Limbo e Inside: perché vanno giocati, ancora una volta, anche su Nintendo Switch

Limbo e Inside debuttano su Nintendo Switch e non sembrano invecchiati di un giorno

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Limbo e Inside, rispettivamente ad otto e due anni dalla release originaria, da qualche giorno sono disponibili anche su Nintendo Switch, ennesima console, tra le moltissime altre, in cui sarà possibile godersi la combo di capolavori targati Playdead, piccolo studio danese che nel suo curriculum non vanta nessun altra produzione oltre a quelle appena citate.

Per i pochi che ancora non lo sapessero, si tratta di una coppia di giochi che, sviluppando meccaniche assolutamente identiche, sorprendentemente  e inaspettatamente sono narrativamente interconnessi, entrambi platform tutto enigmi ed ostacoli da superare che, in modi differenti, dipingono e mostrano mondi distopici, contorti, dominati da leggi e convenzioni sociali soverchianti, repressive, annichilenti.

Più fantasy il primo, maggiormente votato alla fantascienza l’altro, mettono in scena le asfissianti epopee di giovanissimi protagonisti che fuggono senza una meta, un obiettivo, una finalità. L’assenza di un impianto narrativo di stampo classico, oltre a disorientare, esplicita con estrema efficacia  e violenza la drammatica condizione in cui riversano i due erranti di cui dovrete vestire i panni, martiri senza causa, eroi senza valori da difendere, profughi senza un porto sicuro in cui attraccare.

[caption id="attachment_187164" align="aligncenter" width="1000"]Limbo screenshot Quante volte abbiamo visto soffrire e “morire” gli occhi del giovane protagonista di Limbo?[/caption]

È la desolante condizione di chi non ha niente, ma è comunque braccato da nemici privi di volto, accaniti inseguitori con l’unico obiettivo di opprimere, sopraffare, uccidere. In Limbo, a dire il vero, si ha quasi la sensazione di essere stranieri costretti ad una pacifica ed involontaria invasione, inspiegabilmente contrapposti ad una popolazione indigena che si difende a suon di trappole e meccanismi mortali. Inside, invece, rende chiara sin da subito l’urgenza di fuggire da un regime totalitario che non vuole e non può permettersi perdite umane, deciso com’è a braccare il nostro con ogni mezzo a propria disposizione.

A pensarci bene, si tratta di tematiche estremamente contemporanee, in barba a chi crede che i videogiochi non siano cultura e arte, concetti espressamente post-moderni che indagano ed interrogano un’umanità spesso incapace di capire, perché impossibilitata, o del tutto disinteressata, a chiedere, a domandare, a farsi spiegare.

Non è nemmeno un caso che i protagonisti delle due avventure siano così giovani, segno di inesperienza, ma anche di un’innocenza pronta a tramutarsi in ferocia, evoluzione ben evidente sopratutto nel finale di Inside, dove finirete per controllare una mostruosità che distrugge ed abbatte qualsiasi cosa gli si pari di fronte. Sì, perché nelle opere mute di Playdead ci si può persino reperire un rimando al buon selvaggio di Jean-Jacques Rousseau, buono per natura, plagiato da una società deformata da inutili convenzioni e dalla corsa al profitto.

"La forza di Limbo ed Inside consiste proprio nella loro capacità di suggerire innumerevoli storie, senza mai raccontarne realmente una"La forza di Limbo ed Inside consiste proprio nella loro capacità di suggerire innumerevoli storie, senza mai raccontarne realmente una. Sono così proliferate le teorie dei fan, le supposizioni dei critici, le suggestioni di chi cerca a tutti i costi un messaggio di fondo. Chiunque è capace di leggerci qualcosa di intimamente personale, di affascinante, di coerente con la contemporaneità.

Non bisogna poi dimenticarsi di un level design che non solo ha fatto scuola, ma non sembra minimamente invecchiato. Laddove Inside è più lineare e persino vagamente votato all’azione, Limbo mescola con maestria sezioni platform a momenti in cui bisogna usare il cervello per spianarsi la strada. Tiranneggia il trial & error, ma non c’è frustrazione, né si palesa “l’effetto Dark Souls”. I numerosissimi checkpoint minimizzano la penalizzazione del game over, lasciando che il focus dell’esperienza resti sulla curiosità di scoprire cosa ci sia dopo, nell’inutile illusione che la trama, in qualche modo, prima o poi, si esponga con chiarezza.

[caption id="attachment_187165" align="aligncenter" width="1000"]Inside screenshot In Inside, con pochissime ambientazioni i ragazzi di Playdead hanno saputo creare un mondo ricco di scorci interessanti[/caption]

A rendere ulteriormente eterni i due titoli di Playdead, ci pensa infine un art design ispiratissimo, totalmente svincolato da qualsiasi velleità di fotorealismo. Limbo si affida al minimalismo e all’ermetismo per inscenare un’avventura simbolica e metaforica. Inside lascia che sia l’ambientazione a raccontare e mostrare i drammi di un mondo martoriato, inquinato, massacrato.

Limbo e Inside, attraverso gli anni e le console, continuano ad incantare, affascinare, suggestionare. Si tratta di due meccanismi perfettamente funzionanti anche oggi, proprio perché opere senza tempo, onnicomprensive, quasi faustiane.

Giocarli su Nintendo Switch, insomma, è quasi un obbligo per chi non l’ha ancora fatto altrove. Rigiocarli, invece, significherà scoprire quanto siano ancora attuali, ammalianti, appassionanti.

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