La prova del tempo: 1990, l'anno del successo di Mamma ho perso l'aereo

Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica sulla storia del box-office parliamo del 1990 e del successo di Mamma ho perso l'aereo

Condividi

  1. Mamma ho perso l'aereo – $285,761,244

  2. Ghost - Fantasma – $217,631,306

  3. Balla coi lupi – $184,208,848

  4. Pretty Woman – $178,406,268

  5. Tartarughe ninja alla riscossa – $135,265,915

  6. Caccia a ottobre rosso – $122,012,643

  7. Atto di forza – $119,394,840

  8. 58 minuti per morire – $117,540,947

  9. Dick Tracy – $103,738,726

  10. Un poliziotto alle elementari – $91,457,688

Dopo un 1989 dominato dai sequel, nel 1990 bisogna scendere alla sesta posizione, con Caccia a ottobre rosso, per trovare un film che probabilmente puntava fin dal principio a entrare nella Top 10 di fine anno. La regia di un lanciatissimo John McTiernan (Predator, Die Hard), un cast guidato da un'istituzione come Sean Connery di nuovo sulla cresta dell'onda, un romanzo di Tom Clancy. Ma non era nemmeno l'ipotesi più ovvia. Più credibile ad esempio Atto di forza, ovvero un budget di primissima fascia e un campionario di effetti speciali all'avanguardia messo a disposizione della star in ascesa Arnold Schwarzenegger, con la regia di Paul Verhoeven (Robocop) e un pedigree che includeva gli sceneggiatori di Alien che traducevano per lo schermo un racconto di Philip K. Dick (Blade Runner, già diventato cult imprescindibile nonostante gli incassi deludenti nel 1982). E di sicuro si sperava meglio per Dick Tracy e il suo cast incredibile guidato da Warren Beatty, Al Pacino e Madonna, per il quale si era mossa la macchina di marketing delle grandi occasioni.

Ma insomma, fra le cinque sorprese in vetta vince Mamma ho perso l'aereo, la tombola di John Hughes che dopo essersi fatto un nome con le commedie giovanilistiche scrive una sceneggiatura per bambini, la affida a Chris Columbus ma soprattutto trova nel protagonista Macaulay Culkin un mocciosetto dal carisma strabordante che – anche a livello marketing – regge l'intero film da solo.

Al secondo posto la storia di Jerry Zucker che abbandona il trio composto dal fratello David e da Jim Abrahams, con cui aveva girato L'aereo più pazzo del mondo, per occuparsi di una commedia romantica a tinte fantastiche che parla di una donna (Demi Moore) che rimane improvvisamente vedova e inizia una relazione sentimentale con una medium (Whoopi Goldberg), che però essendo il 1990 per non turbare nelle scene clou viene sostituita a schermo dal fantasma del marito (Patrick Swayze). Abbracciarsi mentre si modella un vaso e suonano i Righteous Brothers diventa di colpo il top dell'immaginario erotico per chi non si azzarderebbe manco per sbaglio a guardare un film erotico. Whoopi Goldberg vince l'Oscar.

I due film seguenti lanciano due delle star più amate degli anni '90.

Al terzo posto il trionfo di Kevin Costner, leading man in ascesa che riesce a farsi pagare un'epopea western di tre ore (quattro nel director's cut) tratta dal libro di un suo amico, Michael Blake, che a sua volta era nato come sceneggiatura che non riusciva a vendere. Balla coi lupi, storia di un ufficiale che viene assegnato a un avamposto isolato durante la guerra civile e si ritrova a sposare la causa dei locali nativi americani, dimostra una sensibilità epica old school che colpisce nel segno e porta a casa sette Oscar, tra cui quello per la regia di Costner al suo primo tentativo.

Al quarto troviamo invece Pretty Woman, versione romantico-favolistica del mestiere di prostituta. Esplode la star Julia Roberts, che sostanzialmente regge il film da sola, ma si rilancia a traino anche la carriera di Richard Gere, e il palinsesto della RAI si ritrova un film che gli salverà le serate per oltre un decennio.

Al quinto posto troviamo Tartarughe Ninja alla riscossa, il franchise più improbabile dell’anno, nato da un fumetto – poi anche cartone animato – il cui successo aveva spiazzato parecchia gente. Non la New Line, che con lungimiranza lo opzionò e ne ricavò quello che allora divenne il più grande incasso di un film indipendente nella storia del box office.

All'ottavo posto 58 minuti per morire è un altro dei pochi film che rispettano le attese: non so se l'avete riconosciuto, ma è il titolo con cui originariamente uscì in sala in Italia Die Hard 2 (anche perché nel nostro paese nessuno si filò l'originale). La regia era passata da John McTiernan a Renny Harlin, ma la formula era rimasta pressoché invariata – un aeroporto di New York al posto di un grattacielo di Los Angeles, e il pubblico gli tributò quel gradimento assoluto che invece, come vedremo più sotto, aveva negato ad altri sequel potenzialmente più grossi in cui il cast artistico era rimasto invariato. Per la cronaca, il titolo italiano viene da 58 minuti, il romanzo di Walter Wager da cui fu adattata la sceneggiatura.

Chiude la classifica un'altra sorpresa: Un poliziotto alle elementari, sempre con Schwarzenegger, a confermare l'interesse del pubblico a vedere Arnold anche nelle commedie (a differenza del rivale Sly) nonché il suo affiatamento con Ivan "Ghostbusters" Reitman.

Dick Tracy Beatty

I dimenticati

Il più dimenticato della decina, c'è poco da fare, è proprio Dick Tracy, ovvero il film che a inizio anno doveva essere il vincitore assoluto. A riguardarlo oggi fa impressione: come facevano a pensare che potesse essere vincente uno dei rari casi pre-digitali di uncanny valley della storia? Dire che fosse ambizioso è poco: era ai limiti dell'avanguardistico, ma aveva pochissime speranze di essere davvero efficace. Di base, tutto si reggeva sul tentativo di riprodurre l'atmosfera delle strisce originali di Chester Gould non limitandosi a usare violentissimi colori pastello per quella che è sostanzialmente una storia di gangster, ma anche trasformando un cast all star (Al Pacino, Dustin Hoffman, James Caan e un gran mucchio di caratteristi di prima fascia) in grottesche caricature di lattice che replicassero "fedelmente" la loro surreale controparte fumettistica. Il paragone più immediato è con quello che fecero ben 15 anni dopo, con ben altri mezzi e un risultato molto più organico, con Sin City. Eppure la Disney si era convinta di avere fra le mani il Batman della stagione, e spese di conseguenza. Dick Tracy non è un brutto film: è una specie di esperimento, non privo di fascino, in cui è impossibile non farsi distrarre e stranire dalle grottesche e notevoli acrobazie del reparto make-up in quello che alla fine risulta poco altro che un tentativo di tirare la più grossa linea di demarcazione fra cinema e fumetto che si fosse mai vista. Attirò un sacco di gente incuriosita, ma non fu imitato.

I sottovalutati

Qualcuno si starà chiedendo "Scusa ma non è del 1990 anche Ritorno al futuro - Parte III?". Sì, lo è. Quella che doveva essere la conclusione trionfale di una delle trilogie più amate della storia è invece poco più di un petardo che si spegne ingloriosamente all'11esimo posto, vittima di un'accoglienza perplessa al secondo episodio e della prospettiva, non per forza intrigante per tutti, di un intero capitolo a tema western. Ci pensate? Non fece la fine dei sequel di Matrix, ma ci arrivò vicino. Del resto praticamente tutti i sequel a parte Die Hard 2 incassano sotto le attese: Ancora 48 ore (14), Tre scapoli e una bimba (15), Il padrino - Parte III (17), Robocop 2 (28), Young Guns II (30), Gremlins 2 (31), Rocky V (32), Predator 2 senza Schwarzenegger (38), La bambola assassina 2 (41), L'esorcista III (48).

Al di fuori dei sequel: al 12esimo posto Presunto innocente con Harrison Ford è un po' il Codice Da Vinci della sua generazione, un grande successo con un attore di prima fascia tratto dal caso letterario dell'anno, l'omonimo giallo di Scott Turow. Spalancherà la strada a un intero sottogenere dominato soprattutto dalle trasposizioni da John Grisham. Alla 19 un altro classico come Misery non deve morire, e alla 20 si piazza bene Edward mani di forbice, il personalissimo progetto con cui Tim Burton seguiva il successo di Batman, consolidava la sua poetica con quello che è forse il suo film più rappresentativo, e contemporaneamente lanciava la carriera di (e la lunga collaborazione con) Johnny Depp. Poi c'è quello che è in assoluto lo stralcio di classifica più spettacolare in cui mi sia imbattuto finora: Duro da uccidere (25), Quei bravi ragazzi (26), Programmato per uccidere (27). Il capolavoro definitivo di Scorsese, in un perfetto sandwich tra due film che confermano Steven Seagal come nuova solida realtà del cinema d'azione. Troviamo invece Van Damme soltanto al 70esimo con Colpi proibiti, ma gli incassi sono comunque il quadruplo del budget e qualcuno inizia a prendere nota. Subito sotto un altro cult come Tremors (71). Ma i classici non sono finiti: Cuore selvaggio di Lynch è all'84esimo, Il crocevia della morte dei Coen è al 122esimo, King of New York di Ferrara al 142esimo. Compaiono anche due film italiani: Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore è all'89esimo; Il tè nel deserto di Bertolucci, il suo primo dopo l'Oscar con L'ultimo imperatore, e con cast internazionale guidato da John Malkovich e Debra Winger, è 153esimo

il falò delle vanità

Il grande flop

E se da una parte Bruce Willis comandava l'unico sequel dell'anno che rispettava le attese, dall'altra si infilava in uno dei flop più famosi della storia. Il falò delle vanità, dall'omonimo romanzo di Tom Wolfe, non perse una quantità di soldi particolarmente memorabile (incassò 15 milioni su 47, abbiamo già incontrato di peggio) ma divenne fra i più noti esempi di interferenze produttive e adattamenti fuori bersaglio. Le perplessità c'erano da subito: in pochi ritenevano traducibile per il grande schermo la cinica satira di Wolfe, ma il cast annunciato soffocò ogni speranza. Brian De Palma non sembrava la scelta più ovvia in regia, ma persino meno di lui lo erano l'ingaggio di Tom Hanks per l'antieroico yuppie Sherman McCoy (la prima scelta di De Palma era John Lithgow) e appunto Bruce Willis per il giornalista inglese Peter Fallow (la prima scelta di De Palma era John Cleese). Di nuovo, chissà perché la Warner pensò che si trattasse del progetto ideale per un investimento di alto profilo: nel momento in cui lo diventa, furono apportati ulteriori cambiamenti che snaturarono la fonte, dal rendere il personaggio di Hanks un po' più gradevole al sostituire il personaggio del duro giudice ebreo con un moralmente irreprensibile giudice di afroamericano interpretato da Morgan Freeman. Non piacque a nessuno. In compenso, un libro sulle peripezie produttive del film (The Devil's Candy di Julie Salamon) divenne un best-seller.

Il tema dell'anno

La vendetta dei film originali? Vedremo nei prossimi numeri quanto durerà questo inaspettato rigurgito – sappiamo già perfettamente che sarà tutt'altro che eterno. Ma fa comunque impressione notare una quantità di sequel tutt'altro che calata rispetto all'anno precedente, quello della svolta, senza risultato. È ancora l'epoca in cui alla parola "sequel" si tende ad associare automaticamente "film brutto" (come eccezione si cita Il padrino 2, mentre su Aliens il dibattito è ancora aperto), eppure il business sembra promettente e il trend continua ad essere in ascesa. La macchina di Hollywood, che odia il rischio e l'imprevedibilità, si sta ancora affinando.

E in Italia?

Balla coi lupi batte tutti, seguito da Pretty Woman e da La sirenetta, che negli USA era uscito un anno prima. Segue Ghost, mentre Atto di forza supera Mamma ho perso l'aereo. Bertolucci è ottavo. Die Hard 2 è 61esimo.

Continua a leggere su BadTaste