La prova del tempo: 1980, quando L'Impero colpì ancora
Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica Plus sulla storia del box-office parliamo del 1980, con L'Impero colpisce ancora
L'Impero colpisce ancora - $209,398,025
Dalle 9 alle 5... orario continuato - $103,290,500
Nessuno ci può fermare - $101,300,000
L'aereo più pazzo del mondo - $83,453,539
Fai come ti pare - $70,687,344
Soldato Giulia agli ordini - $69,847,348
La ragazza di Nashville - $67,182,787
Una canaglia a tutto gas - $66,132,626
Laguna blu - $58,853,106
The Blues Brothers - $57,229,890
Le leggende al riguardo sono tante. Il modo più onesto di riassumerle è il seguente: Lucas aveva originariamente pensato una storia complessa e piena di dettagli, il primo film era un compromesso progettato per avere pienamente senso nel caso fosse rimasto un film solo, dal secondo in poi Lucas sa di potersi sfogare più o meno liberamente per cui aggiusta e riallarga e porta più o meno a compimento la sua visione. Là dove “più o meno”, dopo 40 anni in cui non ha mai smesso di togliere aggiungere smontare rimontare rifare – titoli inclusi! – è ovviamente l’eufemismo del secolo. L’impero colpisce ancora era il raro sequel a conservare il cast tecnico/artistico pressoché intatto, con George Lucas a fare la voce grossa anche se rimpiazzato alla regia da Irwin Kershner, ma è indubbio che aldilà di questo uno dei suoi colpi migliori fu il leggendario twist finale in cui si scopre che DARTH VADER È IL PADRE DI LUKE (spoiler?), assicurandosi commenti, chiacchiere e aspettative alzate per i seguenti tre anni in attesa della chiusura della trilogia.
Al terzo posto Nessuno ci può fermare conferma la potenza della coppia Gene Wilder / Richard Pryor ai botteghini USA, mentre al quarto si piazza la vera sorpresa della stagione, il film che parodizzando la serie Airport inventò sostanzialmente un nuovo stile di commedia fatto di gag rapide e surreali alla velocità della luce: L’aereo più pazzo del mondo.
Incassa bene il secondo film di Clint Eastwood in coppia con un orangotango (Fai come ti pare), lasciando a intendere che se non esiste un terzo capitolo è soltanto per raggiunti limiti di dignità da parte di Clint. Una canaglia a tutto gas non è altro che il sequel di Il bandito e la madama con Burt Reynolds, intitolato completamente diverso in Italia siccome da noi nessuno ricordava il primo, che fu invece uno dei più grossi successi americani del 1977: pur non raggiungendo i livelli dell’originale, se la cavò dignitosamente. Soldato Giulia agli ordini, storia di una giovane ricca viziata che si arruola nell’esercito per equivoco, è invece il film che lancia definitivamente Goldie Hawn e che rimarrà il suo più grande successo in carriera (ovviamente il suo personaggio in originale non si chiama Giulia, ma Judy).
Un’altra sorpresa al nono posto: chi l’avrebbe detto che, tra i responsabili di Grease, quello che avrebbe azzeccato il progetto seguente sarebbe stato il regista? Randal Kleiser adatta per la terza volta Laguna blu, romanzo del 1908 di Henry De Vere Stacpoole su due ragazzini spiaggiati su un’isola deserta che devono sopravvivere ma soprattutto – soprattutto rispetto a sopravvivere – gestire da soli le prime pulsioni sessuali. E lo fa capitalizzando sulla 15enne Brooke Shields, astro nascente di Hollywood non nuova alle controversie: due anni prima aveva interpretato una prostituta bambina in Pretty Baby di Louis Malle, e nel mentre aveva accumulato ruoli da protagonista e una famosa e provocante pubblicità per Calvin Klein. La fotografia del momento culturale del 1980 è che la critica in media si lamentò del fatto che Laguna blu fosse molto brutto E non mostrasse abbastanza sesso.
Infine, appena al decimo posto, i Blues Brothers: piuttosto deludente se consideriamo che si trattava del primo film di John Landis e John Belushi dopo Animal House, rispetto al quale tra l’altro vantava un budget quasi 10 volte superiore.
I dimenticati
Credo di non aver mai avuto una sola conversazione in vita mia in cui qualcuno abbia citato La ragazza di Nashville. Ma non solo: non ho mai letto un qualsiasi articolo che parlasse o anche solo citasse La ragazza di Nashville. O meglio: sì, ne ho letti diversi, ma il contesto era sempre qualcosa tipo “Sissy Spacek (premio Oscar per La ragazza di Nashville), bla bla bla [frase su tutt’altro argomento]”. Lo vedremo probabilmente spesso nei prossimi numeri di questa rubrica: a volte un film giusto esce nel momento giusto e ha il budget di marketing giusto, e si piglia un pugno di nomination agli Oscar. Capita anche che ne vinca qualcuno. Ma poi viene dimenticato al volo. Specie se l’unica attrattiva è sostanzialmente la prova da attrice di Sissy Spacek: un sacco di gente si incuriosisce, lo va a vedere, pensa “oh, è vero, è davvero brava Sissy Spacek” e buona lì. Il motivo degli ottimi incassi in America però si deve ovviamente anche ad altro: si trattava della storia della popolarissima cantante country Loretta Lynn, tratta da un’autobiografia di successo uscita nel ’76, e in quanto tale parte di uno sforzo di marketing coordinato con una vendutissima colonna sonora. Insomma, era un po' il Bohemian Rhapsody dell’epoca, sicuramente più dignitoso ma purtroppo incentrato su un personaggio noto solo negli USA.
I sottovalutati
Non incassa malissimo Shining, ma lo troviamo soltanto al 14esimo posto. Una delle cose più divertenti di Shining è, negli ultimi anni, la gente che rimane a bocca aperta quando scopre che a Stephen King non piace perché non assomiglia per nulla al suo romanzo. Il punto è: quando uscì il film, fu una critica mossa da tanti. Non furono poche le recensioni perplesse, sia per il tradimento della fonte che per l’incontro fra il rigoroso stile di Kubrick e il genere horror che inizialmente sembravano smorzarsi a vicenda, mentre il pubblico dall’altro lato lo trovava tendenzialmente lento e criptico. La reputazione era talmente bassa che Stanley Kubrick fu candidato come peggior regista ai Razzies (premi notoriamente assegnati unicamente sulla base della reputazione). Ma Nicholson era una star, ed era in overacting irresistibile: Shining incassò bene, e col tempo sia critica che pubblico impararono ad inquadrarlo meglio e apprezzarlo.
Poco sotto troviamo il nuovo film di Cheech & Chong (genialmente intitolato Cheech & Chong’s Next Movie), e una serie impressionante di classici che vi elencherò in ordine decrescente: Venerdì 13 (posizione 18), Vestito per uccidere (21), Elephant Man (25), Toro scatenato (27), American Gigolo (29), The Fog (31), Saranno famosi (32). E crepi l’avarizia, citiamo anche Octagon con Chuck Norris (37) che incassa quasi il doppio del nuovo Woody Allen (Stardust Memories, 60). Ancora più giù poi troviamo il primo Mad Max, noto in Italia come Interceptor: incassa in totale 8 milioni, che non sono male considerando che si trattava di un low budget australiano girato con 300.000 dollari.
Il grande flop
L'imbarazzo della scelta.
Si potrebbe citare Popeye, la risposta dell’accoppiata Robert Altman/Robin Williams a Superman: ci si aspettavano grandi cose, lasciò il pubblico perlopiù stranito, ma recuperò comunque i costi con un dignitoso 12esimo posto.
Si potrebbe citare Flash Gordon, la risposta del nostro Dino De Laurentiis a Star Wars: ci si aspettavano sfracelli, e il 23esimo posto è sicuramente deludente, ma in Europa incassò bene e anche lui recuperò i costi.
Si potrebbe parlare di John Travolta e Olivia Newton-John che fanno seguire il successo di Grease rispettivamente con l’insipido Urban Cowboy (13) e l’assurdo Xanadu (28).
Ma è l’anno epocale di I cancelli del cielo di Michael Cimino.
Costato all’incirca 45 milioni (oltre il doppio di Star Wars) ne portò a casa poco più di 3, per un 94esimo posto che lo piazza al di sotto persino di una (inspiegabile) re-release di Lo squalo 2.
Ovviamente c’è dietro una complessa storia produttiva, principalmente alimentata da Cimino stesso che, dopo il successo di Il cacciatore, era immediatamente diventato il regista delle barzellette che punta altissimo, controlla ossessivamente ogni singolo dettaglio, fa costruire smontare e ricostruire set enormi, rigira la stessa scena anche 50 volte, accumula ovviamente ritardi mostruosi e, crepi l’avarizia, si rende pure colpevole di un caso pubblicizzato di crudeltà sugli animali. Cimino consegnò una versione di 5 ore e 25, che poi fu costretto a ridurre a 3 e 39: l’uscita venne rimandata di un anno rispetto ai piani originali e fu accolta dalla critica come il peggior film di tutti i tempi, spingendo Cimino ad accorciare ulteriormente fino a 2 ore e 29, sostanzialmente invano. In giro si raccontò che la United Artists fallì a causa di questo flop: la questione era più complessa di così, ma di sicuro si iniziò in generale a fidarsi meno a lasciare troppo potere in mano ai registi. È del 2012 infine il restauro del director’s cut di 3 ore e 39 che, grazie a una proiezione al Festival di Venezia, fece partire una decisa rivalutazione da parte della critica. Se lo chiedete a me personalmente, la sua vecchia reputazione è assolutamente insensata.
E in Italia?
Uno spettacolo. L’impero colpisce ancora viene sbattuto fuori dal podio da Ricomincio da tre, Il bisbetico domato e Fantozzi contro tutti. Shining riesce a infilarsi al decimo posto, superato da una riedizione di Biancaneve e i sette nani, ma a parte questi c’è un solo altro film americano in Top 10… vediamo se lo indovinate. Riguardatevi la Top 10 USA qua in alto. Secondo voi quale di quei dieci film a parte Star Wars ha catturato l’interesse del pubblico italiano? Un indizio: non è ovviamente Dalle 9 alle 5. Sì esatto, era facile: Laguna blu.