L’allucinato film dei Flintstones ha 30 anni ed è meglio lasciarlo nel passato

Il film dei Flintstones ha 30 anni. Da almeno 20 si cerca di rimuoverlo dalla memoria. Simbolo di un'epoca che è meglio non far tornare

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Arriva un compleanno e riporta alla mente un rimosso preistorico, grande come 341 milioni di dollari al box office e devastante come solo gli adattamenti live action degli anni ’90 sapevano essere. Il film dei Flintstones compie 30 anni. Chi l’aveva dimenticato ha vissuto bene fino ad ora, chi non ce l’ha fatta al solo nome sta già assaporando il sapore kitsch di un’epoca.

Un po’ come accaduto per il difficile Popeye di Altman, anche I Flintstones aveva piena potenza dei mezzi e problemi altrove. Un cast perfetto: Fred è John Goodman, Barney è Rick Moranis, il cattivo è Kyle MacLachlan, Elizabeth Perkins è una gran Wilma e lo è altrettanto Rosie O’Donnell nei panni di Betty. La scenografia si mangia tutto il film. Veramente impressionanti i set che ricalcano con precisione le strutture e i mezzi della versione animata. I suoni sono gli stessi, i costumi anche, persino le sensazioni tattili che danno gli effetti speciali sono in linea con quanto fatto da Hanna-Barbera (che qui compaiono tra i molti camei). 

Ricreare la preistoria

Il produttore esecutivo, niente di meno che Steven Spielberg insieme a Kathleen Kennedy, aveva proposto al regista di avvalersi dell’arte di Stan Winston per ricreare il mondo giurassico. Brian Levant, l’uomo dietro a Beethoven, ritenne che Winston avesse poco senso dell’umorismo. La seconda scelta fu affidare le creature allo studio di Jim Henson. Un altro gigante. Sono pochi i registi ad avere avuto una possibilità di scelta così ampia.

Eppure I Flintstones è come un sogno febbrile, un incubo allucinato. Le battute migliori, come da tradizione, sono giochi di parole con il paleolitico. Halle Berry, ad esempio, interpreta Sharon Stone (con un evidente gioco di parole tra stone e la sua traduzione italiana: pietra). In italiano diventò Ambra Cristal. Il regista voleva ovviamente la vera Sharon Stone, ma non era disponibile. Si fece avanti Berry che oggi ritiene il ruolo “un passo avanti per la comunità nera”. Sarà… di certo è l’unica cosa buona che si può dire, dato che come rappresentazione femminile non si discosta dalla classica femme fatale. È una segretaria seducente e ammaliatrice che aiuta Cliff Vandercave (altro gioco di parole, in italiano Rocco Detritis) in un piano di frode edilizia. 

Problemi da adulti in un film per bambini

Eh già, la trama di I Flintstones si articola intorno a un piano criminale, alle difficoltà economiche di Fred e Barney, ai difficili rapporti coniugali (dove gli uomini tengono nascosti i "rossi bancari” alle mogli) e del desiderio di genitorialità della coppia di amici. C’è un imprenditore che vuole fare soldi con l’abusivismo edilizio e una coppia che vuole adottare un bambino iperattivo. 

Le battute sono di grana grossa, a volte rasentano il razzismo (una donna nera porge una scimmia ai genitori adottivi, loro inorridiscono al pensiero che sia il loro bambino, salvo scoprire subito che era tutto un malinteso). Altre volte sono slapstick proprio come nel cartone animato.

I Flintstones è meglio quando Fred grida Yabba Dabba Doo! e si libbra in aria come di consueto, rispetto a quando cerca di fare battute “meta”. L’intera cornice narrativa è un drive in cui il “coming soon” è una versione preistorica di Star Wars. Appare Jay Leno in TV, e ad un certo punto un animale maltrattato dirà: “Era meglio se firmavo con la Disney, loro non l’avrebbero permesso”. 

Come spesso capita, I Flintstones vuole essere per tutti, ma non riesce a piacere a nessuno. Anzi, si ferma a metà strada tra la parodia per adulti e la trasposizione per bambini con lo stesso effetto di un clown sotto la pioggia: divertente e spaventoso. 

Da fan a regista de i Flintstones

A dirigere il tutto, dopo innumerevoli riscritture, è stato Brian Levant, un regista di film per famiglie assunto da Spielberg in quanto cultore assoluto dei Flintstones. Dopo anni di sviluppo la sua è stata la riscrittura finale della sceneggiatura, fatta in sole due settimane. E si vede. 

Se non fosse per gli straordinari valori produttivi (a parte per alcuni agghiaccianti effetti a computer, come vedete in foto qui sopra), I Flintstones non avrebbe alcuna ragione per esistere in live action. E forse non ne ha. Fu però un successo al botteghino. Oggi rappresenta un’epoca che non c’è più e di cui non dobbiamo avere nostalgia. Quella in cui le trasposizioni da un linguaggio all’altro erano letterali. Dove le inquadrature venivano pensate per assomigliare all’animazione e con esse l’intera scena e l’intera trama. 

Il sequel, I Flintstones in Viva Rock Vegas, è ancora peggio. È arrivato nel 2000 e ha visto uno stravolgimento radicale nel cast. John Goodman non voleva proprio saperne di tornare nei panni maculati di Fred. Anche se la somiglianza è pazzesca, anche se ha fatto un buon lavoro nel ruolo che inizialmente avrebbe dovuto essere di Jim Belushi, detestava l'idea di restare legato a quella parte. Mentre la leggenda narra che per tenere sul set Elizabeth Taylor il regista abbia avuto l’idea di farle un regalo al giorno. L’attrice ha accettato quella che fu la sua ultima parte sul grande schermo grazie anche alla promessa di devolvere i proventi della prima del film alla sua fondazione per la lotta contro l’AIDS.

Spesso nei film sbagliati c’è per lo meno la sensazione che chi li ha fatti si sia divertito molto, perdendo la bussola del buon gusto. Nel caso de I Flintstones sembra che nemmeno loro l’abbiano fatto volentieri. A volte l’oblio dei 30 anni non è per forza un male. 

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