Lara Croft e Nathan Drake: due sex symbol a confronto
Due icone a confronto, attraverso una prospettiva particolare: Lara Croft e Nathan Drake
Lara Croft, icona sexy di una generazione, cambiata radicalmente nel corso della sua storia ventennale. Originariamente concepita dal suo creatore, Toby Gard, come icona femminile forte e capace di padroneggiare qualsiasi situazione, è stata sin da subito trasformata in una pin-up ipersessualizzata per questioni di marketing. Dal secondo capitolo in poi, il sex appeal di Lara viene progressivamente enfatizzato fino ad arrivare a momenti di puro disagio in Tomb Raider: The Last Revelation e Tomb Raider Chronicles. I limiti tecnici del motore grafico rendono estremamente goffo il tentativo di ipersessualizzare il personaggio, generando una figura dalle forme estremizzate e spigolose: più che attraente, ridicola. L’enfasi sul corpo di Lara viene ottenuta grazie a un uso sapiente della camera virtuale, che mette sempre al centro dell’inquadratura le sue natiche avvolte negli ormai iconici shorts e regala al giocatore sporadiche visioni frontali sacrificando la giocabilità sull’altare del voyeurismo.
Quello che tuttavia rende memorabile l’esperienza di questi capitoli della saga è soprattutto il comparto audio: dal secondo episodio, infatti, è la vocalità di Lara a essere eccitante. Ogni azione che compie è accompagnata dall’emissione di suoni al limite tra l’ambiguo e il sessualmente esplicito: Lara sospira, grugnisce, geme, strilla, mugola soddisfatta. L’enfasi sulla dimensione erotica si pone apertamente in contrasto con la costruzione del suo personaggio: Lara è un’eroina algida e inarrivabile che non mostra interesse per gli uomini se non quando si tratta di crivellare di pallottole i loro corpi. È la donna che non deve chiedere mai, l’eroina invincibile dal fisico superatletico e dalla mira infallibile, che dall’alto della sua sensualità fa strage di cuori, ma non in senso figurato. Sembra quasi inconsapevole della propria straripante bellezza, oggetto ma non soggetto sessuale, con un’esistenza erotica a uso esclusivo del giocatore, che può immaginarla solamente sua.
[caption id="attachment_167854" align="aligncenter" width="600"] Lara di sera[/caption]
Dopo il fallimento commerciale di Tomb Raider: The Angel of Darkness, il franchise passa nelle mani di Crystal Dynamics: i tre capitoli della cosiddetta trilogia – Tomb Raider: Legend, Tomb Raider: Anniversary e Tomb Raider: Underworld – ci presentano una Lara ancora più spaccona e fisicamente prestante. Le possibilità grafiche del nuovo engine permettono una modellazione più naturale e realistica: il seno esagerato è stato riportato a proporzioni più plausibili e parecchia enfasi viene data ai fianchi e ai glutei, non più scolpiti ma morbidi e ancheggianti. Il comparto audio di Legend e Underworld è dominato dalla musica e dai dialoghi, non più confinati alle cutscene ma presenti anche in game: ne risulta una partitura acustica quasi cinematografica. In Anniversary – remake del primo episodio – è bastato rimettere mano alla vocalità di Lara: i versetti sono meno frequenti e meno ambigui; viene così meno quell’effetto da film porno tipico dei primi capitoli.
La parziale desessualizzazione si accompagna però a un temperamento più spregiudicato: Lara si accorge, finalmente, di essere una bomba sexy, oltre che una donna pericolosa, e al posto della raffinatezza british voluta da Toby Gard emerge la sbruffonaggine dei film d’azione americani. In Legend, Lara indossa per la prima volta abito da sera e tacchi alti: sensuale e ancheggiante, rivela a un boss della Yakuza di “saper trattare gli uomini pericolosi”. Questa Lara non è più solo oggetto del desiderio: si è riappropriata della propria sensualità e, sebbene rimanga un’amazzone, si dimostra quantomeno consapevole. Non è più rappresentazione di un ideale di purezza a disposizione della fantasia del giocatore, ma personaggio caratterizzato e ammiccante.
[caption id="attachment_167853" align="aligncenter" width="600"] Una ragazza (quasi) normale[/caption]
Col reboot più recente, Crystal Dynamics ha scelto una strada completamente diversa: Tomb Raider (2012) e Rise of the Tomb Raider ci presentano una Lara che dismette i panni dell’invincibile bomba sexy per essere trasformata in una ragazza impaurita alla scoperta del proprio istinto di sopravvivenza, e poi in un una giovane donna inquieta alle prese con i propri demoni. Questo cambiamento importante nella scrittura del personaggio si accompagna a un restyling visivo: Lara non è più una maggiorata coi fianchi larghi e il seno prosperoso ma una giovane snella, fianchi stretti, spalle larghe e seni piccoli. I suoi vestiti restano attillati ma diventano abiti quotidiani: questa Lara potrebbe essere benissimo una delle tante adolescenti che si incontrano tutti i giorni per strada. La telecamera si alza leggermente, portando al centro dell’attenzione non più il sedere ma le spalle muscolose.
Sembrerebbe essersi realizzato il sogno femminista dell’umanizzazione della più importante icona sexy dell’industria videoludica. Ma ci sono diversi ma. Innanzitutto, il gioco ci presenta una Lara costantemente terrorizzata, ben diversa dall’eroina “empowered” che eravamo abituati a vedere e troppo, troppo simile alle rappresentazioni di donne vittime che ci vengono talvolta propinate dai media generalisti. Il comparto audio ritorna a essere dominato dagli onnipresenti versetti: respiro affannato, voce sussurrata, grida di terrore. Di nuovo sembra di ascoltare un porno, ma non gioioso e consenziente come nei primi capitoli, bensì malsano e perverso, così come lo è l’eccitazione di vedere una Lara fragile, in pericolo, alla mercè delle fantasie più oscure: che di nuovo smette di essere soggetto del desiderio diventandone oggetto, in modo meno palese e sguaiato, ma decisamente più sottile e inquietante.
[caption id="attachment_167857" align="aligncenter" width="600"] Un bottone in più[/caption]
Passiamo ora all’altra metà del cielo: Nathan Drake. La sua storia è più recente e non ha finora subito reboot o metamorfosi. È invece invecchiato, cosa decisamente inconsueta per un personaggio videoludico – Lara, invece, viene ringiovanita nel reboot – ma perfettamente in linea con la poetica cinematografica di Naughty Dog. Nathan, al contrario di Lara, non nasce come icona sexy: è il tipico protagonista dei film d’azione, un po’ Harrison Ford, un po’ Robert Downey Jr. Nei primi due capitoli della saga il suo corpo è sì giovane e bello, ma questo aspetto non è particolarmente enfatizzato visivamente: il suo fascino è molto legato, invece, alle sue azioni, alle battutine spinte che si concede con Sully e alle sue relazioni con le donne, Elena e Chloe. Nathan, al contrario di Lara, non ha un rapporto monastico con il suo lavoro ma si concede una vita emotiva e sessuale che è parte integrante della costruzione del personaggio e della narrazione.
Dal terzo capitolo in poi, invece, complici le migliorie grafiche, il fascino di Nathan Drake comincia ad essere valorizzato anche a livello visivo. L’attenzione è concentrata sulla parte superiore del suo corpo: i pettorali sono scolpiti, i dorsali definiti, le spalle ampie e i muscoli del collo e delle braccia sono delineati in maniera perfetta. Le magliette, prima accollate, iniziano ad aprirsi e a rivelare pochi ma preziosi centimetri di pelle e di muscolatura virile. Il viso è più spigoloso, solcato da qualche ruga che ne aumenta decisamente il fascino e la veridicità. Nel quarto capitolo la raffinatezza del motore grafico è tale da permettere movimenti di camera estremamente morbidi: vengono usati per regalarci delicate inquadrature del collo taurino di Drake e del suo profilo da malandrino, per rendere sensuale il movimento delle sue mani e per far sventolare la sua maglietta, aperta sul petto, nella brezza marina. È un fascino completamente diverso da quello di Lara, concentrato su parti del corpo meno legate alla sfera sessuale.
[caption id="attachment_167856" align="aligncenter" width="600"] L'educazione sentimentale di Nathan[/caption]
C’è molta attenzione infatti a non oggettificare il personaggio: in Uncharted 4: fine di un ladro la telecamera è calibrata in modo da evitare a tutti i costi di portare in primo piano il fondoschiena di Nathan Drake. Quando ci si avvicina troppo alla zona critica avviene un cambio di prospettiva forzato. Rientriamo in pieno in quella strategia di design che Anita Sarkeesian definisce strategic butt covering. Il giocatore maschio eterosessuale, che è ancora il target principale del genere action adventure, non è così costretto a uscire dalla sua comfort zone, a vedersi oggettificato sullo schermo. La giocatrice pervertita, invece, è costretta a lottare con la telecamera per ottenere un’inquadratura più ravvicinata, senza però riuscirci.
Chissà, probabilmente Nathan Drake non ha bisogno di essere mostrato e sessualizzato come Lara lo è stata prima di lui. Forse è già sufficientemente sexy così com’è: un guascone con due splendidi occhi, il torso imponente accarezzato da tessuti aderenti e quel sorriso un po’ sbruffone e un po’ spaurito. E c’è una cosa che gli va infine riconosciuta senza alcun dubbio: invecchiare lo rende ancora più affascinante… un po’ come Sean Connery.