"La scuola cattolica" e il divieto ai 18 anni: perché non è censura e perché c'è tutta questa polemica
Si parla erroneamente del divieto ai minori di 18 anni a La scuola cattolica come di una censura, ma è una confusione che non giova a nessuno
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Il 6 aprile 2021 il Ministro Dario Franceschini annunciava l’abolizione definitiva della censura cinematografica. Un provvedimento ai sensi della legge cinema, del 14 novembre 2016, che già ne prevedeva una riforma. I passaggi dalla normativa all’effettiva attuazione richiedono tempo, tanto che a varare il giudizio è stata la vecchia commissione per la revisione cinematografica, ancora attiva per poche settimane.
Come Franceschini insiste nel dire, non c’è stata una censura al film, ma un divieto. E in questa differenza terminologica passa tutto ciò che conta nella regolamentazione dei contenuti audiovisivi. La censura, come storicamente conosciuta e riconosciuta, non è un fatto astratto o morale. È (era) una commissione, fatta di persone, esperti di vari settori e rappresentanti di varie parti sociali. Le loro decisioni avevano il potere di impedire la circolazione di opere o imporre tagli contenutistici.
Da tempo in Italia, ancora prima della Legge Cinema, non si verificano casistiche di questo tipo. Il più recente caso di film bloccato dalla censura fu Morituris di Raffaele Picchio, risalente al 2012 e considerato un’anomalia, non certo una prassi. Anzi, la tendenza è contraria. La stessa Direzione Generale Cinema attraverso il sito sito cinecensura.com ha raccolto i tagli e gli interventi sui film italiani per rimetterli a disposizione del pubblico.
Con il nuovo provvedimento il nuovo sistema italiano si è adeguato a quello statunitense di autovalutazione. Nel caso de La scuola cattolica, così come per tutti gli altri film, è la produzione stessa ad avere il compito di assegnare un rating al film. Vietato ai minori di 6, 14, 18 anni. Cosa che è avvenuta anche per La scuola cattolica.
Come leggiamo sul comunicato stampa della Warner, rilasciato per contestare la decisione:
Il film era già stato presentato fuori concorso all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, lo scorso settembre, e in quella circostanza era stato classificato come vietato ai minori di 14 anni.
Cosa è successo allora? Semplicemente la Commissione ha ritenuto che la posizione della produzione fosse troppo generosa. A questo punto regista e produttori si sono trovati di fronte a una duplice via. Potevano auto imporsi dei tagli al film per stemperare alcune scene problematiche e rispettare quindi un divieto “medio” come quello ai 14 anni. Oppure accettare l’aumento al V.M18 (che non impedisce comunque l’accesso ai sedicenni accompagnati dai genitori).
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Ma prima vediamo le motivazioni della decisione:
Il Film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. In particolare i protagonisti della vicenda pur partendo da situazioni sociali diverse, finiscono per apparire tutti incapaci di comprendere la situazione in cui si trovano coinvolti. Questa lettura che appare dalle immagini, assai violente negli ultimi venti minuti, viene preceduta nella prima parte del film, da una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono sostanzialmente messi sullo stesso piano. Per tutte le ragioni sopracitate la Commissione a maggioranza ritiene che il film non sia adatto ai minori di anni diciotto.
È sensata quindi la lamentela presente nel comunicato Warner.
Le motivazioni del divieto imposto vertono dunque tutte attorno a elementi tematici del film o a valutazioni di tipo artistico-espressivo, limitando di fatto la stessa libertà artistica e di espressione degli autori.
Non tanto perché la Commissione abbia voluto “tappare la bocca” a un artista, ma perché gli elementi problematici sono talmente legati alla struttura stessa del film da non potere essere tagliati. Non c’è modo per La scuola cattolica di evitare il divieto.
La Warner continua facendo riferimento all’articolo 9 del DPR 11/11/1963 n. 2029. Dove si elencano gli elementi scenico/narrativi che possono determinare l’applicazione del divieto di visione ai minori. Recita così:
Debbono ritenersi in ogni caso vietate ai minori le opere cinematografiche e teatrali che, pur non costituendo offesa al buon costume ai sensi dell'art. 6 della legge:
contengano battute o gesti volgari;
indulgano a comportamenti amorali;
contengano scene erotiche o di violenza verso uomini o animali, o relative ad operazioni chirurgiche od a fenomeni ipnotici o medianici se rappresentate in forma particolarmente impressionante, o riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti;
fomentino l'odio o la vendetta;
presentino crimini in forma tale da indurre all'imitazione od il suicidio in forma suggestiva.
Alla determinazione del diverso limite di età la Commissione provvede tenendo conto della gravità e della insistenza degli elementi indicati nel comma precedente.
Nel comunicato, la Warner sottolinea che tra questi criteri “non è di certo inclusa la tematica di un film (anche quando la stessa risulti incentrata su valutazioni teologiche o filosofiche)”.
Chi ha ragione in questo caso? Nessuno.
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Le motivazioni della commissione non sono legate a valutazioni teologiche o filosofiche, sebbene citino la figura di Gesù flagellato, ma al significato della scena succitata. Ovvero che, attraverso l’equiparazione tra vittima e carnefice, il film fomenti l’odio e la vendetta giustificandola.
È difficile a questo punto calcolare a quanto ammonti il danno effettivo per La scuola cattolica. Il punto più rilevante è che con un divieto ai 18 anni il film non potrà passare sulle televisioni in chiaro, bloccando quindi i guadagni dalla vendita dei diritti di sfruttamento.
Il battage mediatico che ne è seguito è, invece, tutt’altro che dannoso. Con l’immagine di “film proibito” e controverso, La scuola cattolica ha trovato un posizionamento ben preciso, capace di generare interesse al di là della qualità effettiva dell’opera stessa. Non a caso, i risultati al box-office di questi giorni non mostrano una particolare penalizzazione, anzi.
Anche la polemica politica che ne è seguita ha fatto diventare il film un “caso” mediatico. Il commento di Francesco Rutelli, Presidente dell’ANICA, è piuttosto severo.
Purtroppo gli annunci di abolizione della censura non hanno trovato riscontro in una procedura che – spero per poche settimane – è ancora in vigore. Mentre i nostri giovanissimi possono accedere attraverso il web a contenuti violenti e veramente indegni, opere dell’ingegno – in questo caso, un film importante tratto dal libro di Albinati che ha vinto il “Premio Strega” – vengono assoggettate a pareri occhiuti e fuori dal tempo. Qualcosa non funziona, se si pensa di far votare i sedicenni, ma gli si impedisce di vedere un film di qualità. Un film basato su fatti di cronaca, cui tutti hanno avuto liberamente accesso e che hanno profondamente interpellato la società italiana.
Parole pronunciate mentre il Ministro Franceschini, attraverso portavoce del ministero, commenta i fatti sottolineando che la decisione della Commissione non è affatto una censura e che l’integrità dell’opera non è compromessa. Uno scambio che potrebbe sottintendere una tensione tra le due parti, che normalmente dovrebbero lavorare in sinergia.
Ci si permetta una battuta, in conclusione. Mentre La scuola cattolica riempiva le pagine dei giornali accendendo il dibattito popolare, Titane, il film vincitore di Cannes, arrivava nelle sale con lo stesso identico divieto.
Nessuno se ne è lamentato.
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