La top 20 del 2010 - seconda parte
Dopo aver scoperto dieci titoli presenti nella top 20, tra cui Toy Story 3, Black Swan e La prima cosa bella, ecco arrivare i miei film preferiti dell'anno. In buona parte, ancora non usciti al cinema...
Fonte: BadTaste.it
Per chi si fosse perso ieri la prima parte, con i titoli dall'undicesimo al ventesimo posto, può recuperarla qui.Se c'è una cosa interessante dei primi cinque titoli di questa classifica, è che nessuno è uscito nei cinema italiani (in un caso, è solo questione di pazientare, ma negli altri non credo ci siano speranze). E anche a considerare tutti i dieci titoli elencati, al cinema ne sono arrivati solo un paio (di cui uno smontato praticamente subito). Un'ennesima conferma che, come dico da tempo, è ormai inutile affidarsi all'uscita in sala come unico metro di valore delle pellicole. E ora, senza ulteriori indugi, i migliori 10:
10 - L'ultimo Gattopardo: ritratto di Goffredo LombardoSarebbe semplice prenderla come una provocazione: l'unico titolo italiano mai arrivato in una top ten annuale di Badtaste è un documentario che ho visto non terminato? Eppure, penso proprio che non ci sia nulla di strano, considerando l'altissimo livello del lavoro svolto da Tornatore. Peraltro, regista che non ho mai amato, sempre a proposito di sorprese. L'unica cosa che non sorprende è lo status di Goffredo Lombardo: un gigante...
La recensioneIl documentario è pieno di materiale interessante, in perfetto equilibrio tra racconto serio e ironico, tra fatti storici e aneddoti esilaranti. Come quando (almeno così si intuisce da quello che sentiamo) Lombardo e Visconti si misero d'accordo per creare una polemica sulla censura contro Rocco e i suoi fratelli, per cui il produttore invitava i proiezionisti a limitare le luci durante la scena dello stupro, mentre il regista si lamentava pubblicamente. E così, con un'idea che avrebbe fatto felice Lubitsch, si battevano i censori. O magari quando Lombardo, in perfetto stile Orson Welles, raccontava a Visconti e Lancaster che ognuno dei due non vedeva l'ora di lavorare con l'altro ne Il Gattopardo, mentre in realtà Visconti non era entusiasta dell'attore, e Lancaster non sapeva neanche chi fosse il regista italiano.
9 - Greenberg
Un film con Ben Stiller nei primi dieci dell'anno? Sì, ma non è certo il solito film comico di Stiller, che ultimamente avrà sicuramente fatto scelte felici per il suo portafoglio, un po' meno per il buon cinema. Discorso completamente diverso qui, in cui si mette coraggiosamente in gioco in un ruolo poco piacevole. Critica freddina, pubblico freddissimo. Ma hanno torto...
La recensioneProprio la star fa quello che dovrebbe fare per una pellicola di questo tipo: dimenticarsi di essere una star e limitare moltissimo il suo abituale campionario di smorfiette e frasi simpatiche. Nei panni di un uomo appena uscito da un ospedale psichiatrico e desideroso di non far nulla, Stiller ci regala uno dei personaggi più memorabili dell'anno, un cinico misantropo disilluso dall'amore e dalla vita. I momenti da ricordare sono diversi, ma soprattutto l'analisi al ristorante, il monologo terribile che fa quando tutto sembra andare per il meglio e almeno un paio di frasi-manifesto ("La vita è sprecata per i giovani", "no è sprecata per la gente"; "non vivo il presente perché sono ancorato al passato, che non ho veramente vissuto") rimarranno impressi a lungo.
8 - Zebraman 2
Un sequel di una parodia di supereroi, che peraltro non mi era neanche piaciuto molto? Forse sono impazzito, ma è senza dubbio uno dei ricordi più piacevoli che mi porto da Venezia. Un divertimento infinito, un pastiche di generi che soltanto un folle come Takashi Miike potrebbe gestire in maniera efficace. E la Lady Gaga giapponese, ne vogliamo parlare?
La recensioneZebraman 2 è un fottuto capolavoro. L'inizio è delirante, con una sorta di videoclip di una simil Lady Gaga giapponese che è esaltata da questo supereroe, mentre sono in corso sparatorie virulente. E che dire dello Zebra time, in cui tutti possono commettere crimini (ovviamente pazzeschi e insensati). Per non parlare del film nel film su Zebraman, due minuti fantastici, che confermano (come altre scene) la grande ironia di questo autore. Alcuni particolari fanno capire che su questo film Miike ha dato il massimo. Per esempio, non ci sono praticamente momenti morti/inutili, come ogni tanto gli capita in altre opere. E dallo straordinario lavoro sulle scenografie, soprattutto quelle in cui compare Zebra Queen, si comprende che siamo di fronte a una delle sue vette artistiche.
7 - The Social Network
Perché il frontrunner per gli Oscar, il titolo più amato dai critici americani, non sta più su in classifica? Impossibile discuterne i tanti meriti: una sceneggiatura di ferro, regista che non sbaglia un colpo, attori semplicemente magnifici e una colonna sonora da urlo. Tuttavia, alla seconda visione c'è un po' troppa freddezza (anche giustificata dalla storia) per convincere fino in fondo. Anche così, rimane il miglior film americano/hollywoodiano del 2010, mica poco...
La recensioneQui, come nel migliore cinema americano, c'è la capacità di rendere avvincente qualcosa che di base non lo è, come mostrare dei personaggi che parlano in codice, letteralmente. L'idea vincente è quella di raccontare la storia attraverso un'indagine legale per determinare la proprietà di Facebook. E si dimostra ancora una volta che quando registi di talento come David Fincher sono impegnati in prodotti di studio, offrono una sintesi perfetta di originalità e mestiere.
6 - Animal Kingdom
Ogni tanto, è bello scoprire nuovi registi, pensando che saranno protagonisti di grandi cose nei prossimi anni. Non sempre ci si prende, ma ho l'impressione che da David Michôd non riceverò delusioni. Troppo bravo a gestire una storia come quella di Animal Kingdom, a tirar fuori interpretazioni magnifiche e a dirigere tutto con tocchi di gran classe. Una delle rivelazioni dell'anno, non si discute...
La recensioneMa Animal Kingdom ha tante frecce da giocarsi. In certi momenti (pochi, per ovvie ragioni), i rapporti tra le persone sembrano usciti da una pellicola romantica, in altri (magari pochi attimi dopo) potrebbero essere degni di un film horror. In effetti, il regista ha la straordinaria abilità di riuscire a mettere insieme elementi eterogenei e che non dovrebbero poter essere collegati. E nonostante sia chiaro che i soldi a disposizione erano veramente pochi, questo non impedisce di dar vita a uno stile affascinante e pieno di momenti notevoli. E soprattutto si nota la bravura nel raccontare una storia in maniera diversa e originale, per cui non sai mai come andranno le cose, lezione importante del grande cinema americano anni settanta.
5 - Inside Job
Se quest'anno, nonostante i venti film citati, lo spazio riservato ai documentari non è generoso come solito, forse dipende anche dal fatto di non aver ancora visto titoli interessanti come Client 9 e The Tillman Story. Ma un titolo strameritevole c'è ed è questo Inside Job (presentato nella sezione Extra del Festival di Roma, probabilmente lo vedremo su qualche canale satellitare), perfetto studio sulla crisi economica e le ragioni che l'hanno provocata. Film caustico e ironico a tratti, ma anche quasi horror. Infatti, un po' come in quei titoli in cui l'assassino che pensavi di aver ucciso ritorna per vendicarsi, è difficile, dopo la visione, pensare che ormai sia tutto a posto...
La recensioneSi rimane impressionati dall'immagine di edifici e case vuoti per la crisi. E da due figure in particolare. Il primo è Eliot Spitzer, ex governatore dello stato di New York e che aveva indagato spesso sul malaffare di alcune banche, fino a quando non è rimasto coinvolto in uno scandalo sessuale e ha visto terminare la sua carriera (sarà un caso? Improbabile). L'altro è Henry Paulson, che rappresenta (ma è in buona compagnia) il villain ideale del documentario, visto il suo ruolo nella crisi e con l'amministrazione Bush.
4 - Dogtooth
Se pensate che ultimamente Michael Haneke si sia ammosciato, forse è il caso di recuperare questo piccolo titolo greco, che con grande coraggio è stato proposto come candidato all'Oscar per il miglior film straniero (ma difficilmente l'Academy amerà un prodotto del genere). Alcune delle inquadrature più originali dell'anno, così come diversi momenti choc e sconvolgenti, come pochi altri titoli visti ultimamente.
La recensioneMerito di uno stile ultraminimalista, ma intelligente, con una camera fissa usata bene per nascondere altri personaggi e per fornire un senso di claustrofobia che nella prima parte ci fa entrare subito nell'atroce atmosfera del film. Il regista Giorgos Lanthimos mostra un rigore notevole nel gestire questo materiale scottante, sfruttando benissimo il contrasto tra una situazione estrema e delle forme normali di vita familiare, compresi diversi dialoghi banali, dando vita a una sensazione di malinconia che non ci si attenderebbe da un prodotto del genere. Ma a ricordarci che non è un gioco, dei momenti (comunque rari) di violenza (fisica e psicologica) pesantissimi, giusto per non entrare anche noi in una sorta di sindrome di Stoccolma e accettare passivamente tutto quello che vediamo.
3 - Machete
Non c'è dubbio che, se dovessi indicare il titolo più divertente e piacevole dell'anno, Machete sarebbe senza problemi al primo posto. Merito di regista e interpreti in stato di grazia, impegnati in una pellicola completamente delirante, ma che non manca di mostrare un cuore e un'intelligenza molto più profonda di quanto potrebbe sembrare. E la colonna sonora? E De Niro in un ruolo finalmente convincente? E le battute, alcune delle quali tra le più memorabili dell'anno?
La recensioneSarebbe semplicistico dire che la trama è delirante e che va avanti più a scene clou che attraverso uno sviluppo lineare. Chi se ne frega, se comunque in un film volutamente cazzone come questo si riescono anche a dire cose importanti sull'immigrazione e la politica. E, incredibilmente, anche i nudi da exploitation non sembrano (troppo) gratuiti. Sequenze da antologia? All'ospedale senza alcun dubbio, ma soprattutto il prologo di cinque minuti, che è assolutamente perfetto per consentirci di entrare nelle vicende dei protagonisti e nel mood della storia.
2 - Mary and Max
D'accordo, si tratta di un titolo passato al Sundance del 2009. Ma col cavolo che non segnalo uno dei film più originali visti negli ultimi tempi, in grado di fondere umorismo e tristezza in maniera fortissima. E talmente commovente che, se non vi colpisce, avete una corazza degna di Iron Man...
La recensioneArrivato al suo primo lungometraggio, non solo Elliot conferma le ottime promesse fatte con quel lavoro, ma se possibile le supera, tanto da portare il sottoscritto a porsi dei dubbi amletici. Come è possibile dar vita a due personaggi così belli, complessi e originali (peraltro, con le ottime voci di Toni Collette e Philip Seymour Hoffman) come questi, una ragazzina che cerca di uscire con la poesia dalla sua vita difficile e un uomo autistico di mezz'età? E' come è possibile dar vita a un prodotto di 90 minuti che si vede senza problemi, per poi rendersi conto che i dialoghi sono praticamente assenti e che quasi tutto è legato a pensieri interiori e lettere scritte (insomma, quanto teoricamente di meno cinematografico ci sia)? E, tornando al discorso iniziale, come si fa a mettere d'accordo tanti riferimenti (citazioni sarebbe un'offesa per Elliot) così variegati?
1 - La vida de los peces
Cosa deve avere il mio film dell'anno? Beh, tante cose, ma una in particolare: risultare più emozionante la seconda volta che lo vedi. La vida de los peces (peraltro, candidato cileno agli Oscar, ma non mi farei molte speranze) mi era piaciuto molto a Venezia (sezione Le giornate degli Autori), ma poi mi è cresciuto ancora maggiormente col tempo e rivederlo ha segnato un immenso colpo di fulmine. La cosa bella è che, nella sua struttura, ricorderebbe vagamente certi film di Antonioni che odio. Ma grazie a dialoghi perfetti, a una fotografia bellissima (nonostante sia chiaro che il film è a bassissimo budget) e dei ralenti meravigliosi, il miracolo è compiuto. Più che una storia, il film racconta un'atmosfera e un mood malinconici. E, ciliegina sulla torta, uno dei finali più splendidamente ambigui dell'anno.
La recensioneMerito soprattutto di una sceneggiatura che è un orologio svizzero, in cui c'è sempre la cosa giusta al punto giusto.
E' possibile appassionarsi a scene di dialogo che vanno avanti per dieci minuti e oltre? Assolutamente sì, se sono cariche di tensione, emozioni e ricordi importanti. Come avviene nella sequenza-confessione del protagonista assieme ai due ragazzini impegnati con un videogioco. O come la struggente/inquietante/destabilizzante scena con la sorella del suo migliore amico.
Riepilogando, ecco l'intera classifica:
La vida de los peces
Mary and Max
Machete
Dogtooth
Inside Job
Animal Kingdom
The Social Network
Zebraman 2
Greenberg
L'ultimo Gattopardo: ritratto di Goffredo Lombardo
Toy Story 3
Mammuth
Uomini di Dio
Il profeta
Lourdes
Black Swan
Winter's Bone
La prima cosa bella
Silent Souls
L'illusionista