L’alba dei morti viventi ai tempi del distanziamento sociale | BadBuster

Gli zombie di L’alba dei morti viventi fanno ancora paura oggi che assembrarsi in un centro commerciale è una cattiva idea a prescindere?

Condividi

Prime Video ha caricato in questi giorni L’alba dei morti viventi di George Romero in una riedizione 4K datata 2016 e curata da Dario Argento (già consulente dello script originale) e Nicolas Winding Refn, e l’occasione di riguardarsi uno dei più grandi horror della storia in questi tempi di distanziamento sociale era troppo ghiotta per farsela sfuggire.

(se preferite invece Netflix ha in catalogo il remake del film del 2008 firmato da Zack Snyder – questa nozione ha forse un valore simbolico che però lasciamo decidere a voi)

L'alba dei morti viventi Stephen

Il manuale d'istruzioni dei morti viventi

L’alba dei morti viventi, o Zombi se preferite il primo titolo con cui fu distribuito in Italia, è uno dei manifesti dell’horror sociale nonché un punto di svolta nella storia del sottogenere “film di zombie”, di tutto il genere “film dell’orrore” e più in generale di quella cosa chiamata “cinema”. È il modello sul quale sono costruiti il 100% dei film di zombie con gente intrappolata in un posto e i morti viventi fuori (il sotto-sottogenere “assedio zombie”) e il 75% dei film di zombie in generale, che dal secondo film della trilogia romeriana hanno preso una tale quantità di spunti trasformandoli in trope e archetipi narrativi riciclati migliaia di volte da trasformare L’alba dei morti viventi da film a manuale di istruzioni.

Zombi è anche, però, un film che deve molto del suo impatto al fatto di raccontare una situazione, un contesto, un luogo, un pezzo di società, il centro commerciale insomma, che negli anni Settanta era al suo apice dopo la nascita ed esplosione dei due decenni precedente, e che oggi invece... be’, esiste ancora, certamente, soprattutto negli Stati Uniti che grazie a Romero sono diventati una sineddoche che rappresenta l’intera società occidentale, qualsiasi cosa significhi quest’espressione, ma si avvia a grandi passi verso l’estinzione o comunque il ridimensionamento, tra la concorrenza dei droni di Amazon e una pandemia che ha trasformato gli assembramenti di persone in un pericolo e le immagini del Black Friday nell’horror più spaventoso di sempre. In altre parole, il Monroeville Mall fa ancora paura oggi in questi che stancamente vengono definiti un po’ ovunque “i tempi del covid”?

L'alba dei morti viventi Peter

Sì, ma il consumismo?

“Ovviamente sì” è la risposta breve e scontata: Zombi è molto di più di un film sui centri commerciali e sul consumismo, e basta la prima terrificante mezz’ora, prima ancora dell’arrivo nella fortezza/prigione dove si rinchiuderà il gruppo di protagonisti, per spazzare via qualsiasi concorrenza venuta dopo. A Romero basta un po’ di gente truccata di blu, qualche effetto speciale ultra-gore e fumettosissimo, un sound design aggressivo e spesso stridente e una gran quantità di inquadrature strettissime e angoli di ripresa bizzarri per generare terrore, tensione e fastidio (Roger Ebert scrisse nella sua recensione del film “nessuno ha mai detto che l’arte debba avere buon gusto”), e dal punto di vista della grammatica del genere quello che succede nel primo atto di Zombi è tutto quello che serve per creare infinite variazioni sul tema, come dimostra, be’, la storia dei film di zombie.

Però, però: come si fa a parlare di questo film senza citare il centro commerciale? Senza parlare di satira, della folla sbavante che si pigia contro le vetrine con un solo pensiero fisso per la testa e del limpidissimo parallelo con quello che accade nel mondo ogni volta che ci sono i saldi? Oggi il vero terrore del lungo assedio nel Monroeville Mall è quello generato dagli assembramenti, dal vedere masse di gente affetta da un virus che si affollano in uno spazio circoscritto – e senza mascherine! Zombi era una critica piuttosto esplicita alla società dei consumi: potrà mai avere lo stesso impatto oggi che l’acquisto compulsivo si è spostato in gran parte online, nella solitudine di un account Amazon o di un conto su PayPal?

L'alba dei morti viventi Roger

Virologi e mascherine

Di nuovo: la risposta è sì, e le motivazioni vanno ricercate non tanto in quei particolari che sono invecchiati male e oggi ci sembrano anacronistici, quanto piuttosto in quelli che sono validi ancora oggi, a dimostrazione che Romero aveva capito molto di più su come funziona la nostra società di un semplice “il consumismo è spersonalizzante”. Per esempio: Zombi si apre con uno scienziato che, in diretta TV, dice una serie di cose scomode su come difendersi da questo virus, e viene sbeffeggiato e criticato e cacciato a calci dallo studio nonostante abbia la ragione, e la scienza, dalla sua. Subito dopo: l’effetto della sfiducia generalizzata verso le autorità e i c.d. esperti è alla base della sequenza nel condominio (quella di cui qualche anno dopo Jaume Balagueró e Paco Plaza fecero un remake esteso chiamandolo [REC]), abitato da gente che non vuole consegnare i propri morti alle forze dell’ordine per mancanza di fiducia, e che diventa così vittima di un doppio massacro – da parte degli zombie e da parte degli SWAT, che nel momento in cui si trovano in un posto abitato prevalentemente da non-bianchi non si trattengono dallo sparare a qualsiasi cosa si muova.

Andiamo avanti: il gruppo si forma e si mette in viaggio in cerca di un rifugio sicuro; e scopre così che i luoghi dove il virus ha colpito più duramente sono le città, mentre le comunità rurali se la cavano benissimo, grazie mille, anche perché armate fino ai denti; e se quest’ultimo dettaglio non è applicabile alla nostra attuale situazione per evidenti motivi, tutto il resto suona familiare: il problema, sembra dire Romero oggi che i centri commerciali sono vuoti o nella migliore delle ipotesi pieni di poca gente socialmente distanziata, non è tanto l’assembrarsi per abbeverarsi alla fonte dello shopping, quanto l’assembrarsi in generale. Ed è ovvio che Zombi non vuole essere un manuale di pratiche igienico-sanitare per prevenire una pandemia, ma c’è un legame evidente tra quello che voleva dire Romero e quello che stiamo vivendo oggi: e cioè che la massa informe e anonima è un problema, in generale, a prescindere, virus o meno. C’è molto sogno americano nella voglia di affermazione della propria individualità che anima i quattro protagonisti del film, un’aspirazione che oggi si potrebbe riadattare in un più generico ma sempre efficace “non essere una pecora nel gregge” o qualcosa di simile.

L'alba dei morti viventi Francine

La verità è che la gente non ha mai smesso di fare schifo

Ci sono altri due punti che giocano a favore della tesi “L'alba dei morti viventi non è invecchiato di un giorno”. Il primo riguarda ancora i personaggi, le quattro individualità contrapposte alla massa anonima di zombie che popolano il Monroeville Mall: nessuno di loro è fino in fondo una bella persona, e anzi è legittimo arrivare a provare fastidio se non odio per alcuni di loro. Stephen, Peter, Roger e Francine non sono archetipi, non sono modelli aspirazionali: sono esseri umani, che vogliono sopravvivere non per salvare il mondo o per rispondere a qualche chiamata dall’alto, ma perché non hanno alcuna voglia di morire. E quindi, per esempio, Stephen è un aspirante maschio alfa che viene trasformato all’istante in beta dai suoi due compagni e sfoga le sue frustrazioni comportandosi come un padre-padrone con la compagna Francine; Roger è un onesto soldato che perde la testa e si innamora della violenza che si rivelerà essere la sua condanna, Peter ha una vena di crudeltà che sembra sempre in procinto di venire in superficie, e Francine ha così voglia di liberarsi dell’ombra del compagno che non sempre fa la scelta più oculata.

Il secondo punto è quello che poi caratterizza Zombi tanto quanto la sua satira anti-consumista, ed è il genere di messaggio che verrà poi assimilato dal 137% di chiunque abbia fatto un film di zombie dal 1978 in avanti – e se vi chiedete da dove arriva quel 37% extra la risposta è “The Walking Dead”. Il messaggio è: il vero mostro siamo noi! I motociclisti, certo, ma anche i soldati, gli abitanti del condominio, Stephen, Peter, Roger, Francine, nessuno è immune alla considerazione che uccide tutte le altre considerazioni, all’idea che non sia necessario andare a cercare il male altrove quando ce l’abbiamo dentro dal momento della nostra nascita. Più di ogni altra cosa, e per tornare a noi e alla domanda “cos’ha Romero da dirci oggi?, ”L’alba dei morti viventi è il film che ha aggiunto “non” prima delle parole “andrà tutto bene”.

Continua a leggere su BadTaste