Lights Out – Terrore nel buio, tanto con poco

Lights Out – Terrore nel buio è un piccolo horror che prende una singola idea e la esplora da tutte le angolazioni possibili, e facendo pure paura

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Lights Out – Terrore nel buio va in onda su Italia 2 questa sera alle 21:15 e in replica domani sera alle 23:41

L’esistenza di Lights Out – Terrore nel buio è uno degli effetti collaterali del successo di The Blair Witch Project. Non perché il film di David F. Sandberg, svedese che dal 2015 vive e lavora a Hollywood, sia un found footage. Ma perché è figlio di un’ondata di filmmaking indipendente e incentrato sull’horror a cui il film di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez ha spalancato le porte, indicando opportunità che fino ad allora erano riservate a chi poteva permettersi di avere un budget. Il cinema horror dopo TBWP non è più stato lo stesso, e non solo perché il film ha creato praticamente da zero un nuovo genere, ma anche perché milioni di persone hanno scoperto che bastava poco (una macchina da presa da qualche centinaio di euro e tanta creatività) per girare qualcosa, anche solo un corto, e cominciare a farlo circolare, nella speranza di farsi notare.

Pensate a quanti horror-e-dintorni post-2000 sono nati come cortometraggi opzionati poi per un’espansione a film. Mama. Oculus. Excision. Babadook. Persino District 9, se volete inserircelo! E Lights Out – Terrore nel buio è un altro della lista, e forse uno dei migliori. Nasce da un corto che Sandberg ha girato insieme alla moglie Lotta Losten, e che si basa su un’idea semplicissima: c’è una tizia in casa, e un mostro che si vede solo quando la luce è spenta.

Il corto, che Sandberg presentò a un concerto senza vincere nulla e che da allora lascia disponibile sul suo canale dal buffo nome di ponysmasher (anche se lo stesso Sandberg giura che non ha nulla contro i pony), fece molta impressione nel 2013, diventò virale come si dice in questi casi (al momento siede a un passo dai sedici milioni di visualizzazioni), e alla fine finì sulla scrivania di un altro che era diventato famoso grazie a un corto trasformato in film: James Wan, il cui debutto Saw nasce da un corto che il regista e Leigh Whannell girarono e fecero poi girare per farsi conoscere. Wan invitò Sandberg a trasferirsi a Los Angeles per lavorare allo script di un eventuale adattamento di Lights Out – Who’s There (questo il titolo del corto, che non c’entra con questo). Sandberg racconta che lui e la moglie dovettero affittare una casa su Airbnb per tutta la durata delle riprese, e che il trasferimento fu più generalmente un trauma.

Teresa Palmer

Tutto questo, va detto, non si riflette in alcun modo sul risultato finale. La più grossa sfida nel trasformare un corto di un paio di minuti in un film è inventarsi una mitologia sufficientemente interessante da sostenere novanta minuti basati su una singola idea – in questo caso quella del mostro che si vede solo al buio. Sandberg la affronta con il piglio di certo horror moderno, alla Mama/Babadook, e cioè puntando fortissimo sui personaggi e sui rapporti tra di loro, e usandoli come veicolo per alimentare una paura che ha origini psicologiche tanto quanto ne ha di soprannaturali.

Lights Out – Terrore nel buio è prima di tutto un film su una famiglia, e su una figura esterna che vuole turbarne l’armonia. Certo lo fa con tutta la grazia del mostro di un film horror, e cioè massacrando un po’ di persone (poche, per la verità, una delle quali peraltro è la stessa Lotta Losten, protagonista del corto originale) e aggirandosi per le case dei protagonisti stridendo e urlando; ma all’origine delle sue azioni non c’è la sete di sangue o una maledizione o la voglia di risvegliare un antico male o una qualsiasi altra giustificazione apocalittica: Lights Out è talmente tanto un film di rapporti umani che non si limita a parlarci dei personaggi e delle loro motivazioni ma si preoccupa anche di spiegare e quasi giustificare quelle del mostro.

Neon

Tutto il peso del film sta quindi sulle capacissime spalle di Rebecca/Teresa Palmer, del suo giovane fratello (nel film) Martin/Gabriel Bateman e dell’inquietantissima Sophie/Maria Bello, la madre dei due. Martin in particolare è l’oggetto del contendere: la sorella lo vorrebbe sottrarre alla madre, che a sua volta vorrebbe tenerlo con sé per sempre, in un’improbabile pacifica convivenza con Diana – cioè il più volte citato “mostro”, un termine che non necessariamente si adatta alla sua figura ma che continueremo a usare per comodità linguistica. C’è anche chi potrebbe lamentarsi che Lights Out – Terrore nel buio è un horror fin troppo parlato, o un dramma familiare mascherato da horror; non saremo noi a smentire queste persone, solo a far notare che non è necessariamente un male, e che anche altri grandi horror del passato erano apparentemente sbilanciati allo stesso modo.

Ci permettiamo di farlo notare perché poi quando decide di spaventare Lights Out è terribilmente efficace. E questo nonostante abbia a disposizione un singolo trucchetto, che viene però rigirato ed esplorato da tutti gli angoli possibili, al punto che quando non stanno parlando i personaggi di Lights Out sembrano essere in un tutorial su YouTube su “come tenere le luci accese il più possibile”. Sandberg sa di non poter esagerare né di potersi permettere troppi virtuosismi o scene madre; Diana agisce con il favore delle tenebre, e gran parte delle sequenze più puramente horror sono una collezione di jump scare che sono una variazione sul tema di questo trucco che risale ai tempi del corto:

https://gfycat.com/preciousopulentferret

Sandberg sa, dicevamo, e agisce di conseguenza: Lights Out – Terrore nel buio è un film che dura a malapena 80 minuti, che inizia e finisce in un respiro e che non ha il tempo materiale di stufare o diventare ripetitivo – e che quando c’è bisogno di rinfrescare l’aria si limita a cambiare location e spostarsi in una nuova casa infestata. È economia horror, uno studio su come ottenere il massimo risultato con tre strumenti in croce. Che, e così torniamo all’inizio, era anche la lezione di The Blair Witch Project, e che nel caso di Lights Out ha portato un budget di 5 milioni di dollari a lievitare fino ai 150 milioni di incassi, e Sandberg a dirigere film multimilionari. Se non è un invito a girare quel corto a cui pensate da anni e poi mandarlo a qualche concorso questo, non sappiamo cosa lo sia.

Trovate tutte le informazioni sul film nella nostra scheda!

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