La prova del tempo: 1995, la Pixar esplode con Toy Story

Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica sulla storia del box-office parliamo del 1995, l'anno di Toy Story e Waterworld

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  1. Toy Story – $191,796,233

  2. Batman Forever – $184,031,112

  3. Apollo 13 – $172,071,312

  4. Pocahontas – $141,579,773

  5. Ace Ventura: Il richiamo della natura – $108,385,533

  6. GoldenEye – $106,429,941

  7. Jumanji – $100,475,249

  8. Casper – $100,328,194

  9. Se7en – $100,125,643

  10. Die Hard: Duri a morire – $100,012,499

Il 1995 conferma sostanzialmente le forze definite l'anno precedente.

Dei primi cinque film in classifica due contano la presenza di Tom Hanks, due quella di Jim Carrey, e due quella del marchio Disney.

Nel 1995 esplode un nuovo nome nel panorama produttivo: la Pixar. Fondata nell'86 da John Lasseter, ex-dipendente Disney che bazzicava nella CGI già dai tempi primitivi di Tron, fu comprata dalla Apple e vinse un Oscar come Miglior Cortometraggio Animato già nell'88 grazie a Tin Toy, stimolando la Disney a cercare di riassumerlo. Toy Story nasce proprio sviluppando le idee di Tin Toy, ed esce proprio in collaborazione con la Disney (che fra le altre cose fa ritoccare lo script a Joss Whedon). Mossa vincente è anche far doppiare i due protagonisti a due fra le star più in voga del momento, Tom Hanks e Tim Allen. Ma Toy Story è soprattutto, nel pieno della seconda giovinezza della Disney tradizionale, lo sdoganamento ufficiale della grafica computerizzata nei film di animazione.

Al secondo posto, dopo gli incassi deludenti e soprattutto la reputazione ballerina di Batman - Il ritorno, Batman Forever inventa il cosiddetto soft-reboot, ovvero un sequel a breve distanza dal capitolo precedente in cui cambia regista, tono e quasi tutti gli attori, ma in cui non si ricomincia la storia da capo e anzi, si mantengono fischiettando un paio di attori secondari (Michael Gough come Alfred e Pat Hingle come Commissario Gordon) e le atmosfere sembrano tutto sommato piegare ed evolvere lo stile precedente più che cestinarlo completamente. La Warner non bada a spese: il protagonista è un sex symbol tradizionale come Val Kilmer, il love interest è Nicole Kidman, i due cattivi sono il pagatissimo Jim Carrey e il premio Oscar Tommy Lee Jones, e viene aggiunto il personaggio di Robin interpretato da Chris O'Donnell. Le atmosfere rimangono gotiche e favolistiche anche se molto più colorate, e le musiche di Elliot Goldenthal non si discostano poi più di tanto da quelle di Danny Elfman. E per essere sicuri di vendere anche la colonna sonora viene messa su una squadra di band alla moda capitanata dagli U2. L'accento su leggerezza e divertimento conquistano come una boccata d'aria fresca rispetto all'ultimo Burton: il pubblico ci casca con tutte le scarpe.

Al terzo posto Tom Hanks arriva a tanto così dal vincere un terzo Oscar con Apollo 13, ennesimo film di Ron Howard che sfonda in Top 10 e rimane, questa volta, lassù fra i suoi classici più amati.

Al quarto Pocahontas è l'ennesimo successo consecutivo della rinata Disney, che sembra non sbagliarne più una. E al quinto, la conferma di Jim Carrey come star più calda del momento grazie al sequel di Ace Ventura.

Al sesto posto, dopo la pausa di riflessione più lunga della sua storia, torna di gran carica James Bond interpretato da un nuovo attore (Pierce Brosnan) e diretto da un regista, Martin Campbell, che sembra aver trovato la formula giusta per aggiornare il personaggio senza snaturarlo. Forte di una preparazione insolitamente lunga, Goldeneye è uno dei migliori film della saga (e a Martin Campbell riuscirà lo stesso trucco 11 anni dopo con Casino Royale).

Settimo posto per Jumanji, un'avventura fantastica per tutta la famiglia capitanata dal solito scatenato Robin Williams, e ottavo posto per Casper, in cui l'omonimo fantasmino dei cartoni animati, riprodotto fedelmente in CGI, agisce in modo convincente al fianco di Christina Ricci.

Il nono posto va a Se7en, che prende la moda dei gialli investigativi ma ne alza la posta in quanto a violenza e atmosfera tetra rilanciando la carriera di David Fincher dopo il deludente Alien 3, confermando lo star power di Brad Pitt e Morgan Freeman, e influenzando un intero sottofilone di imitatori. Insieme a I soliti sospetti, che conquista la critica ma incassa pochissimo al botteghino, è anche il film che fa conoscere a tutti il nome di Kevin Spacey.

Chiude la classifica il terzo film della saga di Die Hard che cambia formula, recupera il regista del primo (John McTiernan), affianca Bruce Willis a Samuel L. Jackson (erano entrambi in Pulp Fiction) e tira fuori un action che andrebbe studiato nelle scuole.

I dimenticati

Siamo onesti: a questo turno ci ricordiamo ancora tranquillamente di tutti. Sono tutti classici ancora oggi amatissimi, anche se questa definizione applicata al sequel di Ace Ventura mi fa rabbrividire. Il meno ricordato, quello sicuramente meno celebrato rispetto ad altri film che troveremo più in basso (come il già citato I soliti sospetti), è Casper. Di nuovo, come già per La famiglia Addams e I Flintstones, si tratta di un'operazione nostalgia utile principalmente a bullarsi di come gli effetti speciali computerizzati riuscissero a riprodurre lo stile e le movenze del cartone animato originale creando qualcosa che gli effetti speciali pratici non sarebbero stati in grado di riprodurre. La protagonista è Christina Ricci, già Mercoledì nella famiglia Addams. Il film in sé è senza infamia e senza lode.

waterworld

I sottovalutati

È uno dei flop più famosi della storia, eppure sta soltanto al 12esimo posto: sto parlando di Waterworld, il kolossal fanta-acquatico con Kevin Costner. 88 milioni di incasso non li butterebbe via quasi nessuno, ma per una serie di circostanze il budget era lievitato a 175 per cui per andare in pari poteva soltanto letteralmente arrivare primo. Qui di solito è dove si vede se un film è diretto o meno da James Cameron, l'unico capace di vincere più volte scommesse assurde come questa. Ma Waterworld tutto sommato fu affossato dalla pessima copertura stampa che lo dava in anticipo per flop garantito: in realtà tra incassi internazionali e recuperi homevideo finì con calma per ripagarsi, e oggi non conosco nessuno che lo odia, anzi. I veri film di cui ci siamo dimenticati stanno comunque tutti qui sotto: Pensieri pericolosi (13)? Goodbye Mr. Holland (14)? Congo (16)? Bisogna arrivare alla 18 per trovare un altro classico vero come Braveheart. Alla 21 il clamoroso film d'amore con Clint Eastwood e Meryl Streep: I ponti di Madison County. Alla 22 il mitico Mortal Kombat, il primo film di successo tratto da un videogioco nonché il primo film di arti marziali con colonna sonora techno. E soltanto alla 25 uno dei più grandi film di tutti i tempi: Heat di Michael Mann, con la coppia Robert De Niro e Al Pacino. Alla 27 Bad Boys, esordio col botto per un promettente regista di nome Michael Bay. Alla 28 il nuovo film scritto da George Miller, il creatore di Mad Max: Babe - Maialino coraggioso. Alla 31 incassi buoni ma non straordinari per il nuovo di Terry Gilliam, L'esercito delle 12 scimmie, nonostante il cast fosse guidato da Bruce Willis e un Brad Pitt candidato all'Oscar. Casino di Scorsese (40) incassa meno di Trappola sulle montagne rocciose con Steven Seagal (36). Soltanto alla posizione 75 un cult assoluto come I soliti sospetti, che batte di poco Il postino con Massimo Troisi (77). Verso il fondo della classifica troviamo due Carpenter appaiati: Il villaggio dei dannati (121) e Il seme della follia (122). E soltanto alla 126 un altro cult immortale come Strange Days di Kathryn Bigelow.

Il grande flop

È Waterworld a rubare tutti i titoli dei giornali per via della trama ambiziosa, del set acquatico spazzato via da un tifone e del fatto che Kevin Costner fosse freschissimo di altri due flop, ma tutto sommato se la cava con onore. Chi non se la cava per nulla invece è Corsari, kolossal piratesco che scommetteva ben 115 milioni di budget su Geena Davis protagonista e il marito Renny Harlin (Cliffhanger) alla regia. La Carolco, già responsabile per Rambo, Terminator 2 e Basic Instinct, ci credeva fortissimo al punto da abbandonare il leggendario progetto sulle Crociate con Schwarzenegger per finanziare questo, ma nacquero subito problemi produttivi quando Michael Douglas abbandonò il ruolo da co-star per disaccordi sul suo screentime. Renny Harlin si fiondò immediatamente a concentrarsi sulla ricerca di un sostituto sondaggiando tutti, da Tom Cruise a Keanu Reeves e da Daniel Day-Lewis a Charlie Sheen, finendo per accontentarsi di Matthew Modine (bravissimo ma non esattamente qualcuno che trascina le masse in sala). In sua assenza i lavori proseguirono apparentemente senza la sua supervisione, accumulando ritardi e aumenti di budget per rimediare a tutto quanto non fosse di suo gradimento. Le riprese furono ulteriormente funestate da costosi incidenti e da continuo malumore. L'incasso finale fu di appena 10 milioni, il che lo fece entrare di diritto nel Guinness dei Primati come flop più pesante di tutti i tempi.

Vale comunque la pena citare almeno Showgirls: dopo il successo inaspettato di Basic Instinct che aveva lanciato la carriera di Sharon Stone, che aveva accettato un ruolo dopo che era stato offerto a una lunga lista di attrici più famose, si trattava di un nuovo progetto dell'accoppiata Paul Verhoeven - Joe Eszterhas a cui stavolta nemmeno Sharon Stone aveva voluto partecipare. Al suo posto, Gina Gershon si fece una fama di attrice spericolata e poco altro, mentre la protagonista Elizabeth Berkley (Bayside School) ripiombò immediatamente nel dimenticatoio: su un budget di 45 milioni, il film ne incassò 20. E finché ci siamo citiamo anche La lettera scarlatta, film provocatorio dall'omonimo classico di Nathaniel Hawthorne, che a Demi Moore dev'essere sembrato un goal a porta vuota dopo il successo di Proposta indecente, soprattutto con una co-star come Gary Oldman e un regista dalla reputazione prestigiosa come Roland Joffé (Mission), ma qualcosa va storto, volano le pernacchie e su un budget di 45 milioni il film ne incassò appena 10. Infine: per qualche ragione meno rumoroso ma non meno grave, con un incasso di 34 milioni su un budget di addirittura 90, segnaliamo Dredd - La legge sono io con Sylvester Stallone.

dredd

Il tema dell'anno

Con due cartoni animati nelle prime quattro posizioni, si accende l'idea che creare film che portino al cinema minori accompagnati – e vendano quindi sempre almeno due biglietti alla volta – sia il business in cui investire. Ci si era abituati ormai a un mercato che lasciava spazio soltanto alla Disney, con l'impavido Don Bluth a fare timida concorrenza negli anni '80 con film tipo Fievel sbarca in America o Alla ricerca della valle incantata: il trionfo della Pixar , che non equivale al contemporaneo fallimento della proposta tradizionale Disney, riapre i discorsi. Gli anni successivi vedranno la Pixar affermarsi sempre di più e la Disney classica stabilizzarsi mediamente poco più indietro senza mai davvero preoccupare, e questo incoraggerà la nascita di concorrenza seria. Nel 1998 arriva la Dreamworks di Spielberg, Katzenberg e Geffen, che prenderà una breve rincorsa per poi sfondare con Shrek nel 2001, ma anche gli altri studios si organizzeranno con una divisione specializzata nell'animazione che, senza per forza produrre classici immortali, proporranno comunque film di grande richiamo spesso con liste incredibili di voci famose.

E in Italia?

In Italia non siamo impressionati da Toy Story, appena 19esimo, e facciamo vincere piuttosto Viaggi di nozze di Verdone seguito direttamente da Pocahontas e da Vacanze di Natale '95 (quello con Luke Perry). Nel resto della classifica, le sorprese sono una posizione di rilievo per Braveheart (quinto), una dignitosissima per Heat (settimo) e un gran perdono per Il primo cavaliere (decimo), il nuovo film dal regista di Ghost che negli USA era stato sostanzialmente ignorato (posizione 46).

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