Le origini di Juno


Esattamente venti anni prima della pellicola che si è aggiudicata l'Oscar per la miglior sceneggiatura, usciva un prodotto molto simile. Anzi, addirittura più coraggioso. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Per gioco... e per amore, 1988. Il regista era nientepopodimenoche John Avildsen, premio Oscar per Rocky (difficile pensare ad un realizzatore premiato con questo riconoscimento con un curriculum meno interessante). La protagonista era invece Molly Ringwald, conosciuta fino a quel momento per tante pellicole adolescenziali come Bella in rosa e il fondamentale Breakfast Club.

La storia? Una coppia di liceali all'ultimo anno stanno per andare al college, ma Darcy, sebbene abbiano preso delle precauzioni, scopre di essere rimasta incinta. I genitori dei due, nonostante le loro convinzioni religiose, non sembrano avere dubbi e insistono per l'aborto o per affidare il bambino in adozione. Tuttavia, nonostante le difficoltà che questo comporterà nelle loro vite e per proseguire gli studi, la coppia decide di portare avanti la gravidanza e di crescere il loro bambino.

Una pellicola che all'epoca non ottenne grandi consensi e che ancora oggi il dizionario Mereghetti ricorda così:

"Una specie di fiaba rassicurante ed educativa, al contrario degli adulti cinici ed egoisti, i giovani amano la famiglia e sanno affrontare ogni difficoltà in nome dell'omnia vincit amor. Retorica a volontà, noia inevitabile".

Ora, il mio ricordo è un po' più positivo di quello del critico del Corriere, ma devo anche ammettere che dopo 15 anni non metterei la mano sul fuoco sulla qualità della pellicola. Tuttavia, non è questo il punto. Quello che è interessante è come un prodotto tutt'altro che eccezionale (nel migliore dei casi) e considerato un banale prodotto di una major, risulti avere una storia decisamente più coraggiosa di quella di Juno, pellicola premiatissima ed esaltatissima, decisamente ben al di là dei suoi meriti.

Senza scivolare in spoiler sul film di Jason Reitman, è difficile non rimanere colpiti da alcune banalità dello script di Diablo Coby, incredibilmente (o forse no) premiato con l'Oscar. Penso soprattutto alla reazione dei genitori di Juno, che sembrano aver scoperto che la propria figlia ha un foruncolo sul naso e non che è rimasta incinta, per come sembrano prendere sottogamba la cosa. Ora, il punto non è se si propende per portare avanti la gravidanza o meno (come invece suggerivano i genitori di Per gioco... e per amore), perché le discussioni politiche su un atto così personale le lasciamo volentieri ai grandi quotidiani, che ormai parlano di cinema solo se c'è la politica di mezzo. Il problema è che un momento così delicato venga affrontato in una pellicola con una superficialità stupefacente e francamente imbevibile. Gli adulti della pellicola del 1988 saranno anche stati "cinici ed egoisti" come dice Mereghetti, ma almeno sono credibili.

Allo stesso modo, le difficoltà che affronta la protagonista del primo film sono decisamente diverse da quelle di Juno. D'accordo, nel caso del personaggio di Molly Ringwald, si decide anche di crescere il bambino, quindi la situazione è ovviamente diversa. Ma Juno sembra vivere tranquillamente una fase che, per qualsiasi donna, è comunque delicata e piena di complicazioni, figuriamoci per una sedicenne. E cosa vediamo? Soltanto qualche occhiata strana a scuola da parte dei suoi compagni. Tutto qui? Apparentemente, tutto qui, almeno prima del finale.

Il punto è che, se Juno (pellicola, per carità, carina e ben fatta in molti altri aspetti) è il miglior prodotto indipendente del 2007, allora stiamo messi male, considerando che sembra una fiaba disneyana confrontata con un prodotto di consumo come Per gioco... e per amore. Ma qui, si aprirebbe un discorso lungo su quello che è il cinema indipendente attuale e sulle differenze rispetto agli anni ottanta e novanta. Discorso che, magari, prima o poi faremo...

La recensione di Juno


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