La storia fuori di testa del progetto più assurdo di Richard Williams, vero eroe del cinema d'animazione
Una storia che coinvolge oltre a Richard Williams anche Steven Spielberg, Terry Gilliam, Harvey Weinstein, Robert Zemeckis, Vincent Price e per un pelo Sean Connery
Nel 1968 Williams era un animatore di 35 anni che, tra i molti lavori, aveva animato la sequenza dei titoli di testa di un paio di film come What’s New Pussycat? e Casino Royale (entrambi con Woody Allen curiosamente). Era britannico-canadese e in Canada esiste una grandissima tradizione di animazione indipendente. Nessuno studio, solo piccole realtà che sperimentano tantissimo e spingono sul pedale di quel che si può fare. In quell’anno Williams inizia a lavorare su quella che inizialmente doveva essere una serie di racconti animati su Mulla Nasruddin, una figura indiana della narrativa. Prese addirittura il mitico Ken Harris della Warner come capo animatore e il progetto, allora noto con il primo dei suoi molti titoli (The Majestic Fool), aveva preso abbrivio, aveva cioè un distributore e tutto il resto delle produzioni che lo studio di Williams realizzava (tra cui un noto adattamento del Canto di Natale di Dickens) erano pensate per pagare questa produzione.
I diritti delle storie ovviamente appartenevano alla famiglia Shah, eredi dell’autore dei racconti su Mulla Nasruddin. Una serie di incomprensioni e difficoltà portarono ad una rottura con loro e alla necessità di cambiare molto. Quasi tutti i personaggi furono tenuti per come erano stati disegnati ma la trama andava riscritta e fu riscritta lungo tutti gli anni ‘70 tenendo il personaggio del ladro (che piaceva a Williams) e aggiungendo quello del ciabattino. Anche il gran vizir Zigzag e il sultano furono tenuti.
Bisogna a questo punto tenere presente che la Paramount si era sfilata una volta capite le incomprensioni con gli aventi diritto, quindi lo studio di Williams era rimasto solo. Continuava a lavorare ad altri progetti redditizi mentre teneva questo periodicamente nel cassetto, ritirandolo fuori per lavorarci un po’ ogni qualvolta c’era budget.
Si tratta di una specie di folle pre-produzione in cui tantissimo viene realizzato davvero e in cui prende forma quest’idea titanica, a questo punto molto semplificata nella trama, di un lungo di animazione come non se ne erano mai fatti, ad un livello di complessità nel disegno, e proprio nell’animazione, da perdere la testa. La maniera in cui tutto era promosso era una specie di detective story ambiziosa con due protagonisti muti (il ladro e il ciabattino) fondata sul sonoro, qualcosa di assolutamente “anti-Disney” erano le sue parole (tenetele a mente per dopo). Insomma negli anni in cui gente come Ralph Bakshi realizzava film animati indipendenti forti, pieni di idee e ispiratori, Williams voleva superare tutti a destra con questa sua storia mediorientale debitrice al cinema muto.
Siamo arrivati a fine anni ‘70, lo studio di Williams si sta concentrando più che altro su altri progetti per fare cassa. e intanto lui continua ad assumere i più grandi animatori di sempre, alcuni dei cosiddetti “nove vecchi” che all’epoca erano ancora in vita e avevano di fatto creato l’animazione con Walt Disney. A questo punto l’obiettivo dichiarato era “fare il più grande film d’animazione mai tentato” ovviamente non a livello narrativo ma tecnico, qualcosa che si sarebbe ricordato per sempre. Addirittura era tutto animato a 24 fotogrammi al secondo, quando la regola era (per risparmiare) di animare a 12 fotogrammi al secondo.
Nel 1978 c’è una piccola svolta, un principe saudita si interessa al progetto e dà allo studio 100.000 dollari per un test di 10 minuti. Williams sceglie di realizzare la sequenza più complessa, quella del ladro nella grande macchina da guerra. Costerà più del doppio (250.000 dollari) e sarà finita dopo più di un anno (un anno per fare 10 minuti), al di là di ogni data di consegna ipotizzata. È una sequenza che ancora oggi fa male agli occhi da quanto è complicata, da quanto movimento contiene. Nemmeno nell’era della computer grafica qualcuno l’ha battuta. Eppure ritardi e spese gonfiate fecero ritirare il principe dalla produzione.
Sono passati dieci anni dall’inizio del progetto ed esistono solo 20 minuti circa realizzati. Lungo tutti gli anni ‘80 Williams cerca fondi, ad un certo punto farà anche una presentazione allo Skywalker Ranch e uno dei produttori di Guerre Stellari (Gary Kurtz) entrerà nella partita per cercare fondi. Ce la farà, metterà insieme tramite diversi finanziatori ben 10 milioni di dollari ma ne servono 28, dice Williams. La produzione inizia lo stesso e c’è un nuovo titolo: Once… Non solo, il film inizia anche ad essere promosso nei mercati, annunciandone la prossima uscita.
Dallo Skywalker Ranch a casa Spielberg il passo è breve, Williams diventa così noto assieme ai 20 minuti esistenti del suo folle progetto da approdare sulla scrivania di chi vuole realizzare Chi ha Incastrato Roger Rabbit. Piace immediatamente, però deve accantonare il suo sogno e lavorare per la prima volta per un grande studio americano (la Disney, nient’altro che loro). Lo farà e lo farà con l’obiettivo di far soldi per il suo film. Roger Rabbit sarà la sua gallina dalle uova d’oro. Vincerà due Oscar e sarà sulla bocca di tutti. Spielberg e la Disney vogliono lavorare con lui e produrgli il suo film ma all’ultimo si tireranno indietro. Lo stesso Williams e Kurtz trovano i fondi dalla Warner: 25 milioni. Questo è il momento in cui ci sono state più speranze di fare davvero il film e anche quello in cui tutto è andato male. In seguito Williams spiegherà che l’errore fu che a quel punto, con quella credibilità maturata, avrebbe dovuto decidere di fare il film in Europa, con più tempo, e poi venderlo agli americani come una primizia. Invece pensa di poterlo fare all’interno di un grande studio. Per l’ennesima volta ha un delirio di onnipotenza.
Molti degli animatori inizialmente coinvolti erano a quel punto morti, Vincent Price non aveva mai finito di registrare le sue battute ed era morto anche lui. Per aggiungere complessità poi, uscito da Roger Rabbit, Williams vuole disegnare a mano riprese da computer grafica. Cioè quello che si intende è che vuole creare sullo schermo l’effetto dell’animazione in CG che ha usato in Roger Rabbit (quella che consente di girare intorno ad un oggetto o un personaggio e vederlo in tutte le sue dimensioni, come se ci fosse una macchina da presa che gli si muove intorno) ma a mano! Vuole far fare ad esseri umani il lavoro di un computer. Esistono ancora delle prove fatte solo a matita e non colorate di sequenze simili. Roba da perdere la testa. Alcuni scampoli hanno trovato la loro strada verso il completamento e li si vede nel video qua sotto a partire da 1.56 tra illusioni prospettiche e pianisequenza che sembrano fatti con una steadycam.
Ovviamente la scadenza del 1991 non viene rispettata, mancavano almeno 15 minuti, cioè altri 6 mesi, solo per finire l’animazione. I ritmi di lavoro erano inumani, 60 ore a settimana, e lo stesso non ce la si faceva, anche perché Williams era un maniaco del controllo e del rigore, pronto a licenziare chiunque. E tutti in quell’anno sanno già ormai che nel 1992 uscirà Aladdin, della Disney, i cui personaggi somigliano troppo a quelli del film di Williams. Troppo. La ragione è probabilmente dovuta al fatto che ad Aladdin lavorano due animatori che si sono formati con Williams (e Williams metteva al lavoro sul progetto della sua vita letteralmente chiunque fosse sul suo libro paga).
Il genio è il caso di plagio più clamoroso (identico al visir Zigzag) ma anche la principessa è pesantemente ispirata a YumYum e il sultano pure, senza contare che l’ambientazione è la medesima ma quietata, privata della componente folle di Williams.
La Warner è stufa, vuole vedere i progressi, questi 85 minuti su 100 totali. Williams organizza una proiezione del film con storyboard e sketch nei punti mancanti (che però sono cruciali per la storia). Ed è un disastro. Viene licenziato e perde il controllo su tutto. In un momento di luce pare che qualcuno voglia chiedere a Terry Gilliam di prendersi sulle spalle la lavorazione e aiutare Williams e dare al film una forma coerente. Sarebbe perfetto perché Gilliam è in grado di “finire film” (ancora non c’è stato il disastro del Don Chisciotte), è un animatore e sufficientemente delirante per capire Williams. Ma l’affare non va in porto. Sembra la fine ma andrà ancora peggio.
Il film viene finito in 18 mesi, rimontato completamente e affidato ad animatori dello studio dublinese di Don Bluth. Roba da farsi in fretta, senza troppa cura né troppo budget. La storia viene cambiata e 18 minuti vengono tagliati in modo che possa filare. Un disastro. Hanno gettato il film dal finestrino ma possono ancora fare marcia indietro e passarci sopra.
A questo punto il titolo è Princess and The Cobbler. Viene distribuito in mercati minori mentre per il Nord America lo compra la Miramax (che all’epoca era Disney, proprio lo studio che Williams voleva evitare di imitare fin dall’inizio). E alla Miramax c’è Harvey “mani di forbice” Weinstein. Williams non viene molestato ma il film sì. Harvey Weinstein lo taglia ancora un’altra volta, ne fa tutto un altro film, similissimo ad Aladdin che ormai è uscito per primo. La ragione è che serve una versione differente, poiché il film a quel punto era famigeratissimo, erano passati 25 anni dal 1968 e tutti sapevano che disastri si fosse portato appresso. La verità è che non piaceva a nessuno ed era stato manipolato così tante volte da essere un disastro insalvabile.
La versione Weinstein si chiama Arabian Knight ed esce nel 1993. Pochissima pubblicità. 350.000$ di incasso a fronte di 24 milioni di budget.
A questo punto Williams non ha più diritto a niente e non può nemmeno rientrare in possesso di alcune sequenze tagliate che o non si sa più dove siano e chi le abbia, o si sa che sono in mano a privati. In più tutto il resto è di proprietà della Miramax (e buona fortuna!). Di fatto tutta una serie di materiali negli anni vengono contrabbandati, tantissimi animatori ne entrano in possesso illegalmente e cercano di “ripararlo”, rimetterlo a posto e nel tempo realizzarlo come lo avrebbe voluto Williams il quale, nel 2000, cerca di proporre una sua versione alla Disney ma era il periodo peggiore per farlo, quello in cui lo studio stava perdendo il suo tocco magico con l’animazione per il cinema.
La follia è che nel mondo dell’animazione questo film continuava ad essere adorato e venerato e gli animatori continuavano a “regalano” il proprio tempo per cercare di portarlo alla versione originale. Il più organizzato è Garret Gilchrist che realizza The Thief And The Cobbler: The Recobbled Cut (cioè la versione “risuolata” di Il ladro e il ciabattino) nel 2006. È un evento che dà nuova linfa alla corsa per finirlo.
Del progetto di Gilchrist ad oggi esistono 4 versioni e l’ultima (per l’appunto denominata Mark 4) è davvero quasi completa. Innanzitutto è tutta in HD (cosa non scontata) e poi contiene tantissimo materiale creduto perduto, risistemato e messo in continuità con la storia come doveva essere. Alcune parti ovviamente sono animate solo a matita, sono bozzetti animati senza sfondi, ma davvero il recupero è stato pazzesco e rocambolesco. È un fan edit, sia chiaro, una versione realizzata da un fan (anzi da un maniaco) che si è documentato in tutte le maniere possibili per dare a questo film la versione che merita. Ma è forse il fan edit più importante di sempre.
E Williams?
In tutto questo Williams all’inizio del 2000, dopo il no della Disney, è praticamente il più grande animatore vivente anche se la sua opera più importante è un disastro e non è stata mai vista nella maniera in cui era stata pensata. Con Roger Rabbit ha creato l’animazione del futuro e un nuovo standard da cui è nato tutto, ha educato un’intera generazione di animatori e nel 2001 scrive The Animator’s Survival Kit, un manuale considerato a tutt’oggi il più completo e determinante se si vuole fare l’animatore. Si è insomma dedicato ad altro ma è riuscito a fare in modo che la sua versione sia conservata dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. In pratica è archiviata dalla massima istituzione in materia di film. Non è molto ma è qualcosa.
Ad oggi Gilchrist ha un canale YouTube in cui carica materiali, interviste e documentari su The Thief And The Cobbler e ovviamente le sue versioni complete, inclusa la Mark 4.
E il film com’è? È una follia, che altro deve essere?!? È un film del 1968 in una confezione splendente, con character design vecchio stampo e idee e concezioni più moderne del moderno. È un tour de force tecnico con poca anima ma tantissima audacia (l’idea del sultano porcellone che tasta donne senza nemmeno guardarle è fantastica), contiene movimenti sinuosi che nessuno studio potrebbe mai immaginare, non ha niente di mainstream e tutto di radicale. È un vero esperimento di pensiero divergente nell’animazione realizzato tra il 1968 e il 2013 da così tante persone diverse che è difficile tenerne conto. Unisce l’alba dell’animazione con il personaggio del ladro e tutti gli studi prospettici della pittura, fa a mano il lavoro dei computer e non ha un secondo che non punti al sole. Addirittura l’unica battuta del ciabattino protagonista la doveva pronunciare Sean Connery ma non si presentò mai a registrarla. Per dire….