Le 5 idee più potenti dentro Le otto montagne

Dal libro al film Le otto montagne mantiene una filosofia di vita fatta di ricerca, sentieri e inquietudini. Ecco cinque idee.

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Le otto montagne è un film riuscito perché riesce a mantenere, pur comprimendo e sintetizzando, le idee poetiche presenti nel libro di Paolo Cognetti. C’è la sua visione del mondo, ci sono i suoi sentimenti che battono sotto la scorza di due uomini apparentemente opposti. I registi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch rispettano quella ricerca poetica della semplicità. È fatta da una casa da costruire, una vita da ricucire e poco altro. Da qui nasce la storia, qui si chiude. Dentro ci sono due mondi ricchissimi.

Così Le otto montagne, che è da poco arrivato su Netflix, è un film da esplorare emotivamente a fondo per arrivare a comprendere le sue idee più importanti. Oggi vogliamo parlarvi del film attraverso queste sue intuizioni esistenziali.

Conoscersi attraverso gli stessi sentieri

L’abbiamo inserita tra le scene più belle del 2022: Pietro Guasti ha perso tempo con suo padre Giovanni. Un rapporto scivolato via con la crescita. Insieme a Bruno, un ragazzo di montagna proveniente da una famiglia disastrata, padre e figlio praticavano escursioni ad alta quota, avventure di montagna opposte alla monotonia della città. 

Alla morte del genitore, Pietro si rende conto di quanto il figlio “adottivo” Bruno conosca Giovanni più di lui. Prende la vecchia mappa del padre e ripercorre i suoi sentieri tracciando una nuova linea, la sua, a fianco di quella già scritta. È un’immagine potentissima su come la vita non sia sempre andare avanti, ma a volte sia camminare nei sentieri già battuti da chi ci ha preceduto. Pietro ritrova, vicino a ogni vetta, piccoli pensieri lasciati dal padre nei diari dei viandanti. Instaura un dialogo con lui a distanza di tempo e di una vita. Non è mai troppo tardi. 

Non c’è la natura, ci sono le cose

Un'altra scena fondamentale ne Le otto montagne è la discussione sul concetto di natura. Dice Bruno: “Siete solo voi di città che la chiamate natura. Perché è così astratta nella vostra mente che è astratto pure il nome. Qua diciamo bosco, pascoli, fiume, sentieri. Cose che si possono indicare col dito, cose che si possono usare”. Sta qui la grande idea del film: mostrare l’attrito che deriva dall'incontro tra due realtà opposte. Le persone di città e le persone di montagna. Anche Bruno idealizza a suo modo la vita di città. Gli amici di Pietro che salgono a trovarlo ammirano a modo loro la “natura” raccontandosela in un modo che non esiste. Sono vittime dell’illusione di chi non ha mai vissuto a contatto con essa. C’è la fatica nella montagna, ci sono sudore, sangue, rocce e morte. Siamo stati così tanto lontani dai pascoli e dai ruscelli che ci siamo dimenticati quanto possano essere duri.

Città e montagna: due rifugi

Le otto montagne è anche una storia di nidi. Da bambini si sta nella propria dimensione famigliare. Casa, affetti, routine. Un equilibrio che quando si ventila l’ipotesi di portare Bruno in città spaventa Pietro. Non perché non voglia bene all’amico, ma per il cambiamento in sé. È come se, per lui, Bruno debba rimanere nel suo ambiente. In parte, come mostra il resto del racconto, è così. Solo che l’esterno, ciò che è fuori casa, chiama talvolta anche chi è fatto per la montagna.

Per Pietro le cose sono più difficili. Uscito dal suo nido famigliare fatica a trovare un nuovo rifugio. Gira inquieto in lungo e in largo cercando di capire se il suo posto sia visitare tutte le cime delle otto montagne del mondo, secondo concezione nepalese del mondo, o andare direttamente sul monte più alto.

Il proprio posto nel mondo è il mondo

Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch sono due registi belgi. Paolo Cognetti è uno scrittore italiano. Le otto montagne è una coproduzione tra Italia, Belgio e Francia. La maniera produttiva del film rispecchia il suo contenuto. Il personaggio di Pietro è infatti un invito a esplorare la terra. L’inquietudine esistenziale non si risolve, ma si può domare, muovendosi verso nuovi orizzonti. L’esploratore è colui che cerca se stesso, ancora prima delle terre. 

Poi però tutto l’affannarsi si riconduce a uno o pochi luoghi significativi. Gli spazi della vita, come una casa costruita su un terreno impervio in onore del padre biologico e del padre dell’anima. Lì è dove si vive, lì è dove si muore. Le otto montagne riesce a rendere questo spazio sia squisitamente realistico che un piccolo paesaggio simbolico.

Da fratelli ad amici

Che enigma il rapporto tra Pietro e Bruno, che meraviglia la sua evoluzione! Il cinema ha raccontato spesso l’amicizia così forte da diventare fratellanza. I due bambini sono come fratelli all’inizio della storia. Tanto che i genitori di Pietro cercano di rendere Bruno ancora più di famiglia. Poi le strade si separano, Bruno vive più all’interno della famiglia Guasti (un cognome significativo per descrivere questi personaggi) rispetto al figlio biologico che invece ha rotto i rapporti.

I due diventano ragazzi, poi uomini. Il loro rapporto cambia fino ad un finale che ribadisce con straordinaria potenza il fatto che l’amicizia non sia seconda alla fratellanza. La montagna centrale, quella più alta dalla cui posizione ferma e imponente si può vedere tutto il mondo è, per Pietro, il suo amico Bruno. Un amico, un amico vero, come sottolinea nelle ultime battute, che la montagna gli ha dato e alla quale ha dovuto restituirlo.

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Fonte / BadTaste
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