ne era giustamente rimasto impressionato e consentì a Kasdan di creare la mitologia riscrivendo quasi in toto il materiale che fino a quel momento era stato preparato. L'idea di Lucas era infatti sempre quella di allargare la prospettiva, ragione per la quale si era inventato anche una nuova backstory per Vader e Obi Wan (quella che pari pari sarà riproposta in La vendetta dei Sith).
Il povero Canby non lo poteva sapere ma stava descrivendo con buona precisione il blockbuster del futuro. Non quello che cerca di imbastire e poi chiudere una grande storia (come avrebbe fatto ad esempio di lì a qualche anno Ritorno al futuro) ma quello potenzialmente infinito. Quello la cui grandezza e la cui lunghezza non dipendono da ragioni interne alla storia o inerenti alla creatività ma da ragioni unicamente commerciali, pronto a continuare fino a che c’è mercato per nuovi film.
“L’impero colpisce ancora è personale tanto quanto lo può essere una cartolina d’auguri natalizi di una banca” chiudeva Canby.
E in un certo senso aveva ragione anche lì.
In questo modello produttivo la personalità non viene tanto dai singoli autori (con tutte le eccezioni che conosciamo) ma da un concetto più grande che è quello della saga, uno che segue l’interesse industriale e non individuale.
Cambiando regista (il 57enne Irvin Kershner, che era stato professore di Lucas ed era un cineasta indipendente da decenni) e sceneggiatore (per l’appunto Kasdan), e mettendosi nella sedia da produttore, Lucas imposta il lavoro in modo che sia in continuità con il suo, come si fa con le serie, chiedendo di espandere e non di personalizzare. Fa lo showrunner. L’espansione tuttavia è così buona che L’impero colpisce ancora è ancora la base di ogni sequel e spin-off della saga, inventa tutti gli elementi in base ai quali diciamo che un nuovo film è oppure non è un vero film di Guerre stellari.
Innanzitutto le spade laser. Esistevano già nel film precedente ma il duello era uno e molto lento e goffo, questo film crea la coreografia elaborata, rende la spada laser non solo un’arma nobile, ma un’arte di combattimento, fatta di salti, voli, oggetti spostati e mani tagliate.
Nasce qui anche la grande saga familiare (che è quel che Guerre stellari alla fine della fiera è), nasce con lo spoiler degli spoiler, la rivelazione di cosa leghi Luke e Vader. È un’idea che non solo amplia di colpo tutta la prospettiva di questo scontro tra ribelli e Impero, rendendo la Galassia un luogo di famiglie e dinastie, ma mette anche il villain al centro della storia (non a caso è in questo film che esordisce il tema della Marcia imperiale). Quella mossa così in continuità con l’idea del fantasy e trasforma definitivamente la storia del mondo di Guerre stellari da una contrapposizione di luce e tenebre alla lotta di singoli individui per aderire all’una o l’altra. Come in Il Signore Degli Anelli c’è una corruzione che si fa strada nell’animo dei protagonisti e loro devono resistergli.
L’impero colpisce ancora poi crea Yoda, dopo Vader la figura più nota di tutto il franchise, e con lui approfondisce il mito della Forza e del suo lato oscuro. Tutta la lunga parte di addestramento sul pianeta paludoso Dagobah è un piccolo miracolo di storytelling, un inserto tra le avventure degli altri personaggi in cui la metafora del lato oscuro diventa il bosco paludoso e la Forza diventa qualcosa da imparare, in cui allenarsi, qualcosa per sollevare astronavi, che tiene in vita Yoda e tramite lui capiamo che non ha niente a che vedere con il corpo (per quanto l’assenza/presenza di Obi Wan Kenobi già l’aveva introdotto) ma tutto a che vedere con l’anima. Elementi di religioni orientali masticati e tradotti per pubblici occidentali.
Arriva in questo film l’imperatore (perché se Vader passa al centro della storia ci vuole un altro cattivo più cattivo), arriva Boba Fett a tenere un piede nel mondo del western, arriva Lando, il primo personaggio di colore, introdotto dopo che il Los Angeles Times pubblicò una lettera che lamentava l’assenza di rappresentazione delle minoranze nella galassia di Lucas e in generale nella fantascienza. Era praticamente una risposta afrofuturista 13 anni prima che il termine fosse coniato.
Come se non bastasse anche i personaggi che conosciamo come la principessa Leia e Han Solo è qui che diventano quello che poi saranno sempre (perché Luke è spostato nell’orbita familiare e non può essere la controparte romantica).
Se si esclude la scena di Una nuova speranza in cui Han Solo forse spara per primo o forse no (diventata nota per altre ragioni), sono qui tutti i momenti più noti dei due. Qui Leia ha la sua vera personalità, qui Han risponde al suo sospirato “Ti amo” con lo sbruffone “Lo so”, una delle frasi da schiaffi migliori di sempre, nel momento recitato meglio di tutta la saga.
Spesso si dice che L’impero colpisce ancora sia il miglior sequel mai fatto (difficile, essendoci Il Padrino parte II, Interceptor - Il guerriero della strada e Aliens in gara), di certo è il film che ha cambiato il concetto di sequel, facendolo passare da ripetizione ingrandita di qualcosa che ha avuto successo a una nuova storia in un universo pieno di storie.
L'impero colpisce ancora e gli altri film di Star Wars sono disponibili in streaming su Disney+.