La prova del tempo: 1998, il ritorno di Steven Spielberg con Salvate il soldato Ryan

Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica sulla storia box-office parliamo del 1998, l'anno di Salvate il Soldato Ryan

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  1. Salvate il soldato Ryan – $216,540,909

  2. Armageddon – $201,578,182

  3. Tutti pazzi per Mary – $176,484,651

  4. Bug's Life – $162,798,565

  5. Waterboy – $161,491,646

  6. Dottor Dolittle – $144,156,605

  7. Rush Hour – $141,186,864

  8. Deep Impact – $140,464,664

  9. Godzilla – $136,314,294

  10. Patch Adams – $135,026,902

Nel 1998 succede qualcosa di abbastanza miracoloso: escono contemporaneamente due film sullo stesso argomento – era già successo con i due film su Cristoforo Colombo, i due su Wyatt Earp e i due disaster movie sui vulcani – e nessuno dei due è un flop. Armageddon, al secondo posto, è il film che risolleva la carriera di Bruce Willis dopo gli ultimi flop: è diretto da un Michael Bay al suo terzo film, sempre più lanciato e già esteticamente estremo, e mette immediatamente a frutto la lezione di Titanic inserendo un'intensa storia d'amore sullo sfondo della minaccia di un asteroide che sta viaggiando verso la Terra. Contribuisce non poco il successo enorme della ballata in colonna sonora, I Don't Want to Miss a Thing degli Aerosmith. Deep Impact, all'ottavo posto, diretto da Mimi Leder e con un cast senza superstar (Morgan Freeman, Robert Duvall e un Elijah Wood ancora pre-Signore degli anelli), parte da premessa identica ma rinuncia alle sequenze d'azione esplosive per dedicarsi maggiormente a una serie di dramma umani di fronte all'imminente catastrofe.

Ma l'annata è vinta – che novità, eh? – da Steven Spielberg. Dopo il deludente Il mondo perduto, diretto con la testa già altrove, ecco un film di guerra trascinato da un incipit pubblicizzatissimo e tra i più potenti di sempre, 20 minuti di sbarco in Normandia in cui Spielberg stupisce con uno stile improvvisamente realistico e violento, con un uso della camera a mano che influenzerà un numero infinito di film seguenti. Salvate il soldato Ryan non viene da una sua idea, ma da quella del produttore Robert Rodat colpito dalla lettura di un libro sul D-Day in cui aveva fatto caso a vittime provenienti dalla stessa famiglia. Tra di esse c'erano i Niland, quattro fratelli dall'Arkansas: due di loro erano morti in azione, e il terzo dato per morto ma in realtà – si scoprì solo dopo – catturato vivo dai giapponesi; il quarto fu mandato a prendere e riportato a casa. Questa diventa la base della storia che viene fatta approvare e poi proposta a Spielberg, il quale assembla un cast capitanato da Tom Hanks, dà a Matt Damon il primo dei suoi tanti ruoli da disperso da recuperare, e già che c'è lancia in un ruolo secondario un attore sconosciuto da lui scoperto grazie a un cortometraggio: Vin Diesel. Il film finirà per regalare a Steven il suo secondo Oscar da regista ma, in un colpo di scena che rimarrà negli annali, perderà il Miglior Film a favore dell'improbabile Shakespeare in Love.

salvate il soldato ryan

Al terzo posto una sorpresa: Tutti pazzi per Mary è il terzo film dei fratelli Farrelly dopo il successo di Scemo e più scemo e il sottovalutato Kingpin. È l'apoteosi della loro comicità demenziale, esplicita, provocatoria e per palati tutt'altro che fini. Lanciato dalla scena immediatamente iconica di Cameron Diaz che usa inconsapevolmente sperma al posto di gel per capelli ritrovandosi di conseguenza con un ciuffo "eretto", il film esplode come un potente grido liberatorio: farà decollare la carriera del semi-sconosciuto Ben Stiller che camperà per anni elevando ad arte il ruolo dell'impacciato/imbarazzato, e lancerà una lunga sequenza di imitatori in gran parte inguardabili.

Il quarto posto va alla Pixar con Bug's Life, l'altro caso di doppietta tematica dell'anno: la sfida è vinta contro Z la formica della DreamWorks.

Quinto posto per un'altra star emergente: Waterboy è il film che conferma l'appeal al botteghino di Adam Sandler, ex star del Saturday Night Live che pochi mesi prima aveva già ottenuto un successo imprevisto con Prima o poi me lo sposo (24).

Al sesto si conferma il periodo favorevole per il resuscitato Eddie Murphy, che con la sua versione del classico Dottor Doolittle si lancia ufficialmente nei film per famiglie.

Al settimo un'altra sorpresa: Rush Hour è il buddy cop che non ti aspetti che, pur sfruttando le sue caratteristiche al minimo sindacale, fa finalmente diventare Jackie Chan una star anche in Occidente. È l'inizio del suo periodo peggiore, ma il riconoscimento è sacrosanto per uno dei più grandi artisti che il cinema ci abbia regalato.

Il nono posto è una delusione per Godzilla, il film con cui Roland Emmerich si ripresentava dopo Independence Day per conquistare di nuovo il botteghino: la studiatissima e martellante campagna marketing era stata impeccabile, con alcuni dei migliori teaser trailer di sempre, ma il design del mostro si distaccava un po' troppo dall'iconografia classica dell'originale giapponese e aveva generato parecchie perplessità, e anche il film in sé alla fine non aveva fatto impazzire nessuno.

Chiude la classifica il super-ricattatorio Patch Adams, film tratto dalla vera storia di un medico e dei suoi metodi anticonvenzionali di psicoterapia basati su empatia e umorismo, che pare scritto su misura per lo stereotipo del ruolo alla Robin Williams che fa ridere ma anche pensare e commuovere.

7) 1998 – Patch Adams di Tom Shadyac

I dimenticati

Come capita spesso, ma non sempre, il più dimenticato della decina è semplicemente un film che non ha avuto impatto significativo in Italia. Waterboy, dopo Prima o poi me lo sposo uscito otto mesi prima, è il film che lancia la carriera di Adam Sandler, che da lì in poi si dimostrerà una macchina da incassi con pochissimi rivali e che ancora oggi, nonostante il passaggio a Netflix, può contare su un ampio zoccolo duro di fans che trasformano ogni suo film in un successo praticamente matematico, non importa quanto creativamente pigro e/o massacrato dalla critica. È contemporaneamente buffo e frustrante che la sua consacrazione arrivi con il terzo e quarto film da protagonista quando i primi due, Billy Madison (1995) e Happy Gilmore (1996, uscito in Italia come Un tipo imprevedibile) sono di svariate spanne i suoi film migliori. Waterboy è inoltre particolarmente difficile da riguardare oggi, in quanto prevede Sandler nel ruolo alla Forrest Gump di un sempliciotto che scopre di avere talento per il football americano. Se però chiedete a me personalmente, è Patch Adams il film di cui vorrei ci fossimo dimenticati del tutto.

I sottovalutati

All'11esimo posto arriva tardissimo ma si comporta abbastanza bene Arma letale 4. Al 12esimo, Jim Carrey punta all'Oscar con il suo primo ruolo drammatico in Truman Show: trova un cult ancora oggi ricordato con affetto ma viene snobbato persino nelle nomination. Un sacco di cartoni animati nelle prime posizioni: Mulan (13), Il principe d'Egitto (16), I Rugrats (17), Z la formica (21). Al 18esimo posto Shakespeare in Love, ancora oggi considerato come uno dei vincitori più improbabili di un Oscar come Miglior Film: Shakespeare in Love. Al 29esimo posto un film importante: Blade, tratto da un fumetto Marvel non conosciutissimo, fa più incassi del previsto e rivitalizza l'interesse nel cinema di supereroi in un modo che si rivelerà determinante. Al 35esimo posto un altro caso clamoroso: La vita è bella di Roberto Benigni, oltre a conquistare tre Oscar, diventa il film in lingua straniera di maggior successo negli USA, battendo il precedente record che era di Nuovo Cinema Paradiso. Ad oggi, lo hanno superato solo Il labirinto del fauno e La tigre e il dragone (a meno che non contiate anche La passione di Cristo, parlato in aramaico). Non sono tanti gli altri cult che incassarono meno del previsto. Quello che fa maggiore impressione oggi, specie dopo le enormi aspettative di cui godevano i fratelli Coen dopo Fargo, è l'accoglienza davvero misera riservata a Il grande Lebowski che arriva 96esimo con appena 17 milioni (fortuna che ne costò appena 15): oggi se non è il loro film più famoso poco ci manca. Subito sotto Rushmore (97), secondo film di Wes Anderson, che verrà recuperato solo dopo il successo di I Tenenbaum. Alla 105 si segnala Dark City di Alex Proyas, oggi ancora non abbastanza noto ma riconosciuto come antenato spirituale di film come Matrix e Inception. Solo al 119esimo posto Sliding Doors, il film che nel resto del mondo aveva lanciato Gwyneth Paltrow, e al 121esimo Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam, con Johnny Depp.

Il grande flop

Diverse delusioni. Vi presento Joe Black (46) è un ambizioso film di tre ore dal regista di Beverly Hills Cop in cui Brad Pitt interpreta la morte personificata: costa 90 milioni e ne incassa 44, ma recupera nei mercati esteri. The Avengers (77) non è tratto dai fumetti Marvel ma dall'omonimo telefilm inglese di culto degli anni '60: il cast include Uma Thurman, Ralph Fiennes e Sean Connery nel raro ruolo da villain, ma è un pasticcio che incassa solo 23 milioni sui 60 di budget. Psycho (85), remake sperimentale quasi calligrafico del classico di Hitchcock, è il progetto suicida scelto da Gus Van Sant dopo l'Oscar sfiorato con Will Hunting: nessuno lo capisce, incassa 21 milioni su un budget di 60. Blues Brothers 2000 (107) incassa la metà del suo budget, che però era già bassino in partenza (28 milioni) a dimostrazione di quanto poco si credesse nel progetto. Ma peggio di tutti va a Soldier (104), storia fantascientifica che vede Kurt Russell nei panni di un replicante abbandonato che sposa la causa di una comunità di vagabondi. Si tratta curiosamente dello stesso spunto di un flop di due anni prima con Mario Van Peebles, Solo, ma è in realtà una specie di spin-off di Blade Runner scritto 15 anni prima da David Webb Peoples, uno degli sceneggiatori dell'originale. In un'epoca in cui non esisteva ancora il concetto di "universo condiviso", la trovata non era stata pubblicizzata dal lato marketing, che si limitava a segnalare Peoples come autore di Blade Runner. I riferimenti narrativi erano comunque molto vaghi. Il film sarebbe dovuto uscire più vicino a quel suo doppione più economico con Van Peebles, ma la produzione era stata rallentata da Kurt Russell che si era rotto prima la caviglia sinistra e poi il piede destro dopo i primi giorni di riprese: per non perdere troppo tempo, vengono cambiate alcune scene per poterlo utilizzare sdraiato, seduto o comunque fermo. Il film, nelle speranze il salto di qualità per un giovane Paul W.S. Anderson che veniva da Mortal Kombat e dal sottovalutato Punto di non ritorno e non vedeva l'ora di divertirsi a sfoggiare il suo proverbiale gusto per la macelleria, non si salvò: su un budget di 60 milioni ne incassò appena 14, e dovettero passare altri quattro anni prima che Anderson si rifacesse una carriera grazie a Resident Evil.

tutti i pazzi per maryIl tema dell'anno

Sono tre i film a loro modo definibili come game changer.

Il primo è Tutti pazzi per Mary, il cui successo planetario lancia la moda della commedia volgare/disgustosa che sfornerà alcuni dei film meno divertenti della storia, da Dimmi che non è vero con Heather Graham (2001) a Dirty Love con Jenny McCarthy (2005).

Il secondo è Blade: tratto da un personaggio minore della Marvel, ancora debitore del modo di trattare i fumetti tipico degli anni '90 ma trascinato da un Wesley Snipes al suo meglio e soprattutto dalla regia stilosa e ispirata di Stephen Norrington, è il suo successo imprevisto a incoraggiare un investimento serio prima negli X-Men di Bryan Singer e poi negli Spider-Man di Sam Raimi. È qua, insomma, che i cosiddetti cinecomic prendono la prima e decisiva spinta fino a diventare, con Iron Man del 2008, il genere predominante della cinematografia odierna.

Il terzo film è minore ma non meno interessante: Prima o poi me lo sposo (24), con Adam Sandler e Drew Barrymore, è il primo film che basa gran parte del suo appeal sulla nostalgia per gli anni '80 nei costumi, nelle pettinature, nei riferimenti culturali e soprattutto in una colonna sonora che vende talmente tanto da uscire con un secondo volume. Quella che poteva essere tranquillamente considerata come una fortunata trovata lampo scatena un lento, graduale e maniacale recupero di quasi ogni aspetto di un decennio che continuerà ad affascinare e trovare successi multipli per almeno i successivi vent'anni, trovando probabilmente il suo apice con operazioni tipo Stranger Things e Ready Player One ma sostanzialmente non conoscendo fine (nel momento in cui scrivo Cobra Kai è una delle serie tv più popolari dell'anno, ed è letteralmente appena uscito un sequel di Il principe cerca moglie).

E in Italia?

L'annata è vinta da Così e la vita con Aldo, Giovanni e Giacomo, ufficialmente superstar. In Italia andiamo immediatamente matti per Gwyneth Paltrow, per cui Shakespeare in Love è secondo superando Salvate il soldato Ryan al terzo, e Sliding Doors è sesto. L'unico cartone animato a sfondare la Top 10 è Il principe d'Egitto, l'ambizioso kolossal adulto della DreamWorks.

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