La prova del tempo: 1978, Superman contro Grease

Nel nuovo appuntamento con La prova del tempo, analizziamo i successi del 1978 negli USA e in Italia, a partire da Superman e Grease

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  1. Superman - $134,218,018

  2. Grease - $132,472,560

  3. Animal House - $120,091,123

  4. Filo da torcere - $85,196,485

  5. Il paradiso può attendere - $81,640,278

  6. Collo d'acciaio - $78,000,000

  7. Lo squalo 2 - $77,737,272

  8. Up in smoke - $76,000,000

  9. La vendetta della Pantera Rosa - $49,579,269

  10. Il cacciatore - $48,979,328

Altra classifica meravigliosa.

Vince di poco Superman, il primo caso che incontriamo dall'inizio della rubrica in cui il kolossal annunciato dell'anno è anche l'effettivo trionfatore a fine stagione. Si trattava di una produzione dall'arroganza inedita – erano previsti due film da girare contemporaneamente – in cui l'aspetto che oggi fa maggiormente impressione consiste nel fatto che, all'epoca, il background fumettistico fosse considerato l'elemento di maggior rischio. La campagna marketing aveva quindi due focus: da una parte, specie dopo Star wars episodio IV una nuova speranza, si puntava sul nuovo grande passo avanti negli effetti speciali; dall'altra si aveva puntato fortissimo su un cast di nomi illustri per dare un'aura di serietà e prestigio alla materia, convincere che non fosse (solo) un film per bambini. Nel primo caso, lo slogan con cui si martellava la stanza era "Crederete che un uomo possa volare": come per King Kong, la produzione era partita con la campagna prima di avere davvero in mano la soluzione tecnica; meglio di King Kong, dopo alcuni tentativi la trovarono senza imbrogliare. Nel secondo caso il colpaccio fu Marlon Brando, convinto di prepotenza a partecipare con un'offerta di quasi 4 milioni per 15 minuti di screentime, un record per diversi anni; sotto di lui Gene Hackman nel ruolo di Lex Luthor ne ottenne 2 e lo sconosciuto protagonista Christopher Reeve appena $250.000 per entrambi i film. Non tutto andò per il verso giusto, ma a rimetterci fu soprattutto il sequel e ve ne parlerò più avanti.

Subito sotto, il clamoroso bis di John Travolta: Grease era visto come il progetto ideale per proseguire dopo il successo della Febbre del sabato sera, al punto che a Travolta venne concesso di scegliere regista (Randal Kleiser, al suo primo film per il cinema) e co-star (Olivia Newton-John, che aveva scarsissima esperienza da attrice e dovette insistere per fare un provino prima di accettare). Ne uscì un altro trionfo: il musical di maggior successo di tutti i tempi e un'altra colonna sonora che spaccò le classifiche.

Al terzo posto, la vera sorpresa dell'anno: Animal House. Primo film prodotto dalla rivista umoristica National Lampoon, popolare soprattutto nei campus universitari, Animal House giocava facile con i temi per cui il brand era conosciuto e metteva insieme una serie di storie e personaggi ispirate da veri aneddoti raccolti dagli sceneggiatori, freschi di esperienza diretta. I ruoli furono pensati per il cast del Saturday Night Live, molti dei quali avevano fatto gavetta proprio con lo show itinerante del National Lampoon, ma solo Belushi finì per accettare, per cui fu decisivo l'ingaggio di Donald Sutherland per ottenere i finanziamenti. A livello qualitativo fu invece decisivo John Landis, alla sua prima produzione mainstream, che aiutò a sviluppare una nuova marca di comicità che andrà per la maggiore per tutti gli anni ‘80 e non solo.

Segue, a considerevole distanza, la solita parata di star: nell'ordine Eastwood, Reynolds, Beatty.  Reynolds (Collo d'acciaio) si ripresenta con stesso regista e co-star del Bandito e la madama con una satira di Hollywood vista dal mondo degli stuntmen, ma incassa la metà. Beatty (Il paradiso può attendere) si infila nella scia delle commedie high concept a background religioso stile Bentornato Dio!, e funziona. Eastwood (Filo da torcere), immagino a corto di idee, si butta nella commedia in coppia con un orangotango, e sfonda.

Abbiamo due sequel (una moda in lento crescendo): Lo squalo 2, che non ha più Spielberg in regia e ha il solo Roy Scheider come star, incassa cifre notevoli per qualsiasi altro film ma un quarto dell'originale; l'ennesimo sequel della Pantera rosa invece incassa persino più dei precedenti, il che diventerà un problema per Blake Edwards che non riuscirà più a staccarsi dal franchise.

Infine, come l'anno precedente, al decimo posto troviamo il film che finì per trionfare agli Oscar: Il cacciatore.

I dimenticati

Nel 1978 evidentemente gli americani avevano voglia di un po' di divertimento scorretto. Animal House devasta il botteghino contando su un mix di nostalgia e irriverenza, ma all'ottavo posto abbiamo un exploit di quelli rari: Up in smoke è il primo film di Cheech & Chong, gli inventori della cosiddetta stoner comedy alla base di roba tipo Beavis & Butthead, le saghe di Bill & Ted, Jay & Silent Bob e Harold & Kumar, Il grande Lebowski, Vizio di forma e almeno metà dei film di Seth Rogen. Ma scordatevi questi esempi: sembra tutta roba da Disney Channel al confronto di Up in smoke, un film grezzo, sporco, sgrammaticato, senza freni, senza trama e senza soldi, interamente incentrato su due straccioni che vivono col minimo sindacale che permetta loro di fumarsi canne tutto il giorno (e perché no, anche la cocaina non la si butta via se capita).  Le vicende li vedono inseguiti da un detective incompetente (Stacy Keach) mentre viaggiano tra il Messico e Los Angeles alla guida di un furgone interamente fatto di marijuana, ma è solo un vago filo conduttore per una serie di sketch interamente incentrati su scoppiati dalla mente annebbiata che fanno cose surreali, potenzialmente amorali, sicuramente illegali, senza uno straccio di sensi di colpa. Insomma, non so se si è capito ma vi consiglio caldamente di recuperarlo.

I sottovalutati

Il primo degli esclusi è Halloween, che lancia la carriera di John Carpenter e Jamie Lee Curtis, lancia lo slasher che è ancora oggi fra i sottogeneri horror più popolari, lancia la maschera di Michael Myers fra le icone assolute del cinema ed è un capolavoro riconosciuto, ma incassa la metà di Up in Smoke. Fa soprattutto ridere se pensate che il remake di Halloween, uno dei più grandi incassi del 2018, è stato scritto e diretto da Danny McBride, la cui carriera ha molti più punti di contatto con Cheech & Chong che con Carpenter. È anche l'anno di Fuga di mezzanotte di Alan Parker e di Convoy di Sam Peckinpah, e incassano bene altre due commedie scritti da Neil Simon (California Suite e Gioco sleale). Ha un buon successo la prima parte della versione animata del Signore degli anelli di Ralph Bakshi, ma non è sufficiente a lasciargliela concludere.  Altrove, il sequel di Il presagio con nuovo regista e nuovo cast riesce a costare il triplo dell'originale, incassare un terzo e fare comunque un profitto, e qualcosa di simile succede al sequel di Che botte se incontri gli orsi. I primi due film di Sylvester Stallone dopo Rocky (Taverna paradiso e F.I.S.T.) vengono invece sostanzialmente ignorati, così come Interiors di un Woody Allen fresco di Oscar.

Nel frattempo, Starwarsepisodioquattrounanuovasperanza era ancora in sala dall'anno precedente, sempre col titolo "Guerre stellari". A luglio viene ufficializzata l'extended release, e porta a casa altri 30 milioni (più di Il presagio 2). Tutto questo servirà a tirare la volata per l'evento televisivo dell'anno: il mitico Star Wars Holiday Special.

Star-Wars-Holiday-Special

Il grande flop

Sextette doveva essere il gran finale di carriera per la leggendaria, 86enne Mae West. Per l'occasione venne riunito un cast variopinto che includeva gente come Timothy Dalton, Tony Curtis e Walter Pidgeon, ma anche per qualche ragione Ringo Starr, Alice Cooper e Keith Moon. Per un budget di 7 milioni e la regia di Ken Hughes (Casino Royale), la trama di questa commedia musicale ruotava intorno a una gloriosa diva di Hollywood che durante la luna di miele per il suo sesto matrimonio viene coinvolta da un suo ex in un intrigo internazionale – più che altro una scusa per farla cantare e comportare da diva per un'ora e mezzo. La lavorazione fu da subito difficoltosa: i problemi di udito di Mae West si sommarono a uno script già debole in partenza, e nacquero diverse leggende (tra cui quella che Mae nascondesse un auricolare sotto la parrucca che per sbaglio intercettava le frequenze della polizia, facendole ripetere le chiamate d'emergenza al posto dei dialoghi). Il risultato si rivelò un'imbarazzante tragedia camp e non riuscì a trovare un distributore finché, stremati, i produttori non decisero di autofinanziarsi un pugno di proiezioni tanto per regalare un'ultima passerella all'indomabile Mae.

E in Italia?

In Italia Superman viene battuto da Grease ma soprattutto da Il vizietto con Tognazzi, mentre al quarto posto abbiamo Il paradiso può attendere con Beatty (ci vorrebbe forse un saggio sociologico sulle commedie a immaginario cattolico che aggiungono fischiettando la reincarnazione, ma non è questo il luogo). Si fa notare in Top 10 soprattutto Assassinio sul Nilo che, nonostante la regia del John Guillermin di King Kong e un cast di gloriose star (Mia Farrow, Bette Davis, David Niven), negli USA aveva incassato persino meno di Commando Black Tigers, il secondo film da protagonista di un ancora sconosciuto Chuck Norris.

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