Le follie dell'imperatore, il film che ha rischiato di non esistere
La storia della produzione travagliata della prima versione de Le follie dell'imperatore, un film che per ha rischiato di non esistere
Il film, arrivato in sala nel 2000 (in Italia nel 2001) e diretto da Mark Dindal non si può certo definire un successo commerciale con i suoi 169 milioni di dollari incassati in tutto il mondo. Le follie dell’imperatore ebbe però una seconda vita in home video, diventando un piccolo film molto amato da più generazioni.
La prima versione del film si intitolava Kingdom of the Sun e venne proposta alla Disney da Roger Allers, in quel momento potentissimo e particolarmente amato per avere portato nelle casse 968 milioni di dollari con Il re leone.
Lo studio lavorò al film per tre anni, impiegando i migliori talenti. Non solo Mark Dindal, ma anche Andreas Deja, uno degli animatori più apprezzati della Disney. Egli aveva lavorato su Gaston ne La bella e la bestia e aveva creato l’iconico villain Scar per Il re leone. Il suo desiderio era di animare un personaggio complesso e stratificato come era all’epoca Yzma. La sua fisicità scheletrica è rimasta intatta in entrambe le versioni ma, nella prima scrittura della storia, era dedicato molto più spazio al suo personaggio. Le sue motivazioni erano però così intrecciate con la storia che la rendevano di difficile comprensione al pubblico più piccolo e rallentavano l’avanzare degli eventi.
Tra gli altri talenti che risposero con entusiasmo alla proposta di lavorare a questa prima versione de Le follie dell’imperatore ci fu anche Sting. Il musicista era considerato inizialmente troppo raffinato rispetto alle esigenze di un film di animazione. Lo studio temeva che la sua musica non riuscisse a restituire il divertimento e la spensieratezza necessaria per il successo. Eppure Sting era lì proprio per questo: era stimolato dal potersi inoltrare il territori inesplorati. Lo affascinava l’idea attorno a cui ruotava il significato del film: la centralità dei lama nei processi di civilizzazione. Il fatto che senza quegli animali, e la loro lana, non sarebbe mai potuto sorgere l’impero Inca.
In poco tempo iniziò a scrivere i primi brani, avendo a disposizione poco più che una bozza di sceneggiatura. Nel frattempo, per aiutare Allers a dirigere il film, che iniziava a mostrare i suoi primi problemi di ritmo e trama, venne chiamato Mark Dindal, apprezzato dalla Disney per il suo lavoro su La Sirenetta e Aladdin, ma relativamente poco esperto come regista.
A quel punto però la prima versione de Le follie dell’imperatore (nota allora come Kingdom of the Sun) era così intricata e ambiziosa da essere irricevibile. Serviva un’ora solo per raccontare la storia, i personaggi e lo sviluppo non possedevano la sintesi richiesta da questo tipo di film. Per tre anni lavorarono per sbrogliare questa versione ambiziosa ma fiacca, finalizzando parecchie scene e canzoni. Ma il film continuava a essere un labirinto senza uscita.
Ci fu un test screening disastroso che fece crollare la torre già pericolante. Il produttore Thomas Schumacher ammise che il film non funzionava: i personaggi non attiravano l’empatia dello spettatore e la storia non era interessante. Convocarono allora il gruppo di creativi dello studio per sistemare il possibile: Gary Trousdale, Kirk Wise, Ron Clements, John Musker, Joe Ranft diedero i loro appunti e le note. Ma l’unico effetto fu la sospensione della produzione del film per un lasso di tempo non definito, per cercare di sistemare il possibile.
Vennero tagliati alcuni personaggi, pensarono di cambiare l’ambientazione dal Perù al Nebraska, con pecore al posto dei lama. Nulla però superò lo status di semplice “idea” venendo concretamente implementata.
La produzione era così in alto mare che si registrarono crisi isteriche. Pare che il produttore Randy Fullmer convocò Thomas Schumacher quasi in lacrime. Gli disse: “non hai idea di cosa significhi attraversare la strada e andare da Michael Eisner a dire che, dopo avere speso 40 milioni di dollari, non abbiamo nulla. Quindi dovete proporre un’idea.”
Così fu. Sia Allers che Dinda lavorarono alla propria versione del film e la presentarono agli executive (senza sapere che l’altro stava lavorando allo stesso progetto).
Passò quello di Dindal che prese le redini del film il cui titolo provvisorio era ora Kingdom in the Sun. I cambiamenti però erano ben più radicali di quelli del titolo: con soli due anni per completare il film non c’erano possibilità di errore. La storia venne quindi semplificata e ridotta, aumentò l’umorismo e vennero inserite senza troppi problemi idee strampalate. Dindal si ispirò ai movimenti e alla comicità dei Looney Tunes. Tutte le proposte che semplificassero passaggi di trama erano bene accette, per questo ne Le follie dell’imperatore si vedono scene raramente associate allo stile Disney.
Trampolini che salvano i cattivi dalle cadute, gravità “a scoppio ritardato” che agisce solo quando i personaggi se ne accorgono, musicisti moderni che ballano con imperatori antichi… sono tutti elementi innovativi portati da questo flusso creativo e un po’ disperato.
Il reparto marketing decise di cambiare il titolo (originale) in The Emperor's New Groove. Kuzco venne messo al centro della campagna promozionale raccontando però male il vero cuore del film (nemmeno il trailer rispecchia quella che è la forza della pellicola). Le follie dell’imperatore, una volta arrivato in sala non incassò, ma piacque alla critica e al pubblico… ma non a Sting. Il musicista si disse deluso dal cambio nella trama. Era salito a bordo per un’epica storia di un impero, ed era finito a comporre le musiche per quello che fu definito “il lungometraggio Disney più simile a quelli della Warner Bros mai fatto”.
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Fonte: Collider, The Sweatbox