Le serie Marvel non hanno showrunner, ma head writer. Ecco perché la cosa preoccupa l’industria

Tra showrunner e head writer la differenza è sottile, ma in mezzo passa una intera filosofia produttiva che potrebbe cambiare l'industria

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Quando Kevin Feige ha presentato il team creativo di The Falcon and the Winter Soldier ha definito Malcolm Spellman come Head Writer (sceneggiatore capo) e Kari Skogland come la regista della serie. Head Writer è un termine usato solo dalla Marvel. E qualcuno lo considera un problema.

La gerarchia della televisione è da sempre ribaltata rispetto a quella cinematografica. Nella creazione di un film è il regista che risponde di tutte le scelte creative, è lui che supervisiona i vari reparti perché lavorino in coerenza con la sua visione. Nelle serie Tv questa figura è identificata come showrunner. È colui o colei che tiene le fila del progetto per una o più stagioni, anche quando i registi si assecondano di episodio in episodio.

Spesso lo showrunner ha più compiti del regista. Questa figura è a capo del team di sceneggiatori, decide la direzione che dovrà prendere la storia, ma si fa carico anche delle decisioni creative ed estetiche: assegna le parti agli attori, decide il tono e i temi della serie. È un produttore che detiene la responsabilità creativa e, in quanto tale, è superiore ai registi degli episodi. Convenzionalmente lo\la si considera il vero autore\autrice del prodotto.

Per la Marvel le cose sono un po’ diverse. Già al cinema lo studio capitanato da Kevin Feige aveva visto il produttore (e presidente dei Marvel Studios) ricoprire un ruolo molto simile a quello dello showrunner in Tv. È lui che supervisiona la coerenza dell’universo, è lui che sceglie gli artisti e i film da produrre. I registi e gli sceneggiatori rispondono a Feige. Non è dato sapere quanto la sua mano sia pressante e invasiva. Qualcuno trova una grande libertà in questo stile produttivo (James Gunn è uno di questi), altri hanno declinato la regia proprio perché contrari a questo approccio (immaginiamo che ci sia questo dietro alle “divergenze creative” con Edgar Wright, ad esempio).

In televisione la Marvel ha adottato lo stesso modello produttivo dei lungometraggi. Le serie viste fino ad ora hanno un Head Writer a capo di tutti gli episodi e una persona in cabina di regia per tutta la durata della stagione. Proprio come se fosse un lungo film Marvel. Pare che in futuro le cose saranno leggermente diverse. Moon Kinght avrà tre registi. Anche Ms. Marvel vedrà un team di più persone alla regia, mentre la serie sarà scritta dalla sola Bisha K. Ali.

I registi possono guidare molte decisioni creative, collaborando con gli sceneggiatori, con gli executive Marvel e infine con Feige stesso. Kari Skogland ritiene questo modello vincente.

Ero nella stanza degli sceneggiatori in modo da potere assorbire ciò che veniva detto ed essere parte del processo di circolazione delle idee. Mentre stavamo lavorando alla produzione scrivevamo le scene e chiedevamo la riscrittura di alcuni elementi. Perciò Malcolm Spellman è stato ancora una parte importante del processo, ma secondo delle procedure diverse. Onestamente, è [un metodo] molto efficace ed efficiente, perché è semplicemente troppo lavoro per una sola persona.

Alcuni sceneggiatori interpellati da Variety (rimasti però anonimi) hanno espresso la preoccupazione che questa strategia produttiva diventi un trend. La televisione era il regno degli scrittori, dicono, ed è rischioso che il pubblico ritorni a pensare che sia il filmmaker a rendere speciale la storia. Anche il fatto che un regista possa modificare il lavoro degli showrunner è una pratica insolita che chiaramente non piace a quest’ultima categoria.

David Goodman, il presidente della Writers Guild of America West (il sindacato per la difesa degli sceneggiatori) vede il caso Marvel come un unicum. Una particolarità dell’azienda che, nonostante qualche preoccupazione, non crede si diffonderà.

Il modello a showrunner è ancora forte, secondo lui. L’idea che gli sceneggiatori stiano perdendo potere è un’argomentazione nata in seno alla lunga diatriba tra il sindacato e le agenzie che rappresentano i talenti. Queste ultime avevano infatti interesse a far credere che questo ruolo fosse di minore importanza per stimolare le trattative con le major secondo la tecnica del “packaging”, ovvero fornendo interi pacchetti di talenti e prendendo alte percentuali di commissioni fisse. Questo ha prodotto minori incentivi alle agenzie per contrattare buoni salari agli sceneggiatori innescando così il conflitto tra le due parti.

Il modello Marvel in televisione non per forza diventerà la consuetudine. Anche al cinema infatti il metodo produttivo di Kevin Feige, nonostante qualche tentativo di imitazione, rimane un brillante caso di successo, ma isolato. Hollywood però continua a guardare con timore una tendenza che, se si realizzasse, porterebbe dei cambiamenti forse invisibili allo spettatore, ma molto concreti per i lavoratori. 

Fonte: Variety

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